I diritti dell’ex moglie dopo il divorzio, sono principalmente di natura economica, dato che il matrimonio non cancella completamente il legame che ha unito i coniugi e persiste un dovere di solidarietà reciproca.
Sciogliere un matrimonio non significa cancellare definitivamente i rapporti tra marito e moglie. Non si devono più rispettare i doveri coniugali, dato che il contratto è stato rotto, ma permangono alcuni obblighi, espressamente previsti dalla legge.
Indubbiamente i due soggetti tornano ad essere liberi, quindi hanno la possibilità di ricominciare una vita, frequentare altre persone e anche sposarsi nuovamente.
Non è più obbligatoria l’assistenza morale e materiale e la reciproca collaborazione. Ovviamente ciò potrebbe avvenire lo stesso se i rapporti rimangono buoni, soprattutto se sono presenti anche dei figli.
Ma, vediamo nelle prossime righe quali sono invece i diritti dell’ex moglie dopo il divorzio breve o in ogni caso dell’ex coniuge, dato che non si fa distinzione di genere.
Senza dubbio il tema “più caldo” per quanto riguarda la fine di un matrimonio è inerente al mantenimento del coniuge debole, ovvero al contributo che si deve versare a favore di chi vive una condizione economica più svantaggiata.
A tal proposito ci sono stati molti cambiamenti negli ultimi anni, e la situazione oggi è molto diversa rispetto al passato.
In particolare la sentenza Grilli del 2017 ha modificato consuetudini ormai radicate nel diritto di famiglia in Italia. Sono stati, infatti, rivisitati i criteri per il riconoscimento e il calcolo dell’assegno divorzile.
Tra i diritti dell’ex moglie dopo il divorzio, non è più presente quello del mantenimento in grado di garantire lo stesso tenore di vita avuto durante il matrimonio, ma un aiuto economico in caso di non autosufficienza.
Tale decisione è stata oggetto di svariate critiche, dato che valuta la vita di coppia esclusivamente a livello oggettivo, senza considerare l’apporto che ognuno ha dato durante la convivenza.
Perciò una donna, o comunque il coniuge debole che ha effettive difficoltà a trovare un lavoro, in quanto ha dedicato parte della propria vita per accudire la famiglia, tralasciando la carriera lavorativa, non può essere equiparata ad un soggetto che è stato sposato per poco tempo, senza effettuare rinunce di alcun tipo.
Per questo motivo la Cassazione si è pronunciata nel 2018, con la sentenza n. 18287 per rimediare a tale situazione di disuguaglianza.
Per stabilire il diritto dell’ex moglie di ricevere l’assegno divorzile, devono essere presi in considerazione i seguenti aspetti:
Ad ogni modo, chi ottiene il collocamento dei figli, che è bene diverso dall’affidamento quasi sempre condiviso, ha il diritto a ricevere un contributo per il mantenimento degli stessi, per consentire loro di mantenere uno stile di vita uguale a prima, senza subire traumi a causa della rottura del nucleo familiare.
Tra i diritti dell’ex moglie dopo il divorzio c’è anche quello di rimanere a vivere nella casa familiare.
Ad ogni modo, se la coppia non ha avuto figli, difficilmente il tribunale potrà assegnare l’immobile ad un soggetto diverso dal proprietario.
Va sottolineato, comunque, che i coniugi hanno la possibilità di decidere in maniera autonoma come procedere, optando per il divorzio consensuale.
I diritti dell’ex moglie dopo il divorzio, per quanto riguarda l’assegnazione della casa familiare, sono diversi a seconda che la coppia abbia o meno dei figli.
Questi ultimi, infatti, hanno il diritto di vivere in quella che considerano essere la loro casa, assieme al genitore collocatario, ovvero designato a convivere con i figli.
In tal caso, quasi sempre la moglie, potrà vivere nella casa coniugale finché i figli non saranno economicamente autosufficienti e indipendenti.
L’assegnatario dell’immobile deve, comunque, pagare eventuali spese condominiali e le utenze.
Parlando dei diritti dell’ex moglie dopo il divorzio, è necessario considerare anche se ci possono essere pretese per quanto riguarda il Trattamento di Fine Rapporto, percepito dalla controparte.
Se a seguito del licenziamento, di dimissioni volontarie o per giusta causa e pensionamento, un soggetto riscuote il Tfr il coniuge divorziato potrebbe avere diritto al 40% della somma.
Per calcolare la cifra in questione si devono tenere in considerazione gli anni in cui si è svolto il lavoro che coincidono anche con quelli del matrimonio, comprensivi del periodo della separazione.
Ad ogni modo ha diritto ad ottenere una quota di Trf il coniuge che riceve un assegno di mantenimento periodico e che non si è risposato.
Un aspetto sicuramente importante da valutare riguarda i cosiddetti diritti successori, ovvero ciò che accade quando viene a mancare l’ex coniuge.
La prima cosa da dire è che l’ex moglie o l’ex marito non diventa un erede a seguito del divorzio, mentre ciò può avvenire nel periodo di separazione.
Alcuni diritti successori, comunque, rimangono anche in seguito al divorzio, ovvero:
La pensione di reversibilità spetta per circa il 60% dell’importo totale, ma può aumentare all’80% o al 100% se ci sono figli minori o non autosufficienti, sempre che l’ex coniuge non si sia risposato e che sia titolare dell’assegno di mantenimento.
L’assegno divorzile, invece, può essere chiesto dall’ex moglie agli eredi del defunto. Tale richiesta può essere accolta soltanto se l’interessato riesce a dimostrare di vivere in uno stato di bisogno e di necessitare dell’aiuto economico.
Il matrimonio è un vero e proprio contratto, che prevede una serie di obblighi e diritti per le parti coinvolte. Detto ciò, risulta evidente che, in caso di scioglimento ci sono degli effetti legali.
Se da un lato marito e moglie, in seguito al divorzio sono liberi di rifarsi una vita e di sposarsi nuovamente, dall’altro rimangono ancora legati per alcuni aspetti.
Indubbiamente non è più valido l’obbligo alla reciproca assistenza, alla coabitazione e viene sciolta una eventuale comunione legale dei beni. In sostanza marito e moglie perderanno il loro status e non dovranno pretendere nulla l’uno dall’altro, con alcune eccezioni, come abbiamo illustrato nei paragrafi precedenti.
Come abbiamo visto, infatti, in alcuni casi particolari al coniuge più debole dal punto di visto economico spetta il mantenimento. Inoltre, la pensione di reversibilità è prevista non solo per il coniuge superstite, ma anche per quello divorziato. In presenza di precisi presupposti, tra i diritti dell’ex moglie c’è anche la possibilità di pretendere una quota del Tfr.
Va sottolineato, invece, che i coniugi divorziato non sono parte della successione ereditaria, se il defunto non ha lasciato qualcosa tramite testamento, pur non essendo obbligato a farlo.
Per concludere è utile chiare ciò che accade al fondo patrimoniale, ovvero ai beni posti sotto un vincolo di destinazione, in quanto considerati indispensabili per far fronte ai bisogni della famiglia. Come noto tali beni non possono essere usati per altri scopi, essendo sottoposti a un vincolo di indisponibilità, ma cosa accade quando il matrimonio viene sciolto?
Con il divorzio cessa la destinazione del fondo patrimoniale, ma anche della comunione legale di beni. Inoltre, viene meno anche la partecipazione dell’ex coniuge all’impresa familiare.
Quando si parla di diritti dell’ex moglie dopo il divorzio, bisogna considerare la presenza o meno di figli. Infatti, il mantenimento della prole spetta ad entrambi i genitori, in base alla loro disponibilità economica.
Non bisogna, quindi, confondere il mantenimento dei figli, con l’eventuale assegno divorzile spettante all’ex coniuge.
In merito alla casa coniugale, in caso di separazione o divorzio, sia legale che consensuale, nel contratto di locazione succede la parte a cui il giudice ha attribuito il diritto di abitazione, solitamente il genitore affidatario, se sono presenti figli minori o non autosufficienti.
A tal riguardo, è utile sottolineare una recente decisione della Cassazione (ordinanza n. 12058/2020) per quanto riguarda il pagamento del canone di affitto dell’immobile dove risiede i il figlio con il genitore assegnatario. Di fatto, il giudice ha disposto l’onere a carico del marito con maggiori disponibilità economiche, anche se il bene è stato assegnato alla moglie e indipendentemente dall’intestatario del contratto di locazione.
La Suprema Corte ha disposto il pagamento come integrazione del contributo da versare a favore dei figli, considerando le possibilità economiche del marito.
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