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Tentato omicidio: come viene punito?

Il tentato omicidio, contrariamente all’delitto consumato, è un delitto non compiuto per ragioni indipendenti dalla volontà del colpevole.

Questo tipo di condotta è disciplinata dall’ordinamento penale che ne prevede la punizione. Qual è la pena prevista per questo reato? Perché viene punito nonostante il reo abbia fallito nel suo intento?

​Che cos’è il tentato omicidio

Gli elementi caratterizzanti il tentato omicidio sono due:

  •  elemento psicologico ossia l’intenzione di commettere l’uccisione, manifestata dalla volontà diretta del soggetto;
  • elemento materiale rappresentato dall’azione stessa.

L’elemento materiale, ossia l’azione, a sua volta si differenzia in:

  • azione incompiuta (o imperfetta), si definisce tentato omicidio;
  • azione compiuta seguita dalla mancata realizzazione dell’evento si definisce delitto mancato.

Come espresso dal primo comma dell’articolo 56 del Codice penale, è chiamato a rispondere di tentato omicidio “chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto” nella circostanza in cui “l’azione non si compie o l’evento non si verifica”. Questo articolo assolve alla funzione di attribuire la giusta punizione agli individui che, coscientemente ed intenzionalmente compiono atti prodromici alla commissione di un delitto. Tale condotta, tuttavia, non è giunta alla consumazione per cause esterne alla volontà del colpevole, restando quindi irrealizzata.

Ci troviamo di fronte ad un tentato omicidio, dunque, quando l’autore non riesce nell’intento di realizzare il suo disegno criminoso per motivi indipendenti dalla sua volontà. Le condizioni del tentato omicidio sono identiche a quelle del delitto consumato, con l’unica differenza che si caratterizzano dalla realizzazione imperfetta.

​Presupposti e discriminanti

Nella casistica esaminata, il delitto è definito “tentato” quando non si consuma ma vengono attuate le azioni ritenute idonee e non equivocabili al compimento del delitto stesso. Tale premessa è volta a definire le differenze che intercorrono tra l’ipotesi di tentato omicidio, di omicidio colposo e preterintenzionale.

 Le differenze tra questi tre delitti sono le seguenti:

  • omicidio colposo: avviene la morte di una persona ma il reo non aveva alcuna intenzione di ucciderla. Rientra in questa casistica, ad esempio, l’investimento di un pedone; ​ 
  • omicidio preterintenzionale: avviene la morte di una persona ma in questa circostanza il criminale ha agito con l’intento di ferire o procurare delle lesioni, senza la volontà di uccidere. Si verificano queste condizioni, ad esempio, quando un’aggressione termina con la morte involontaria della vittima.
  • Tentato omicidio: la vittima non muore tuttavia il soggetto criminale voleva compiere il delitto ed ha cercato di farlo in modo chiaro ed inequivocabile, ad esempio utilizzando un’arma ripetutamente cercando di infliggere i colpi in zone vitali.  
Risulta leggermente più complessa la distinzione tra il reato di tentato omicidio ed il reato di lesioni personali. A riguardo si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 42797 del 19 settembre 2017, definendo gli elementi di fatto idonei a stabilire il tentato omicidio della vittima. I fattori da tenere in considerazione, che costituiscono la discriminante tra questi due reati, sono i seguenti:
  •  tipologia di arma utilizzata per colpire la vittima;
  • quantità e forza dei colpi inferti;
  • direzione dei colpi (zone vitali del corpo)
Secondo la sentenza sopracitata, dunque, il giudice dovrà prendere in esame la potenzialità offensiva dell’arma utilizzata, la distanza da cui è stata colpita la vittima e la zona interessata dai suddetti colpi, la forza utilizzata dal soggetto criminale nonché il numero dei colpi inferti. Questi fattori permetterebbero inequivocabilmente, quindi, di identificare l’esplicita volontà di compiere il delitto. 

​Calcolo della pena

Come premesso in precedenza, il tentato omicidio si verifica quando non si concretizza la morte della vittima, ma l’aggressore ha agito con l’intenzione non equivoca di ucciderla. Ma qual è la pena prevista? Questo reato è disciplinato dall’articolo 56 del Codice penale. Esso prevede che:

chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica. Il colpevole del delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l’ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi. Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso. Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà

La riduzione delle singole pene previste per ciascun delitto è dovuta esclusivamente al fatto che il criminale, per un motivo o per un altro, non è riuscito nel suo intento. Tali misure possono essere così schematizzate:

  • reclusione superiore ai 12 anni qualora la pena prevista per il delitto consumato fosse l’ergastolo mentre la stessa si riduce da uno a due terzi in tutti gli altri casi; ​
  • in caso di desistenza volontaria il soggetto viene punito esclusivamente per i fatti commessi;
  • in caso di volontario impedimento alla realizzazione del reato è prevista la riduzione da un terzo fino alla metà della pena per tentato omicidio. 

​Fonti normative:

  • ​articolo 56 del Codice penale; 
  • articolo 584 del Codice penale;
  • sentenza del 2017 n. 42797 della Corte di Cassazione
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