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Nuovo Codice della crisi d'impresa: cosa cambia?

Il nuovo Codice della crisi d’impresa, ovvero il Dl n. 14 del 12 gennaio 2019, entrerà in vigore il 15 agosto 2020 (salvi ulteriori differimenti di cui si discute in queste settimane), anche se alcune modifiche al codice civile sono già attive. Vediamo cosa cambia per gli imprenditori.

Grazie al decreto legislativo n. 14 del 12 gennaio 2019, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 38 del 14 febbraio 2019, anche l’Italia si dota di normative al passo con le sollecitazione dell’UE.

Rispetto alla vecchia Legge Fallimentare, il Regio Decreto n. 267 del 1942, c’è un vero e proprio cambiamento di prospettiva, volto a salvare gli imprenditori in crisi, ma anche a prevenire il dissesto d’impresa.

Nelle prossime righe analizzeremo gli aspetti principali, tenendo in considerazione che il nuovo Codice sulla crisi d’impresa entrerà in vigore dal 15 agosto 2020, ma alcune disposizioni del codice civile, sono già state modificate.

Nuovo codice della crisi d'impresa: obiettivi della riforma

Come accennato, con la riforma il nostro Paese si adegua alle normative già presenti in altri stati membri dell’UE, con lo scopo di mettere a punto gli strumenti necessari per anticipare le crisi e per limitare un loro progressivo aggravamento.

Uno degli obiettivi principali è quello di evitare che vengano percepiti in ritardo i segnali di una imminente crisi, cioè quando la situazione è ormai irreversibile.

Il legislatore, infatti, si è concentrato a riformare la disciplina soprattutto per quanto riguarda:

  • la possibilità di avere una diagnosi precoce dello stato di difficoltà;
  • la salvaguardia della capacità imprenditoriale anche per chi va incontro ad un fallimento. 

In questa ottica nel nuovo codice sono state introdotte numerose novità rispetto a quanto previsto dalla legge fallimentare, tra le quali:

innanzitutto è stato eliminato il termine “fallimento”, considerato eccessivamente negativo, per evitare la vergogna sociale e personale che accompagna un imprenditore in difficoltà. Al suo posto è stata introdotta l’espressione “liquidazione giudiziale”;

  • vengono privilegiate procedure alternative all’esecuzione giudiziale per gestire la crisi;
  • sono state semplificate le procedure concorsuali, con una riduzione delle tempistiche e dei costi;
  • è stato introdotto un sistema di allerta per riuscire a prevedere in anticipo le crisi, con l’obiettivo di risanare l’impresa, con proposte volte a salvaguardare la continuità aziendale;
  • sono state armonizzate le procedure per gestire l’insolvenza del datore di lavoro, per tutelare i dipendenti;
  • presso il Ministero di Giustizia è stato istituito l’albo dei soggetti che devono svolgere funzioni di controllo in merito alle procedure concorsuali, incaricati dal tribunale.

Cosa cambia per gli imprenditori?

Come abbiamo detto nelle righe precedenti il nuovo Codice della crisi d’impresa adotta una prospettiva diversa rispetto alla vecchia legge fallimentare, pertanto le aziende dovranno dotarsi di sistemi per rilevare i segnali della crisi prima che sia troppo tardi.

In modo particolare l’imprenditore deve organizzarsi per adottare tempestivamente le azioni necessarie al risanamento. Le aziende, quindi, devono disporre di sistemi informativi e di piattaforme per controllare in modo adeguato tutti i dati finanziari, e devono impostare tempestivamente le giuste strategie per risolvere eventuali problematiche, ristabilendo l’equilibrio economico, patrimoniale e finanziario. In sostanza devono dotarsi di una struttura organizzativa adeguata a rilevare tempestivamente lo stato di crisi.

Con la riforma, il legislatore ha deciso quindi di focalizzare gli interventi nelle prime fasi, ovvero quando si notano i primi segni di criticità.

Ma cosa cambia in concreto per gli imprenditori?

Le imprese più piccole dovranno adottare alcune modifiche organizzative (la cui definizione è rimessa agli imprenditori con l'ausilio dei professionisti).
Le imprese di medie dimensioni hanno l’obbligo di nomina del collegio sindacale e alla revisione legale dei conti, secondo le modifiche apportate all’art. 2477 c.c., ovvero:

La nomina dell'organo di controllo o del revisore è obbligatoria se la società:
a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;
b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;
c) ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti:
1) totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 4 milioni di euro;
2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 4 milioni di euro;
3) dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 20 unità.
L'obbligo di nomina dell'organo di controllo o del revisore di cui alla lettera c) del terzo comma cessa quando, per tre esercizi consecutivi, non è superato alcuno dei predetti limiti.

Ciò potrà comportare la modifica degli statuti.

Nuovo codice della crisi d’impresa: le procedure di allerta

Lo stato di crisi fa riferimento ad una possibile situazione di insolvenza del debitore, intesa come una inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a soddisfare regolarmente le obbligazioni.

Se l’impresa non è in grado di ristabilire l’equilibrio, attraverso le misure organizzative e gli interventi adottati (anche con il supporto di esperti), può scattare la cosiddetta Procedura di Allerta, con lo scopo di spingere l'imprenditore ad un confronto ed un accordo con i vari creditori, con lo scopo di evitare la liquidazione giudiziale.

La procedura può essere attivata internamente, dall’imprenditore, per evitare pesanti sanzioni, oppure dal collegio sindacale, o dal sindaco, che possono essere considerati responsabili se non segnalano situazioni anomale.

A certe condizioni il procedimento può essere attivato anche dall’Inps o dall’Agenzia delle Entrate.

L’Organismo di Composizione della Crisi d’Impresa, OCRI, costituito presso la Camera di Commercio ha il compito di gestire le procedura di allerta, di ricevere le segnalazioni, valutarne la portata e gestire la situazione cercando di risolvere lo squilibrio in tempi brevi, 90 o 180 giorni.

In sostanza entro sei mesi (al massimo) si cerca di trovare un accordo con i creditori; se ciò non è possibile è necessario optare per le procedure tradizionali.

Le misure premiali

Nel paragrafo precedente abbiamo descritto la procedura di allerta, volta a scongiurare un aggravamento delle situazioni già problematiche. Come abbiamo visto anche l’imprenditore può prendere l’iniziativa, presentando un’istanza di composizione assistita della crisi all’OCRI, o attivando le procedure concorsuali “tradizionali”.

In questi casi, il legislatore ha previsto alcune misure premiali. L’art. 25 del Nuovo codice della crisi d’impresa, infatti, afferma che ci sono dei benefici per:

L’imprenditore che ha presentato all’OCRI istanza tempestiva a norma dell’articolo 24 e che ne ha seguito in buona fede le indicazioni, ovvero ha proposto tempestivamente ai sensi del medesimo articolo domanda di accesso a una delle procedure regolatrici della crisi d’impresa o dell’insolvenza di cui al presente codice che non sia stata in seguito dichiarata inammissibile

Le misure premiali, cumulabili tra loro sono le seguenti:

  • gli interessi che maturano sui debiti fiscali durante la procedura sono ridotti alla misura legale;
  • sono ridotte alla misura minima le sanzioni tributarie (per le quali è prevista l’applicazione di una misura ridotta se pagate entro un determinato termine) se la data di scadenza è successiva alla presentazione dell’istanza;
  • le sanzioni e gli interessi inerenti a debiti tributari, che sono oggetto della composizione assistita, sono ridotti della metà in una eventuale successiva procedura di insolvenza;
  • la proroga per il deposito di una proposta di concordato preventivo equivale al doppio di quella che può concedere il giudice in modo ordinario, se l’OCRI non ha dato notizia di insolvenza al PM.

Inoltre, sono previsti dei benefici in ambito penale in caso di bancarotta semplice o fraudolenta, se l’imprenditore ha segnalato tempestivamente lo stato di difficoltà.

In sostanza egli può beneficiare di una causa di non punibilità se procede prontamente per evitare la crisi d’impresa, se i danni sono di piccola entità. L’obiettivo, infatti, è quello di favorire la ripresa dell’attività, riducendo la sanzione penale se i reati sono lievi.

Fonti normative

  • Dl n. 14 del 12 gennaio 2019
  • Art. 2477 c.c
NUOVO CODICE DELLA CRISI D'IMPRESA DIRITTO FALLIMENTARE FALLIMENTI
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