L’assegnazione della casa coniugale in caso di separazione e divorzio viene decisa da un Giudice per assicurare stabilità ai figli, soprattutto se minorenni. Di norma il coniuge che ha avuto l’affidamento o la collocazione dei figli ha il diritto di abitazione presso la casa coniugale.
Negli ultimi anni i casi di separazione e di conseguenza di divorzio, sono sempre più numerosi. Forse le coppie decidono di sposarsi troppo in fretta senza conoscersi a fondo, o non sono più propense a sacrificare parte della loro libertà e indipendenza, come si faceva in passato. Fatto sta, che le questioni inerenti alla rottura di un matrimonio, sono sempre più determinanti per regolare la vita della nostra società.
Dopo alcuni anni felici, i partner possono “scoppiare” per svariati motivi, senza riuscire a trovare un modo per ricucire la rottura. Così, dopo avere fatto molti progetti, si ritrovano a dovere mettere mano anche ai conti, per capire a chi spetta cosa, e in quale misura.
In particolare, una delle questioni più controverse riguarda l’assegnazione della casa coniugale, intesa come il luogo in cui si svolgeva la vita familiare. Non viene preso in considerazione solamente l’immobile in sé, ma anche l’arredamento, e tutto ciò che contribuiva a renderla la dimora perfetta per una coppia sposata e i loro figli.
In realtà la legge italiana, contempla la possibilità di assegnare la casa coniugale al marito o alla moglie, solamente se ci sono figli da proteggere. Ciò significa che il legislatore ha messo in primo piano il benessere psico-fisico di un minore, che deve avere la possibilità di continuare a vivere in quella che considera essere la sua vera casa, soprattutto in un momento difficile come la separazione.
Quindi, in linea di massima la casa coniugale viene assegnata al genitore affidatario, o collocatario.
Se, non ci sono figli, la questione cambia, e nella maggioranza dei casi il proprietario dell’immobile può continuare a godere del suo diritto.
Quando una coppia decide di sposarsi, il primo pensiero è quello relativo alla casa nella quale dare vita alla propria famiglia. E’ vero che, oggi, molti decidono fare il grande passo solo dopo avere abitato assieme in qualità di conviventi, ma generalmente con il matrimonio si decide di ufficializzare il tutto, magari scegliendo un’abitazione più grande e chiedendo un mutuo.
Ma, non si tratta solo di pareti, la casa in senso più ampio comprende anche tutto ciò che c’è al suo interno, quindi l’arredamento e gli oggetti che trasformano un edificio in dimora per la vita familiare.
Tutti noi, quando apriamo la porta d’ingresso della nostra abitazione, respiriamo “l’aria di casa”, cioè quella sensazione di sicurezza e tranquillità che ci viene trasmessa da tutto ciò che ci circonda. Ciò accade perché ogni cosa è stata scelta con cura proprio con l’obiettivo di dare un’anima a un bene materiale.
Nel momento in cui marito e moglie decidono di separarsi risulta ovvio, quindi, che ci siano delle discussioni in merito all’assegnazione della casa coniugale, dovute da una parte al valore affettivo nutrito nei confronti dell’abitazione, dall’altra da interessi di natura economica.
In ogni caso, durante la separazione il Giudice stabilisce a chi assegnare l’immobile, analizzando soprattutto il bene dei figli, in modo particolare se minorenni.
Vedere i genitori divorziare è già di per sé un trauma e una situazione difficile da accettare per un bambino, perciò la legge italiana ha stabilito che il minore ha il diritto di continuare a vivere in quella che considera la sua unica casa, e alla quale è legato da un profondo affetto.
La norma di riferimento per quanto riguarda l’assegnazione della casa coniugale è l’art. 337 sexies del codice civile, che dice:
Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. Dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell'articolo 2643.
Quindi, nella giurisprudenza italiana si parla esplicitamente di questo argomento, solamente per quanto riguarda la tutela psico-fisica di un minore.
Da questa affermazione possiamo dedurre che la casa coniugale sarà assegnata:
La Cassazione si è espressa in merito, con una sentenza del 2006, dichiarando che non è necessario che il figlio sia minorenne, rientrano nella casistica anche maggiorenni non autosufficienti senza colpa, conviventi con i genitori.
Come possiamo notare, però, la norma non accenna alla situazione in cui una coppia sposata non abbia figli, come a sottolineare che l’assegnazione non ha senso si esistere se non a questo scopo.
L’obiettivo di tale norma, infatti, non è quello di tutelare la posizione del coniuge debole, in sede di separazione o divorzio,
Lo scopo dell’assegnazione non è quindi quello di tutelare in sede di separazione giudiziale (o divorzio) la posizione del coniuge debole. In altre parole non si tratta di una componente patrimoniale rientrante nelle obbligazioni coniugale.
Giuridicamente l’assegnazione della casa coniugale ha senso solamente per garantire al residuo nucleo familiare di conservare lo stesso centro di aggregazione avuto durante il matrimonio. In assenza di figli, un ragionamento di questo tipo non ha alcun senso, visto che il nucleo familiare composto solo da marito e moglie di scioglie completamente.
Succede allora che, in situazioni del genere, la casa sia assegnata semplicemente al coniuge che la possiede, rispettando il diritto di proprietà espressamente protetto dall’art. 42 della Costituzione:
La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale.
La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.
Come sappiamo, però, quando una coppia si sposa può scegliere quale regime patrimoniale adottare per il matrimonio, quindi ci può essere:
Se l’immobile è stato acquistato durante il matrimonio potrebbe essere di proprietà di un solo coniuge, se è stata scelta la divisione dei beni, oppure essere di entrambi al 50%, se è stata sottoscritta la comunione dei beni.
Una separazione con addebito avviene quando la colpa per la fine del matrimonio è stata attribuita da un giudice a uno dei coniugi, in quanto ha violato i doveri matrimoniali, come ad esempio l’obbligo di coabitazione e di fedeltà.
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