La prelazione ereditaria si verifica quando ci sono dei coeredi che possiedono lo stesso bene. In tal caso prima di vendere la propria quota a terzi uno dei proprietari deve dare la precedenza agli altri.
Nel nostro Paese, in particolari situazioni, la legge prevede che debbano essere rispettati dei diritti di preferenza per la sottoscrizione di contratti di compravendita di beni.
Qual è l’obiettivo? Lo scopo è quello di tutelare particolari interessi di alcune categorie di individui, o fare rispettare particolari accordi scritti sottoscritti tra le parti.
Esiste infatti un preferenza volontaria, una specie di patto stabilito da due soggetti, attraverso il quale devono essere rispettati alcuni diritti. Oppure, è la legge stessa a prevedere che debbano essere informati ed interpellati alcuni individui prima di vendere un immobile ad altri.
In ogni caso il proprietario che intende vendere deve obbligatoriamente inviare una comunicazione in merito ai soggetti tutelati per legge o per contratto.
La prelazione ereditaria è prevista da specifiche norme per proteggere gli interessi dei soggetti che si trovano in un regime di comunione ereditaria, come vedremo nelle prossime righe.
Il titolare di un diritto di prelazione ha una posizione privilegiata rispetto ad altri per acquistare un determinato bene. Il proprietario, infatti, ha l’obbligo di concludere l’affare con quest’ultimo a parità di condizioni economiche.
Per procedere nel modo corretto il soggetto che intende vendere deve innanzitutto comunicare la sua volontà ai prelazionati, per permettere loro di partecipare alle trattative accettando o proponendo delle offerte.
Va subito sottolineato, comunque, che tale circostanza si verifica soltanto nel momento in cui il proprietario decide di mettere in vendita un proprio possedimento, ma non è obbligato a farlo. Ciò significa che la sua libertà di decisione non viene intaccata, ma dovrà soltanto rispettare alcuni vincoli nel momento in cui decide di procedere. Per quanto riguarda la prelazione ereditaria, il proprietario in questione è un coerede che intende vendere la propria quota.
Ma, ipoteticamente potrebbe anche non accadere mai, nel senso che non esiste alcun obbligo in merito.
Lo stesso discorso vale per i prelazionati. Il fatto di essere titolari del diritto non implica automaticamente che devono acquistare il bene in oggetto, ma che hanno una possibilità in più rispetto ad altri. Essi possono ovviamente scegliere di non concludere l’affare.
Ad ogni modo se non vengono coinvolti i prelazionati nelle trattative ci possono essere delle conseguenze legali, di gravità diversa in base alla tipologia di prelazione non rispettata.
E’ possibile distinguere la prelazione:
Non si deve confondere tale strumento con il diritto di opzione, che prevede una proposta irrevocabile per concludere un affare, o con il contratto preliminare che ha lo scopo di arrivare a quello definitivo dopo un certo periodo.
Se si tratta di un accordo volontario, in caso di inadempienza l’interessato può rivalersi soltanto contro il proprietario che non ha rispettato i suoi diritti, chiedendo un risarcimento danni in sede civile.
Nell’altra ipotesi, ovvero legale, in caso di violazione l’interessato può rivalersi anche sul soggetto terzo, sostituendosi ad esso alle stesse condizioni.
Sono tutelati dalla legge le preferenze dei seguenti soggetti:
La prelazione ereditaria è prevista dall’art. 732 del codice civile che afferma quanto segue:
Il coerede, che vuol alienare [1542-1547 c.c.] a un estraneo la sua quota o parte di essa, deve notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali hanno diritto di prelazione . Questo diritto deve essere esercitato nel termine [2964 c.c.] di due mesi dall'ultima delle notificazioni.
Il primo aspetto da considerare è il fatto che l’oggetto di tale diritto è soltanto una quota di eredità e non il bene stesso. Ovvero tale possibilità esiste finché c’è una comunione ereditaria, e cessa qualora venisse effettuata una divisione dell’eredità. Ciò significa che dopo la divisione nessuno può vantare diritti di prelazione ereditaria.
Inoltre la comunione del bene deve derivare dalla successione e non da altre circostanze. Infatti, non rientra in questa casistica la comunione dei beni tra coniugi.
La giurisprudenza ha idee discordanti i merito alla prelazione ereditaria a titolo gratuito, ovvero ai casi in cui un proprietario di un quota decida di donarla a terzi. Alcuni, infatti, sostengono che sia possibile soltanto a titolo oneroso.
Secondo quanto abbiamo scritto fino ad ora, risulta abbastanza chiaro capire in quali casi un soggetto è titolare di tale diritto, per avere sottoscritto un contratto o in base a quanto stabilito per legge.
Ma come funziona esattamente?
Il coerede che ha intenzione di vendere o alienare la propria quota deve obbligatoriamente inviare una notifica a prelazionati, per comunicare loro la volontà di vendere e le relative condizioni.
La comunicazione deve avvenire con mezzi idonei, cioè adatti a far prevenire in modo corretto le informazioni, ad esempio una raccomandata AR o la PEC.
Nei due mesi successivi gli interessati possono accettare la proposta, attraverso un atto notarile. In caso di rifiuto il proprietario è legittimato a vendere a terzi.
In alcuni casi la prelazione ereditaria non viene rispettata, e viene violato il diritto dei coeredi. Quali sono le conseguenze?
Nell’art. 732 del codice civile possiamo leggere anche:
In mancanza della notificazione, i coeredi hanno diritto di riscattare la quota dall'acquirente e da ogni successivo avente causa, finché dura lo stato di comunione ereditaria [1501 ss. c.c.].
Se i coeredi che intendono esercitare il diritto di riscatto sono più, la quota è assegnata a tutti in parti uguali.
Il riscatto della quota dall’acquirente viene definito “retratto successorio”, e si esercita con una dichiarazione unilaterale fatta di fronte a un notaio.
Va sottolineato, però, che tale azione non può essere esercitata se permane lo stato di comunione ereditaria.
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