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Comunione legale: cos’è e come funziona?

La comunione legale dei beni è un regime patrimoniale che si instaura in modo automatico in seguito ad un atto di matrimonio, se i coniugi non scelgono la separazione dei beni. Vediamo come funziona e quali beni sono inclusi.

Quando una coppia decide di sposarsi, sceglie di trascorrere il resto della vita insieme. Dall’unione sorgono alcune questioni importanti, come ad esempio la proprietà dei beni di ognuno. La legge ha previsto che, se non viene deciso diversamente, in seguito al matrimonio si instaura in automatico il regime della comunione dei beni.

Nelle prossime righe analizzeremo come funziona.

Cos’è la comunione legale?

Il regime della comunione legale si instaura automaticamente in seguito a un atto di matrimonio, se non viene stipulata una convenzione contraria, anche in un momento successivo.
I coniugi, infatti, possono anche scegliere la separazione dei beni.

Si tratta di uno strumento giuridico definito anche come comunione a “mani riunite” o senza quote.

L’art. 180 c.c. afferma infatti che:

L'amministrazione dei beni della comunione e la rappresentanza in giudizio per gli atti ad essa relativi spettano disgiuntamente ad entrambi i coniugi.
Il compimento degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, nonché la stipula dei contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento e la rappresentanza in giudizio per le relative azioni spettano congiuntamente ad entrambi i coniugi

Da quanto possiamo leggere, dunque, il coniuge non può disporre liberamente delle propria quota, ovvero è possibile compiere in modo autonomo atti di ordinaria amministrazione, mentre quelli di straordinaria amministrazione devono essere effettuati congiuntamente per essere validi.

Nel caso una delle parti rifiuti di procedere, l’altro coniuge può rivolgersi al giudice per chiedere l’autorizzazione se si tratta di un atto di particolare interesse per la famiglia.

Invece, eventuali atti compiuti senza il consenso del coniuge possono essere dichiarati nulli.

L’art. 184 c.c. sottolinea che:

Gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell'altro coniuge e da questo non convalidati sono annullabili se riguardano beni immobili o beni mobili elencati nell'articolo 2683.
L'azione può essere proposta dal coniuge il cui consenso era necessario entro un anno dalla data in cui ha avuto conoscenza dell'atto e in ogni caso entro un anno dalla data di trascrizione. Se l'atto non sia stato trascritto e quando il coniuge non ne abbia avuto conoscenza prima dello scioglimento della comunione l'azione non può essere proposta oltre l'anno dallo scioglimento stesso.
Se gli atti riguardano beni mobili diversi da quelli indicati nel primo comma, il coniuge che li ha compiuti senza il consenso dell'altro è obbligato su istanza di quest'ultimo a ricostituire la comunione nello stato in cui era prima del compimento dell'atto o, qualora ciò non sia possibile, al pagamento dell'equivalente secondo i valori correnti all'epoca della ricostituzione della comunione.

Di fatto, se si tratta di beni mobili registrati o immobili è possibile chiedere l’annullamento entro un anno dalla data di trascrizione dell’atto.
In caso di beni mobili, il “colpevole” deve ricostruire la comunione nello stato in cui era prima effettuare le modifiche non approvate.

I beni inclusi e i beni esclusi

Quando si parla di comunione legale, è importante sottolineare quali sono i beni inclusi e quelli esclusi dal regime patrimoniale.

L’art. 177 c.c. descrive tutti ciò che viene incluso, ovvero:

  • tutti gli acquisti successivi al matrimonio, ad esclusione dei beni personali
  • le aziende gestite da entrambi, costituite dopo il matrimonio
  • utili di uno dei coniugi inerenti a un’azienda costituita prima del matrimonio

Rientrano, invece, nella comunione da residuo, quindi sussistenti solo nel momento dello scioglimento del regime patrimoniale:

  • i frutti ricavati da ogni coniuge dai propri beni
  • proventi da attività gestite separatamente

Ad ogni modo i beni personali sono esclusi dalla comunione legale, come afferma l’art. 179 c.c.
Essi sono:

  • beni di cui il soggetto era proprietario prima del matrimonio, o sul quale esercita in diritto reale di godimento
  • beni acquisiti con donazioni o successioni
  • beni strettamente personali
  • tutto ciò che serve per l’esercizio di una professione, tranne quello inerenti all’azienda gestita da entrambi
  • risarcimenti danni
  • pensione per perdita della capacità lavorativa
  • acquisto di beni immobili, effettuato dopo il matrimonio

La gestione amministrativa ordinaria e straordinaria, come abbiamo accennato è diversa tra il regime delle comunione legale e quello della comunione ordinaria, ovvero quelle che si instaura tra soggetti non coniugati.

Le modifiche convenzionali

Il regime patrimoniale inerente al matrimonio può essere modificato anche in un momento successivo. I coniugi, infatti, potrebbero cambiare idea dopo un po’ di tempo.

Attraverso le cosiddette modifiche convenzionali, è possibile optare per la separazione dei beni o creare un regime ad hoc in base ad esigenze specifiche. Per essere valide, comunque, esse devono rispettare i limiti previsti dall’art. 210 c.c.:

I coniugi possono, mediante convenzione stipulata a norma dell'articolo 162, modificare il regime della comunione legale dei beni [177] purché i patti non siano in contrasto con le disposizioni dell'articolo 161.
I beni indicati alle lettere c), d) ed e) dell'articolo 179 non possono essere compresi nella comunione convenzionale.
Non sono derogabili le norme della comunione legale relative all'amministrazione dei beni della comunione [180] e all'uguaglianza delle quote limitatamente ai beni che formerebbero oggetto della comunione legale

Inoltre, per essere valide le convenzioni devono avere la forma dell’atto pubblico, ricevuto da un notaio in presenza di almeno due testimoni.

Differenze tra comunione legale e ordinaria

Nei paragrafi precedenti abbiamo visto che la comunione legale rappresenta un regime patrimoniale tipico del matrimonio, attraverso il quale i coniugi decidono di gestire insieme la gestione straordinaria di alcuni beni.

Tale situazione non deve essere confusa con la comunione ordinaria, ovvero alla contitolarità di un diritto su un bene, che non presuppone il matrimonio, ma si applica a più soggetto, sia persona fisiche che giuridiche, ad esempio per successione ereditaria.

La prima sostanziale differenza riguarda proprio l’ambito soggettivo di applicazione, che nel secondo caso non si applica solo ai coniugi, ma ai contitolari di un diritto.

Anche la gestione differisce. La comunione legale, come già affermato, è senza quote, quindi i coniugi sono solidalmente titolari di un diritto che ha come oggetti i beni compresi nella comunione, anche nei rapporti con terzi.

La comunione ordinaria, invece, prevede della quote. Ogni contitolare, infatti, dispone di quote
L’art. 1103 c.c. afferma infatti:

Ciascun partecipante può disporre del suo diritto [1059] e cedere ad altri il godimento della cosa [1102] nei limiti della sua quota [873 cod. nav.].
Per le ipoteche costituite da uno dei partecipanti si osservano le disposizioni contenute nel capo IV del titolo III del libro VI

Fonti normative

  • Art. 180 c.c
  • Art. 184 c.c
  • Art. 179 c.c
  • Art. 210 c.c
  • Art. 1103 c.c
COMUNIONE LEGALE DEI BENI MATRIMONIO SEPARAZIONE DEI BENI
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