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Divorzio consensuale: cosa significa e come funziona?

Il divorzio consensuale è una modalità per porre fine al matrimonio molto più semplice e veloce rispetto alla classica causa in tribunale. Si può ricorrere alla negoziazione assistita o alla pratica in Comune, dopo soli 6 mesi dalla separazione consensuale, come previsto dalla nuova legge sul divorzio breve.

Nel momento in cui una coppia sposata decide di porre fine al matrimonio, si possono verificare situazioni di diverso tipo, a seconda del rapporto che riescono a mantenere i coniugi anche in un momento così difficile e particolare della loro vita.

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Ovviamente quando due soggetti si scambiano delle promesse durante una cerimonia religiosa o civile, il desiderio è quello di farle durare “per sempre”, o almeno il più a lungo possibile. Sogni a parte, nella vita reale le cose funzionano diversamente, infatti marito e moglie si trovano a fare i conti con molti compromessi necessari per fare funzionare un rapporto e non sempre riescono a rimanere uniti.

Rispetto a un passato non lontanissimo, spesso oggi le singole individualità tendono ad emergere, andando a compromettere il rapporto di coppia dopo un certo periodo. Infatti, il numero delle separazioni e dei divorzi è aumentato in modo esponenziale negli ultimi anni, tanto che il legislatore ha deciso di introdurre delle novità normative per far fronte alla situazione.

Cosa significa divorzio consensuale?

Il divorzio consensuale, detto anche congiunto, è il modo più semplice e veloce per porre fine a un matrimonio in Italia. Si basa sul presupposto che, se tra i coniugi esiste comunque un buon rapporto, o almeno la volontà di non farsi la guerra, lo Stato permette loro di risolvere la questione più facilmente.

In alcuni casi, infatti, la coppia arriva assieme a una determinata decisione, senza troppi conflitti. Ad un certo punto la passione e il desiderio di stare assieme svaniscono, anche se il rispetto reciproco rimane. Senza dubbio non sempre è facile arrivare a una consapevolezza di questo tipo, quando si deve fare i conti con il fallimento di un progetto di vita, in ogni caso la legge italiana prevede diverse opzioni in merito.

In un certo senso il legislatore negli ultimi anni ha introdotto delle novità con lo scopo di fornire procedure più snelle che si adattano maggiormente alla società attuale, ma anche con l’obiettivo di ridurre i processi in tribunale, evitando di intasare ulteriormente la macchina della giustizia, con problematiche che si possono risolvere in modo alternativo.

Marito e moglie hanno la possibilità di porre fine ai vincoli matrimoniali attraverso la negoziazione assistita di un avvocato, o recandosi in Comune per sottoscrivere la richiesta di fronte a un ufficiale di stato civile. Nel secondo caso non possono essere discussi l’affidamento dei figli, il mantenimento e l’assegnazione della casa coniugale.

In ogni caso va sottolineato che il divorzio consensuale rappresenta il passo finale per chiudere un matrimonio, ma prima di potere arrivare a questo ultimo step è necessario effettuare la separazione, considerata una specie di periodo di passaggio prima di arrivare a decisioni definitive. Anche in questo caso se la coppia riesce a trovare degli accordi, le procedure possono essere più semplici, esiste infatti anche la separazione consensuale.

Come funziona il divorzio consensuale?

Abbiamo detto che per divorziare consensualmente è necessario che i coniugi abbiano raggiunto un accordo per quanto riguarda le questioni fondamentali della rottura. Ma cosa significa in pratica?

Marito e moglie devono essere allineati in merito a:

  • affidamento dei figli
  • assegno di divorzio
  • assegnazione della casa coniugale
  • spartizione dei beni comuni

Se non riescono a prendere in modo autonomo tali decisioni è necessario discuterne in tribunale, attraverso il classico divorzio giudiziale.

In presenza di figli minorenni o non autosufficienti, in ogni caso, è obbligatoria la consulenza di un avvocato divorzista. In Italia la legge pone particolare attenzione alla tutela degli interessi dei minori, per evitare che possano diventare oggetti di discussioni o vendette tra i genitori. Lo scopo è quello di garantire loro una stabilità emotiva, portando avanti il principio di bigenitorialità anche a seguito di un divorzio.

Le alternative possibile per effettuare un divorzio consensuale sono le seguenti:

Se sono presenti figli minori o non autosuffiicenti è necessario ricorrere alla negoziazione assistita, cioè a alla consulenza di un legale competente in materia. Sono un professionista del diritto, infatti, può prendere decisioni in merito all’affidamento di un minore. Si tratta di una modalità stragiudiziale, che si svolge quindi al di fuori delle aule di un tribunale, con lo scopo di fissare le varie condizioni per porre fine al matrimonio. In altre parole i coniugi collaborano, con l’assistenza di un legale che ha il compito di trascrivere le decisioni prese in un atto che poi deve trasmettere al Pubblico Ministero per l’approvazione.

Il divorzio in Comune è senza dubbio la soluzione meno costosa e più veloce in assoluto, ma come abbiamo detto non è possibile stabilire l’affidamento dei figli o questioni di tipo economico o patrimoniale. Non è necessaria la presenza di un avvocato divorzista, è sufficiente sottoscrivere dei documenti di fronte a un ufficiale di stato civile.

Il divorzio breve 

Come abbiamo accennato nei paragrafi precedenti, da qualche anno sono state introdotte novità e nuove possibilità per potere divorziare. In particolare la cosiddetta riforma sul divorzio breve, prevista dalla legge 55/2015 ha suscitato parecchio clamore, rappresentando una specie di cambiamento epocale di grande importanza per il nostro Paese.

Con l’introduzione del divorzio breve, sostanzialmente è stato ridotto il lasso di tempo necessario per potere divorziare a seguito della separazione, che corrispondeva a 3 anni.

Ora, le cose sono notevolmente cambiate e i coniugi possono porre fine al matrimonio, attendendo:

  • solo sei mesi se c’è stata una separazione consensuale
  • solo un anno se c’è stata una separazione giudiziale

Si tratta di una nuova opportunità che già dopo pochi mesi dalla sua approvazione è stata accolta in modo favorevole da molte coppie sposate che hanno deciso di intraprendere un percorso per rompere i vincoli matrimoniali e iniziare una nuova vita. In passato succedeva, infatti, che molto spesso marito e moglie evitassero tali procedimenti in quanto troppo lunghi e onerosi, continuando a vivere insieme nonostante il loro rapporto fosse ormai logoro.

La nuova normativa va a modificare la cosiddetta legge sul divorzio, la n. 898/1970, che era rimasta sostanzialmente invariata per oltre 30 anni. 

Il ruolo dell’avvocato divorzista

Fino ad ora abbiamo detto che esistono diverse possibilità per i coniugi che intendono procedere con un divorzio consensuale. Se essi riescono a trovare un accordo in merito alle questioni fondamentali riguardanti la loro rottura possono evitare la causa in tribunale e optare per procedimenti più snelli ed economici.

In uno scenario di questo tipo alcuni pensano che non sia più necessaria la figura dell’avvocato divorzista, ma non è così. Certamente la legge permette il divorzio breve in Comune senza la presenza di un legale rappresentante, ma solo nei casi in cui non si debbano stabilire accordi di tipo economico o in merito all’affidamento dei figli. Quindi, sebbene sia un’alternativa allettante, probabilmente non è sempre la più efficace.

BIsogna infatti considerare che esistono vari aspetti da analizzare quando si pone fine a un matrimonio, che a tutti gli effetti rappresenta un contratto siglato tra due soggetti con specifici diritti e doveri. Solamente un professionista esperto della materia può consigliare la strada giusta da percorrere, e informare i coniugi sulle recenti novità normative.

Il consiglio, perciò, è quello di affidarsi a un buon avvocato divorzista, per evitare problemi in futuro e per stabilire in maniera corretta gli obblighi di entrambi. 

Come si presenta la domanda di divorzio consensuale?

Dopo avere descritto nei paragrafi precedenti, cosa si intende per divorzio consensuale, vediamo ora in concreto cosa devono fare i coniugi per intraprendere questa strada.

