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Usucapione casa coniugale: è possibile?

L’usucapione della casa coniugale è possibile soltanto se si verificano specifiche circostanze, come specificato dalla Cassazione con la sentenza n. 20568/2016 e con l’ordinanza n. 27411/19.

Quando marito e moglie non vanno più d’accordo, possono nascere diversi problemi anche di natura economica e patrimoniale. Non è sempre facile capire, infatti, a chi spettano alcuni beni, che prima erano “in comune”.

A tal proposito può essere importante capire a chi deve essere assegnata la casa coniugale, secondo quanto stabilito dalla legge. Ma non solo. Se il coniuge vive nell’immobile per oltre 20 ed effettua le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, ha diritto all’usucapione?

Scopriamolo insieme nelle prossime righe.

Usucapione casa coniugale: cosa significa?

Prima di capire esattamente se sia possibile o meno l’usucapione della casa coniugale, è necessario analizzare in quali situazioni ha senso porsi tale domanda.

Ovviamente quando marito e moglie vivono insieme, serenamente il problema non si pone, nemmeno se è stata pattuita la separazione dei beni. Quando nascono screzi e incomprensioni tali da rompere l’armonia, possono nascere anche contenziosi legati al possesso dei beni.

In alcuni casi la coppia può decidere di non intraprendere alcuna procedura legale per rompere il matrimonio, e i soggetti vivono come separati in casa. In altre circostanze, invece, essi decidono di agire per regolarizzare la loro situazione optando per una separazione consensuale o giudiziale.

Senza dubbio una degli aspetti più discussi riguarda l’assegnazione della casa coniugale, una tematica che è stata recentemente riformata con il Decreto Legislativo 154 del 2013.

In particolare è stato introdotto l’art. 337-sexies del codice civile, che afferma:

Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. Dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.

Ovviamente il coniuge che ha ottenuto l’assegnazione potrebbe avere l’intenzione di procedere con l’usucapione della casa coniugale, una volta trascorsi 20 anni, come vedremo a breve.

Ad ogni modo i presupposti per potere avere l’assegnazione cambiano a seconda che la coppia:

  • abbia dei figli 
  • non abbia dei figli

Nel primo caso, solitamente il giudice assegna l’immobile al genitore con l’affidamento esclusivo dei figli, o in caso di affidamento condiviso, a quello collocatario.

L’obiettivo, infatti, è quello di tutelare la stabilità dei figli, che hanno il diritto di continuare a vivere in quella che considerano essere la loro casa, senza subire ulteriori cambiamenti.

In assenza di figli, difficilmente l’immobile potrà essere assegnato ad un soggetto diverso dal legittimo proprietario.

I presupposti

Per comprendere quando sia possibile procedere con l’usucapione della casa coniugale, è indispensabile capire a cosa serve tale strumento e quali sono i requisiti necessari, perchè possa essere applicato.

In pratica, l’usucapione è una modalità per diventare proprietari di un bene “a titolo originario”, cioè senza effettuare una compravendita o un atto di trasferimento, definiti come “acquisto a titolo derivativo”.

Un soggetto, che per anni si prende cura di un bene altrui, come se fosse il vero proprietario, senza subire azioni legali, quindi senza intromissioni da parte di nessuno, può fare la richiesta al giudice per diventare il titolare effettivo dello stesso.

Per potere agire in tal senso, però, è necessario dimostrare il possesso continuato per almeno 20 anni, se si tratta di immobili.

Il legislatore ha previsto un periodo di tempo abbastanza lungo, per dare modo al legittimo proprietario di accorgersi della situazione ed agire di conseguenza. Se ciò non avviene si presume che quest’ultimo non sia interessato alla proprietà.

Lo scopo principale è quello di dare una maggiore certezza ai rapporti giuridici, assegnando la proprietà a chi di fatto se ne prende cura da diversi anni.

Vediamo, quindi, di elencare quali sono i requisiti per l’usucapione delle casa coniugale o di un altro immobile:

  • è necessario avere il posseso del bene da 20 anni, in modo continuo
  • il possesso non deve derivare da atti violenti o illeciti
  • il possesso non deve essere “clandestino”, ma fatto alla luce del sole
  • chi detiene il bene deve comportarsi come se fosse il legittimo proprietario

E’ possibile l’usucapione della casa coniugale?

Dopo avere chiarito nelle righe precedenti alcuni concetti fondamentali, cerchiamo ora di rispondere alla domanda centrale di questo articolo, ovvero è possibile l’usucapione della casa coniugale?

Teoricamente sì, ma si devono verificare determinati requisiti. Innanzitutto l’interessato deve avere ottenuto l’assegnazione della casa familiare con la sentenza di un giudice, in merito alla separazione o al divorzio. In seguito deve avere continuato ad abitarvi per almeno 20 anni, prendendosi cura della stessa.

La controparte, d’altro canto, deve essersi totalmente disinteressata la bene per tutto il periodo. Ciò significa che non deve avere sostenuto spese per la manutenzione ordinaria o straordinaria, o pagato le relative tasse.

A questo punto è opportuno capire cosa può accadere se l’assegnatario decide di agire in giudizio per chiedere il trasferimento della proprietà.

Nei prossimi paragrafi andremo ad analizzare due interventi della Cassazione effettuati di recente, che hanno chiarito la situazione.

Usucapione casa coniugale: sentenza n. 20568/2016 della Cassazione

Nel 2016 con la sentenza n. 20568 la Cassazione si è espressa in merito all’usucapione della casa coniugale in caso di separazione di fatto.

Come abbiamo accennato, marito e moglie possono scegliere di continuare a vivere insieme, senza intraprendere azioni legali per regolarizzare il loro rapporto, per il bene dei figli, o per evitare di sostenere delle spese legali.

Succede, quindi, che entrambi i soggetti possono condurre vite diverse, anche se vivono sotto lo stesso tetto.

Nel caso specifico una coppia sarda ha deciso di avviare la separazione giudiziale, dopo avere trascorso 20 anni da separati in casa. La moglie in tal occasione ha chiesto al giudice l’usucapione della casa coniugale, più precisamente di porzioni dell’immobile, sostenendo di essere stata l’unica ad utilizzare tali spazi.

La Cassazione in tale occasione ha precisato che ciò è possibile se l’interessato riesce a dimostrare di avere utilizzato in via esclusiva i vani in oggetto.

Si tratta, tuttavia, di una circostanza difficile da dimostrare, soprattutto per il perdurare della convivenza.

Non si può parlare di possesso esclusivo, se anche la controparte ha vissuto nello stesso immobile per 20 anni.

Usucapione casa coniugale: ord. n. 27411/19 della Cassazione

Di recente la Cassazione si è espressa nuovamente in materia, con l’ordinanza n. 27411/19.

In questo caso la moglie ha fatto la richiesta per usucapire la casa del marito dopo 20 anni dall’assegnazione.

La Corte ha precisato che, non è sufficiente avere abitato nell’immobile per tutto il periodo previsto dalla legge, ma è necessario avere agito come il legittimo proprietario dello stesso.

In pratica il comportamento non deve essere da semplice detentore, ma da titolare. Si tratta di un presupposto fondamentale che prende il nome di interversione del possesso.

A riguardo non basta dimostrare di avere sostenuto le spese per l’ordinaria o straordinaria manutenzione. Ci deve essere una manifestazione esteriore della situazione, ovvero del fatto che l’interessato stia esercitando un potere sulla cosa altrui.

Fonti normative

  • sentenza n. 20568/2016 della Cassazione
  • ord. n. 27411/19 della Cassazione

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