La bancarotta è un reato che si verifica quando una società o un imprenditore, dopo il fallimento dichiarato dal giudice, mettono in atto comportamenti imprudenti per impedire ai creditori di aggredire il patrimonio personale o sociale.
Per comprendere quando effettivamente si può verificare il reato di bancarotta è utile sottolineare che può avvenire soltanto in caso di fallimento imprenditoriale o aziendale.
Ciò avviene quando un’impresa individuale, una società semplice, di persone o di capitali si trova in una situazione di grave inadempimento, ovvero non riesce più a pagare i debiti e il patrimonio è inconsistente, quindi non utile per offrire garanzie ai creditori.
Con il decreto legislativo n.169 del 2007 è stato stabilito che l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati non debba essere inferiore a 30 mila euro, per poter procedere in tal modo.
Il provvedimento viene preso da un Tribunale, e ha lo scopo di trovare la soluzione migliore per tutelare i diritti dei creditori.
In alcuni casi, comunque, l’azienda o l’imprenditore possono compiere della azioni non lecite per evitare che il proprio patrimonio possa essere aggredito. Vediamo di cosa di tratta.
Quando si parla di bancarotta il riferimento normativo è dato dalla Legge Fallimentare, cioè del Regio Decreto n.267 del 1942, modificato successivamente dalla Legge n. 119 del 20 giugno 2016.
Non è possibile fornire una definizione univoca di tale reato dato che le norme stesse ne prevedono due diverse tipologie:
Ad ogni modo l’elemento costitutivo per entrambe è la dichiarazione giudiziale di fallimento, che rendono penalmente responsabili per le proprie condotte l’imprenditore o la società.
La fattispecie semplice si verifica quando la condotta è imprudente, anche se non viene arrecato intenzionalmente un danno ai creditori.
In particolare l’art. 217 della Legge Fallimentare sottolinea che viene punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni l’imprenditore che:
In tutti i suddetti casi, la gestione temeraria determina una sperpero del danaro aziendale, dovuto a imprudenza ed imperizia, ma senza dolo.
Può accadere ad esempio che il figlio di un grande imprenditore, improvvisamente a capo dell’azienda, faccia spese troppo elevate, come auto di lusso e viaggi onerosi e comprometta il patrimonio della stessa.
La bancarotta fraudolenta, diversamente da quanto abbiamo descritto nel paragrafo precedente, di realizza quando la società intraprende delle azioni volte ad aggravare lo stato di insolvenza a proprio vantaggio a danno delle pretese dei creditori.
In tal caso l’art. 216 della Legge Fallimentare evidenzia che il responsabile di tale comportamento viene punito con la reclusione da 3 a 10 anni.
E’ comunque possibile distinguere tre diverse tipologie di illecito:
Sono nate molte discussioni in merito all’ultimo comma dell’art. 216 che recita:
Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale e l'incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
In particolare la Consulta, con la sentenza n. 222 del 2018 ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale.
In base a ciò che abbiamo detto fino ad ora, risulta evidente che la bancarotta sia un reato proprio, ovvero che può essere commesso soltanto da soggetti con specifiche qualità, come un imprenditore o una società dichiarati falliti da un tribunale.
Detto ciò, non significa che un soggetto esterno non possa concorrere nel reato.
La Cassazione, infatti, con le sentenze n. 8349/2016 e n. 27367/2011 ha ribadito che:
è configurabile il concorso nel reato di bancarotta fraudolenta da parte di persona estranea al fallimento qualora la condotta realizzata in concorso col fallito sia stata efficiente per la produzione dell'evento e il terzo concorrente abbia operato con la consapevolezza e la volontà di aiutare l'imprenditore in dissesto a frustrare gli adempimenti predisposti dalla legge a tutela dei creditori dell'impresa
In materia di bancarotta il legislatore ha previsto delle novità a partire dal 15 agosto del 2020. A partire da tale data, infatti, ci sarà una nuova regolamentazione, cioè il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
Ciò significa che, a breve non di dovrà più fare riferimento agli articoli 216 e 217 del regio decreto 267/1942 ma alle nuove disposizioni previste dagli articoli 322 e 323 del decreto legge n. 14/2019.
La nuova bancarotta semplice, descritta dall’art. 323 prevede la reclusione da 6 mesi a 2 anni, se in stato di liquidazione giudiziale, l’imprenditore:
La condanna implica anche l’inabilitazione all’esercizio di impresa commerciale fino a 2 anni.
La nuova bancarotta fraudolenta sarà disciplinata invece dall’art. 322, che prevede la reclusione da 3 a 10 anni, se:
Inoltre, viene punito con la reclusione da 1 a 5 anni l’imprenditore che prima o durante la procedura fallimentare, esegue pagamenti o simula diritti di prelazione.
Come pena accessoria è prevista l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale fino a 10 anni.
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