Negli ultimi anni sono cambiate le regole per quanto riguarda l’assegno di divorzio. L’ex coniuge considerato più debole ha il diritto a ricevere un assegno divorzile solamente se non è autosufficiente, ma deve dimostrarlo con prove concrete davanti a un giudice.
Le questioni relative al matrimonio e al divorzio sono sempre delicate. Nel momento in cui una coppia decidere di rompere i propri legami, nascono svariati sentimenti contrastanti, la delusione e la rabbia possono trasformarsi in desiderio di vendetta, e possono nascere vere e proprie guerre tra gli ex coniugi.
Se analizziamo la situazione da un punto di vista prettamente economico,il tutto diventa ancora più complesso, perché a volte un matrimonio si basa quasi esclusivamente su interessi di tipo materiale, e anche nella rottura le parti tendono a tutelare il loro patrimonio.
In particolare è successo e avviene ancora oggi, che un soggetto decida di sposarsi per migliorare la propria qualità di vita, indipendentemente dall’affetto e dal sentimento che nutre per il partner. Sottoscrivere un matrimonio sembra essere un modo per “sistemarsi per tutta la vita”, magari scegliendo il classico “buon partito”, in grado di assicurare un’esistenza agiata e senza problemi.
Diversamente dal passato, però, negli ultimi anni le cose sono cambiate, per quanto riguarda il divorzio, il coniuge più debole non ha più tutti i diritti di un tempo, e l’assegno divorzile viene dato solo a chi si trova in situazioni economiche precarie e non è in grado di mantenersi in modo autonomo.
Prima di procedere ad analizzare in modo specifico l’argomento è necessario fare una premessa, per capire in che modo la giurisprudenza ha interpretato la fine del matrimonio, che per la legge è considerato un vero e proprio contratto, con precise regole da rispettare se viene sciolto.
Innanzitutto, se il rapporto tra marito e moglie finisce, il matrimonio non si può spezzare subito. Esiste, infatti, una specie di periodo di passaggio, un limbo durante il quale le parti possono riflettere e capire se riescono a recuperare il loro sentimento oppure no. Tale periodo è la separazione, caratterizzata da regole diverse rispetto a quelle del divorzio, cioè la fine definitiva del matrimonio.
Da un punto di vista economico, i due momenti, sono caratterizzati da presupposti diversi, e anche il coniuge più debole deve essere “aiutato” secondo due diverse modalità, in particolare:
Generalmente quando si parla di mantenimento dopo il divorzio, la questione è sempre stata svantaggiosa per i mariti, costretti a mantenere la ex moglie, versando un assegno anche elevato. Lo scopo era quello di garantire al coniuge più debole, quasi sempre la donna, un tenore di vita alla pari di quello avuto durante il matrimonio.
Risulta evidente che una regola di questo tipo potrebbe portare a conclusioni non del tutto oneste. Una donna potrebbe essere portata a scegliere come partner un uomo molto ricco, per riuscire ad avere una vita agiata, senza molti sforzi, divorziando dopo un po’ di tempo.
Negli ultimi anni sono state emesse delle nuove leggi per regolarizzare la situazione, e determinando nuovi diritti e doveri in caso di divorzio. In poche parole il marito non è più tenuto a versare sempre e comunque un assegno divorzile alla moglie.
Optando per il divorzio, infatti, si pone fine in modo definitivo al matrimonio, e le parti non sono tenute ad avere legami, nemmeno dal punto di vista economico, se non in casi di provata necessità.
Quindi, se durante la separazione i coniugi vengono considerati ancora una coppia, palesemente in crisi ma ancora uniti, con il divorzio viene sancita la loro lontananza e la loro volontà di vivere due vite separate. Non avrebbe nessun senso continuare a mantenere un legame di tipo economico molto stretto.
Il coniuge forte, allora, deve versare a quello debole un assegno solamente nel caso in cui quest’ultimo non sia in grado di mantenersi da solo, ma deve dare prove concrete per dimostrarlo. Se, ad esempio, una ex moglie non è indipendente dal punto di vista economico, ma non si impegna a trovare lavoro, non ha diritto a ricevere nulla.
Abbiamo detto che, negli ultimi anni, c’è stato una inversione di rotta, e alla ex moglie non viene più garantito lo stesso tenore di vita che aveva durante il matrimonio.
Non importa se tra i due ex coniugi esiste un notevole divario economico, dopo il divorzio, un soggetto non può essere ricco solamente perchè l’ex compagno è benestante.
Attraverso il divorzio, infatti, vengono rotti tutti i legami del matrimonio, e può sussistere il diritto al mantenimento, solo nella situazione in cui uno dei due si trovi nelle condizioni di non potere essere autosufficiente, per motivi non connessi alla propria volontà.
In particolare, per stabilire il diritto o meno al mantenimento, vengono analizzati i seguenti fattori:
Con la sentenza n. 11504 del 10/05/2017 il legislatore ha svincolato la possibilità di ottenere un mantenimento pari al tenore di vita del matrimonio, anche con il divorzio, come abbiamo detto.
L’unica fattore che deve essere considerato è la possibilità di mantenersi in maniera autonoma, dimostrando di avere cercato lavoro e di non averlo trovato per motivi oggettivi come l’età, il sesso o la salute.
Si tratta di una presa di posizione totalmente opposta alla precedente, che ha suscitato non poche reazioni, causando molti ricorsi da parte di chi aveva avuto sentenze diverse.
Il Giudice, in questo contesto deve quindi avere le informazioni inerenti alla situazione economica di ciascuno dei coniugi per potere valutare correttamente l’autosufficienza.
In ogni caso si tratta di una sentenza pronunciata dalla prima sezione della Cassazione e non dalle Sezioni Unite, le uniche che possono dare una definizione precisa in merito a situazioni controverse.
Per questo motivo, e alla luce di varie polemiche sorte, la questione è stata dibattuta ulteriormente e rimessa al vaglio delle Sezioni Unite.
Per risolvere i contrasti creati con la legge del 2017, sono intervenute le Sezioni Unite della Corte della Cassazione, riformulando la questione con una nuova sentenza, la n. 18287 del 2018.
La nuova normativa prevede che si debbano valutare in modo composito il tenore di vita durante il matrimonio e l’autosufficienza del coniuge più debole.
In particolare è stato confermata la volontà di allontanarsi dalle facili concessioni fatte negli anni precedenti, durante i quali veniva dato l’assegno divorzile senza valutare bene la situazione, ma senza cancellare del tutto il peso del matrimonio.
Le nuove direttive hanno lo scopo di evitare un eccesso al contrario, non attribuendo alcun peso alla conduzione familiare fatta dalla ex moglie, e al suo contributo casalingo.
Quindi per stabilire il diritto all’assegno divorzile bisogna adottare un criterio composto da parametri economici e patrimoniali e dal particolare contributo dato nella formazione del patrimonio comune e personale durante il matrimonio.
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