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Piccolo imprenditore: definizione e caratteristiche

Il piccolo imprenditore per legge viene distinto dalle aziende commerciali. Chi rientra in tale categoria ha diversi vantaggi, ad esempio può essere soggetto al fallimento. Vediamo cosa dicono le norme del codice civile.

Nel nostro Paese non tutte le imprese sono soggette alle stesse norme. In base alla dimensione e alla tipologia di attività svolta, sono previste specifiche regole.

In modo particolare va sottolineato che non tutte le aziende possono essere coinvolte in una procedura di fallimento, essendo necessari dei precisi requisiti sia oggettivi che soggettivi.

Inoltre, chi viene definito come piccolo imprenditore viene escluso da tale procedimento. Nelle prossime righe analizzeremo chi rientra in questa categoria.

Chi è un piccolo imprenditore?

La nozione di “piccolo imprenditore” viene descritta dall’art. 2083 del codice civile, come segue:

Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia

Come possiamo notare la norma descrive la categoria sia da un punto di vista oggettivo che soggettivo.


Infatti, possono essere definiti piccoli imprenditori:

  • i coltivatori diretti
  • gli artigiani
  • i piccoli commercianti

La loro attività deve essere svolta prevalentemente con lavoro proprio, perciò si tratta in genere di ditte individuali, gestite soprattutto grazie all’apporto dei componenti della famiglia.

L’art. 230 bis afferma infatti:

Salvo che sia configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato

Oggettivamente, invece, tale categoria gode dei seguenti vantaggi e semplificazioni:

  • esonero dalla tenuta di scritture contabili
  • non assoggettamento alla procedura di fallimento
  • iscrizione nel registro delle imprese soltanto con funzione di pubblicità e per certificazione anagrafica

Il coltivatore diretto

Il coltivatore diretto viene descritto dall’art. 1647 c.c.:

Quando l'affitto ha per oggetto un fondo che l'affittuario coltiva col lavoro prevalentemente proprio o di persone della sua famiglia, si applicano le norme che seguono sempre che il fondo non superi i limiti di estensione che, per singole zone e colture, possono essere determinati dalle norme corporative

Da quanto possiamo leggere, quindi, chi coltiva un fondo prevalentemente con il lavoro proprio o della famiglia rientra in questa categoria. Vengono considerati anche i soggetti che si occupano di allevamento e governo di bestiame.

In particolare la forza lavoro familiare non può essere inferiore a un terzo della necessità totale, considerando anche l’apporto dato dalle macchine agricole.

Il piccolo imprenditore, in questo caso, deve lavorare in modo diretto in un terreno agricolo di cui è proprietario o su un fondo di proprietà altrui, dedicando lo stesso anche ad attività di allevamento, come abbiamo specificato.

L’interessato deve essere iscritto all’Inps e deve lavorare per almeno 104 giorni, ovvero deve svolgere l’attività in modo regolare.
Possiamo dire che si tratta di una specie di sottocategoria dell’imprenditore agricolo.

Il decreto legislativo 228/2001 prevede specifici requisiti da rispettare per rientrare in tale categoria di piccoli imprenditori. In particolare, oltre a quanto abbiamo affermato sopra, è necessario che l’imprenditore abbia anche delle capacità manageriali e di gestione dell’azienda. Oltre alla passione per il lavoro, quindi, è necessario avere un’istruzione adeguata, almeno secondaria.

L’artigiano

L’artigiano è un soggetto che esercita un’attività in modo personale, assumendosi la piena responsabilità dell’impresa e dei rischi collegati, svolgendo il lavoro prevalentemente in prima persona.

In genere il piccolo imprenditore artigiano si occupa della produzione di beni, anche semilavorati o di prestazione di alcuni servizi. Sono, però, escluse le attività agricole o commerciali, che rappresentano categorie ad hoc.

L’impresa artigiana può essere sia in forma individuale che collettiva, ma deve sempre rispettare i requisiti previsti dalla legge n.443/1985. In particolare vige l’obbligo di iscrizione presso l’Albo delle Imprese Artigiane, per ottenere le agevolazioni previste.

L’art 2, infatti, prevede che l’imprenditore:

  • eserciti personalmente l’attività, in qualità di titolare
  • assuma la piena responsabilità della stessa
  • svolga il lavoro all’interno dell’azienda, in modo prevalente

Inoltre, deve avere una adeguata preparazione tecnico professionale, a tutela e a garanzia degli utenti.

Il piccolo commerciante

Il piccolo commerciante svolge l’attività di intermediazione per quanto riguarda la circolazione dei beni. Rispetto agli imprenditori medio grandi ci sono le seguenti differenze:

  • il piccolo imprenditore è iscritto in una sezione particolare del Registro delle Imprese, a solo scopo di certificazione anagrafica e di pubblicità 
  • non può essere sottoposto a fallimento o ad altre procedure concorsuali, dato che rientra tra i requisiti di non fallibilità previsti dall’art. 1 della Legge Fallimentare
  • le dimensioni dell’azienda sono ridotte, e in genere si tratta di lavoro familiare, quindi la manodopera esterna è ridotta
  • l’organizzazione aziendale si concentra nella figura del titolare, che si occupa della gestione generale delle attività. 

Il piccolo imprenditore può fallire?

L’art.1 della L.F. afferma che:

Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, esclusi gli enti pubblici

Risulta evidente che, non tutti possono fallire. In particolare si tratta di un’opzione possibile soltanto per le imprese private che si occupano di attività commerciali, gestite sia in modo individuale che societario.

Sono pertanto escluse:

  • aziende pubbliche
  • imprese non commerciali
  • imprese agricole
  • piccoli imprenditori

Ma cos’è esattamente il fallimento?

Si tratta di un procedimento giudiziario che si avvia a seguito di una sentenza di un Tribunale, quando si presenta uno stato di insolvenza grave, ovvero l’impossibilità a pagare tutti i debiti attraverso le normali attività aziendali. L’obiettivo, pertanto, è quello di riuscire a soddisfare i creditori, provvedendo alla liquidazione della stessa. In pratica vengono venduti i beni aziendali e personali, per riuscire a saldare tutti i debiti.

L’istanza di fallimento può essere proposta dai seguenti soggetti:

  • l’imprenditore 
  • i creditori
  • il Pubblico Ministero

Possono essere escluse anche aziende commerciali che presentano tutte le seguenti caratteristiche:

  • patrimonio complessivo annuo non superiore a 300 mila euro nei tre anni precedenti
  • ricavi lordi complessivi annui non superiori a 200 mila euro, nei tre esercizi precedenti
  • ammontare di debiti non superiore a 500 mila euro

Fonti normative

  • