L’usucapione del coerede si verifica quando un soggetto possiede un determinato bene, in modo indisturbato per anni, anche se alcune quote sono di proprietà altrui. Ciò può avvenire se non è stata fatta la divisione ereditaria.
In seguito alla morte di un soggetto, oltre a fare i conti con la perdita emotiva subita, molto spesso si possono aprire delle spiacevoli dispute familiari per ottenere quote di eredità.
In realtà la legge, stabilisce a priori che una parte del patrimonio del defunto debba obbligatoriamente essere assegnata ai cosiddetti legittimari, ovvero i parenti più prossimi al de cuius.
Può facilmente accadere quindi che un determinato bene, ad esempio una casa, diventi di proprietà di più persone, ognuna delle quali può vantare dei diritti in merito. Tecnicamente tale situazione viene definita comproprietà e i vari titolari sono i coeredi.
Ma cosa accade se uno di loro, effettivamente possiede la casa, ad esempio ci vive all’interno, senza che gli altri facciano valere il loro diritto?
La legge italiana prevede che un individuo possa diventare proprietario di un bene, se lo possiede in modo indisturbato per almeno 20 anni. Ma è valida l’usucapione del coerede? Come funziona esattamente?
Proviamo a rispondere a queste domande.
In seguito alla morte di un individuo, bisogna fare i conti anche con ciò che la legge stabilisce per la successione e l’eredità. In particolare la situazione può diventare difficile se ci sono conflitti tra i legittimari, ovvero tra i soggetti che obbligatoriamente devono ricevere la quota di patrimonio, come stabilito dalle norme giuridiche.
Un soggetto, infatti, non può decidere liberamente a chi lasciare i propri possedimenti, dopo la sua morte, dato che il legislatore ha posto delle regole per tutelare i parenti più vicini, che non possono essere esclusi attraverso un testamento.
Con tale documenti, l’interessato può eventualmente stabilire esattamente quali beni intende assegnare ad ogni legittimario.
Ad ogni modo può succedere che diversi soggetti diventino proprietari dello stesso immobile, con quote diverse in base all’asse ereditario. Ad esempio una casa può essere lasciata alla moglie e a due figli, che automaticamente diventano coeredi.
In pratica possiamo dire che la casa appartiene a tutti e 3 i soggetti. Si tratta di una situazione particolare definita comunione ereditaria, che può determinare non pochi problemi o conflitti tra le parti.
Generalmente per evitare litigi si procede con la divisione, per fare in modo che soltanto uno abbia la titolarità esclusiva del bene in oggetto
A breve analizzeremo il caso dell’usucapione del coerede, ma in genere quando tutti sono interessati a fare valere il proprio diritto è possibile spezzare la proprietà in diversi modi:
Bisogna considerare anche la prelazione del coerede, ovvero l’obbligo di informare e di dare la precedenza agli altri proprietari nel caso si decidesse di vendere la quota.
L’usucapione del coerede è un modo per diventare proprietari di un immobile, anche senza effettuare una compravendita. L’unica cosa da fare è dimostrare di possedere i requisiti previsti dalla legge.
In modo particolare è indispensabile dimostrare il possesso indisturbato, pacifico e ininterrotto del bene per almeno 20 anni. Quindi, nessuno deve avere contestato la situazione facendo valere i propri diritti.
Si può dire che la proprietà può essere acquisita “a titolo originario”, senza la necessità di effettuare un atto di trasferimento, detto “acquisto a titolo derivativo”.
Tutto ciò è possibile per consentire a chi si prende cura di un particolare bene, di potere vantare dei diritti in merito, dopo alcuni anni, se l’effettivo titolare dimostra disinteresse a riguardo.
La legge italiana, infatti, cerca di dare una maggiore certezza ai rapporti giuridici, dando la possibilità a chi si prende cura di un bene di trarne dei benefici, se il proprietario ha deciso di abbandonarlo.
Per potere procedere, comunque, ci devono essere alcuni presupposti. Innanzitutto ci deve essere un requisito temporale, ovvero 20 anni o 10 a seconda dei casi.
Il possesso deve avvenire senza subire interruzioni superiori ad un anno, in caso contrario si interrompe il decorrere del tempo.
Inoltre perchè si verifichi l’usucapione del coerede, è indispensabile anche che il possesso avvenga:
Gli altri comproprietari devono dimostrare disinteresse in merito, quindi non devono interferire. Avviene quindi una interversione del possesso, cioè un cambiamento di natura.
L’usucapione del coerede può avvenire prima della divisione ereditaria, ovvero quanto ci sono più comproprietari.
La giurisprudenza prevede che un coerede possa usucapire la quota degli altri, se possiede il bene per un certo periodo di tempo, in modo pacifico e non clandestino.
Purchè ciò avvenga, tuttavia, è necessario che gli altri titolari di disinteressino totalmente al bene in oggetto. Non è sufficiente dimostrare di avere amministrato la proprietà in modo esclusivo, dato che tale attività in realtà può essere svolta anche nell’interesse degli altri comproprietari.
Il possesso di solito è determinato da un relazione di fatto tra un soggetto e un bene, legittimato da un specifico diritto, ad esempio l’usufrutto.
Tale diritto può essere esercitato direttamente dal titolare, oppure da un altro soggetto a cui viene affidata la detenzione dello stesso.
Quando si parla di usucapione del coerede il possesso diventa un elemento essenziale, dato che attraverso di esso può scattare il meccanismo di acquisto della proprietà stessa.
Risulta abbastanza semplice immaginare l’usucapione di un bene in proprietà esclusiva, o esercitata da un soggetto estraneo alla comunione ereditaria.
E’ più difficile, invece, che tutti i comproprietari dimostrino interesse nei confronti del loro diritto.
Il primo elemento da considerare, quindi, è la necessità di escludere tutti gli altri coeredi dal possesso. Ovvero è obbligatorio dimostrare che i contitolari non hanno interesse ad utilizzare il bene in questione.
Non è rilevante dimostrare di avere amministrato il bene in modo esclusivo, dato che ciò è stato compiuto anche nell’interesse degli altri.
Per agire, comunque, è necessario chiedere l’intervento di un giudice e attivare una vera e propria causa civile, per verificare la sussistenza dei requisiti obbligatori.
In realtà la prima fase consiste nella cosiddetta mediazione obbligatoria, ovvero un tentativo di conciliazione tra le parti.
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