L’iter è molto più rapido ed economico rispetto alla procedura giudiziale. La forma della domanda è quella del ricorso presso il tribunale competente, ovvero quello nel luogo di residenza o domicilio di almeno uno dei coniugi. All’interno deve essere indicati i seguenti elementi essenziali:

Fatti sui quali si fonda la domanda si scioglimento degli effetti civili del matrimonio;

  • Presenza di figli e le condizioni concordate;
  • I rapporti economici;
  • Ultime dichiarazioni dei redditi di entrambi;
  • L’atto di matrimonio, il certificato di residenza, la copia autentica del verbale di separazione e lo stato di famiglia.

Dopo avere presentato la domanda le parti devono comparire, alla data prestabilita, davanti al giudice, è necessaria la presenza di entrambi. Nella prima fase si procede con il tentativo di conciliazione, per capire se è possibile salvare il matrimonio, in seguito vengono analizzate le condizioni dell’accordo per controllare che non siamo contrarie all’interesse dei figli.

Dopo i vari controlli, il giudice pronuncia la sentenza di divorzio, oppure emette dei provvedimenti urgenti in favore dei figli o del coniuge debole se sono emerse delle irregolarità.

Come abbiamo detto, comunque, in seguito all’entrata in vigore del D.L 132/2014, poi convertito in L. 162/2014, le coppie possono optare per una procedura diversa, ancora più snella e veloce, ovvero la negoziazione assistita da avvocati.

In tal caso i coniugi possono trovare un accordo e stabilire gli aspetti inerenti alla rottura del matrimonio, grazie all’aiuto di avvocati. L’obiettivo è quello di permettere alle coppie che rimangono in “buoni rapporti” di potere concludere in modo più veloce la procedura, ma anche alleggerire il carico di lavoro sull’apparato giudiziario, molto spesso intasato e saturo.

Il divorzio consensuale con negoziazione assistita, infatti, si svolge al di fuori delle aule del tribunale, costituendo una alternativa stragiudiziale alla risoluzione ordinaria dei conflitti.

I presupposti per il divorzio congiunto

Ci sono alcuni requisiti essenziali per poter pronunciare il divorzio congiunto. In particolare, la pronuncia può essere fatta se  si verifica almeno una delle seguenti condizioni:

  • ​coniugi separati da almeno 6 mesi per una separazione consensuale o 12 mesi per una separazione giudiziale;
  • uno dei coniugi è stato condannato in via definitiva per un reato la cui pena prevista è l'ergastolo o superiore a 15 anni;
  • uno dei coniugi è un cittadino straniero che ha ottenuto l'annullamento o lo scioglimento del matrimonio all'estero;
  • quando il matrimonio non è stato consumato;
  • uno dei due coniugi ha ottenuto sentenza di rattifica dell'attribuzione del sesso.

Quali sono i costi?

Abbiamo più volte sottolineato che il divorzio congiunto è il modo più semplice ed economico per porre fine ad un matrimonio. Innanzitutto, i coniugi possono affrontare un periodo delicato della loro vita, senza farsi la guerra, quindi senza dovere subire un carico psicologico notevole, trovare un accordo e mantenere un rapporto civile è sicuramente importante. Ma non solo. Anche da un punto di vista economico ci possono essere dei vantaggi. 

I costi della procedura sono sostenuti rispetto all’iter giudiziale. Gli onorari professionali cambiano in base alla modalità scelta, ma possono essere molto ridotti se si opta per la negoziazione assistita. Sottolineiamo, inoltre, che sebbene poco consigliato i coniugi possono scegliere la procedura in Comune, se non devono prendere decisioni in merito ai figli, e in questo caso non è necessario affidarsi ad un avvocato.

Fonti normative

  • Art. 150 c.c "Separazione personale"
  • Legge n. 55 del 6 maggio 2015 "Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonche' di comunione tra i coniugi."
  • Legge n. 898 del 1 dicembre 1970 "Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio"
  • Decreto legge n. 132 del 12 settembre 2014 "Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile"
  • Sentenza Cass. n. 6365/2011
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