Il regime patrimoniale del matrimonio stabilisce come debbano essere suddivise le entrate economiche e i possedimenti di entrambi i coniugi. Generalmente viene scelta la comunione dei beni, ma per una maggiore tutela in alcuni casi si opta per la separazione dei beni.
Per alcuni potrebbe sembrare un discorso cinico e materialistico, ma anche in un matrimonio bisogna valutare l’aspetto economico. Da un punto di vista pratico, infatti, si tratta di un contratto che viene firmato da due soggetti, che accettano determinati diritti e doveri, che sono molti vincolanti.
Solitamente si attribuisce un minore valore affettivo alle unioni siglate con la separazione dei beni, ma si tratta solamente di conclusioni superficiali, piene di pregiudizi.
Certamente la normalità è la comunione dei beni, infatti, in assenza di dichiarazioni viene adottato tale sistema, ma ciò non significa nulla in termini di rapporto di coppia e sentimenti.
Vediamo allora di capire la differenza tra queste due modalità in grado di caratterizzare un matrimonio.
Quando si parla del regime patrimoniale adottato per il matrimonio, si fa riferimento alla proprietà dei beni personali dei coniugi. In alcuni casi la coppia, può decidere di mantenere divisa la loro sfera economica, in altri invece può optare per una comunione di tutto ciò che li riguarda.
I beni personali da considerare in questo discorso, però, non corrispondono a tutti i possedimenti di marito e moglie, ma solamente al patrimonio personale di ciascuno dal momento del matrimonio.
Ciò significa che una casa, un’auto o un altro oggetto acquistato prima di sposarsi, rimane del diretto proprietario, in ogni caso, indipendentemente dal regime scelto.
In particolare, rimangono beni esclusivamente personali, quelli elencati nell’art 179 del codice civile:
Non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del coniuge:a) i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento;
b) i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell'atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione;
c) i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;
d) i beni che servono all'esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di una azienda facente parte della comunione;
e) i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa;
f) i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all'atto dell'acquisto
Prima di scegliere la comunione o la separazione dei beni, quindi, è opportuno valutare che vengono considerati solo i beni, i guadagni, ma anche i debiti accumulati in seguito al matrimonio.
Abbiamo detto che i beni personali che un soggetto possiede prima di sposarsi rimangono sempre di sua proprietà, anche scegliendo di condividere tutto con l’atto del matrimonio.
Le proprietà che possono essere tutelate con il regime di separazione dei beni, invece che con quello di comunione, sono esclusivamente quelle nate in seguito al matrimonio.
La scelta in merito al regime patrimoniale deve essere fatta durante la celebrazione, e in mancanza di una dichiarazione in merito, viene applicata sempre la comunione dei beni, come indicato dall’art. 159 del codice civile:
Il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di diversa convenzione stipulata a norma dell'articolo 162, è costituito dalla comunione dei beni
In ogni caso, la decisione non è irrevocabile, ed è prevista la possibilità per entrambi i coniugi di modificare il regime patrimoniale, anche nel caso in cui ci sia stato silenzio in merito alla questione e sia stata assegnata di default la comunione dei beni, come previsto dalla legge.
La modifica deve essere effettuata davanti a un notaio e può essere richiesta anche più volte nel corso del matrimonio.
Da un punto di vista pratico, la comunione dei beni si riferisce a tutti gli acquisti fatti dai coniugi a partire dal giorno del matrimonio. Tali possedimenti sono quindi della coppia e ognuno ne è il proprietario al 50%.
Quindi, se il marito decide di acquistare una casa, e si occupa della questione in maniera autonoma, l’abitazione diventa per metà anche della moglie.
Esistono, però, alcuni beni che rientrano immediatamente nella comunione, e altri invece che lo fanno in un momento successivo:
Con la comunione dei beni marito e moglie possono occuparsi in maniera autonoma dei beni in comune per quanto riguarda un’ordinaria amministrazione, ma per operazioni particolare come la vendita di un immobile è necessario il consenso di entrambi.
Secondo le statistiche, la comunione dei beni risulta essere il regime più scelto, nonostante sia il più complicato in caso di separazione e divorzio.
Se marito e moglie decidono di affidarsi al regime patrimoniale di separazione dei beni, stabiliscono di mantenere divisi i loro possedimenti anche dopo il matrimonio. Ciò significa che solo il coniuge che ne detiene i diritti può amministrare un determinato bene e godere dei benefici derivanti da esso.
Come abbiamo accennato potrebbe sembrare una decisione poco adatta per un matrimonio fondato sull’amore reciproco dei coniugi, ma a volte rappresenta invece un modo per tutelare proprio questo sentimento, quando esiste un divario economico importante tra i due partner. Ci potrebbero infatti essere situazioni in cui il soggetto debole decide di sposarsi proprio per usufruire della capacità economica dell’altro.
Lo svantaggio è proprio quello di una minore tutela del coniuge più debole, anche se sono previsti altri metodi come le donazioni o le polizze vita per superare tale problema.
Anche con un regime di separazione dei beni, la legge, obbliga i coniugi a contribuire alle spese familiari in modo proporzionale alle proprie possibilità.
Si tratta di un’opzione particolarmente utile nel caso in cui un soggetto sia esposto a rischi di natura patrimoniali, connessi all’attività commerciale o professionale svolta. In questo caso, infatti, è prudente intestare i beni della famiglia al coniuge non esposto a rischi, per evitare di perdere tutto.
La scelta del un regime patrimoniale da adottare durante il matrimonio ha delle conseguenze in caso di eventuali trattative di separazione e divorzio, ma anche per quanto riguarda l’eredità.
Con la comunione dei beni, in caso di morte di un coniuge, l’altro ha diritto al 50% dei beni acquistati durante il matrimonio. Con la separazione dei beni, invece, il partner avrà diritto alla quota legittima a lui intestata nell’asse ereditario.
Va sottolineato inoltre, che, nonostante ci sia il regime di separazione dei beni, in presenza di figli, la casa coniugale spetta al coniuge che ha ottenuto l’affidamento, nel caso in cui il matrimonio dovesse finire.
Volere tutelare i propri interessi economici anche in un matrimonio, non implica la mancanza di sentimenti o la poca fiducia nel partner, ma solamente il desiderio di regolarizzare il tutto in modo più preciso. Esistono, infatti, coppie sposate che decidono di separarsi velocemente nonostante la scelta della comunione dei beni, e sposi felici anche avendo optato per il regime di separazione.
Quindi, pregiudizi a parte, è opportuni valutare quale regime sia in grado di tutelarci maggiormente, in base alla nostra situazione, discutendo il tutto con il partner.
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