La bancarotta semplice è disciplinata dall’art. 217 della legge fallimentare e si verifica quando l’imprenditore, attraverso una condotta poco prudente, causa dei danni ai creditori. Dal 2020 la norma verrà sostituita dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
Quando viene dichiarato il fallimento di un’azienda, il curatore nominato dal tribunale, ha il compito di verificare tutti i beni aziendali, e di individuare come possono essere pagati tutti i creditori.
Risulta evidente che, in una situazione di questo tipo, l’imprenditore deve essere collaborativo e non deve effettuare operazioni sconsiderate che potrebbe mettere a rischio la possibilità di assolvere a tutti gli adempimenti.
A tal proposito devono essere consegnati i libri contabili, regolarmente tenuti, come prevede la legge, e non devono essere effettuati pagamenti sproporzionati, per evitare di intaccare il patrimonio utile a saldare i debiti.
Il riferimento normativo è dato dalla Legge Fallimentare, ma bisogna tenere in considerazione che, a partire dal 2020 entrerà in vigore il cosiddetto codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, che si sostituirà alle vecchie norme in materia.
Il reato di bancarotta semplice, o fraudolenta, si può verificare soltanto in caso di fallimento aziendale o imprenditoriale.
Un’azienda, che sia individuale, di persone o di capitali può fallire se non riesce più a pagare i propri debiti, ovvero se si trova in una situazione di grave indebitamento.
Ad ogni modo per attivare la procedura fallimentare è necessario che l’ammontare dei debiti scaduti e non saldati sia superiore a 30 mila euro, come specificato nel decreto legislativo 169/2007.
La decisione viene sempre presa in un tribunale, con l’obiettivo di tutelare gli interessi delle varie categorie di creditori.
In una situazione delicata come quelle che abbiamo appena descritto, l’azienda non può mettere in atto azioni per impedire che il proprio patrimonio venga aggredito. In particolare vengono puniti quei comportamenti che hanno lo scopo di evitare che vengano correttamente saldati i debiti.
Quando si parla di bancarotta, quindi, si fa riferimento alla cosiddetta Legge Fallimentare, ovvero al Regio Decreto n.267 del 1942, modificato poi dalla Legge n. 119 del 20 giugno 2016.
In particolare si devono consultare i seguenti articoli:
Ad ogni modo a partire dal 15 agosto 2020, si dovrà fare riferimento a una nuova regolamentazione, cioè al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza o decreto legge n. 14/2019.
La bancarotta semplice avviene quando vengono intrapresi dei comportamenti imprudenti, provocando dei danni a chi ha il diritto di recuperare il proprio credito, ma il tutto viene fatto in modo non intenzionale.
L’art. 217 L.F. afferma infatti che:
È punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell'articolo precedente:
1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica;
2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;
3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento;
4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;
5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.
Volendo riassumere quanto spiegato dalla suddetta norma, possiamo dire che viene punito chi:
usa il patrimonio per effettuare acquisti personali troppo costosi in base alle possibilità economiche
cerca in tutti i modi di ritardare il fallimento, quindi peggiorando la situazione
Una gestione temeraria che sperpera il denaro aziendale, che dovrebbe essere utile per saldare i debiti, quindi, non è tollerata dalla legge, anche se non esiste il dolo, cioè l’evidente volontà di creare dei danni.
Ad esempio può succedere che il figlio di un imprenditore, trovandosi improvvisamente a capo dell’azienda, comprometta il patrimonio della società acquistando auto di lusso o effettuando viaggi costosi.
Si tratta, comunque, di un reato proprio, dato che può essere commesso soltanto da chi ha specifiche qualità. Ad ogni modo non si esclude che altri possano concorrere nel reato.
La Cassazione, con le sentenze n. 8349/2016 e n. 27367/2011 a tal proposito specifica che può essere considerato responsabile anche chi ha aiutato il colpevole a commettere determinati comportamenti.
La corretta tenuta della contabilità e la rilevazione periodica della situazione patrimoniale rappresentano le due regole base per una buona amministrazione aziendale.
Gli obblighi di natura fiscale hanno l’obiettivo di controllare la corretta determinazione del reddito d’impresa per combattere l’evasione fiscale.
La legge fallimentare obbliga a tenere i libri e le scritture contabili, come garanzia per i creditori, ovvero come prova della sussistenza del credito stesso, ma anche per verificare che le operazioni siano state effettuate correttamente.
Nell’ultimo comma dell’art. 217 inerente alla bancarotta semplice possiamo leggere che:
La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall'inizio dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta
Non tenere in modo corretto le scritture contabili quindi, è considerato alla pari di un comportamento pregiudizievole nei confronti di chi vanta dei diritti nei confronti dell’azienda.
La bancarotta semplice documentale rappresenta un reato di pericolo presunto, quindi una colpa, dato che anche per semplice negligenza non sono stati tenuti in modo regolare i libri contabili.
Essendo un reato di pura condotta, si realizza anche in assenza di reali danni per i creditori.
Per concludere è utile chiarire le differenze tra la bancarotta semplice e fraudolenta.
In particolare l’art. 216 L.F. descrive questa seconda fattispecie:
È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che:
1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari
Possiamo dire che rischia la reclusione da 3 a 10 anni chi:
Va sottolineato che, tra le pene accessorie previste per tale illecito, c’è anche l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi azienda per la durata di 10 anni.
Tale decisione del legislatore è stata dichiarata illegittima costituzionalmente dalla Consulta con la sentenza n. 222 del 2018
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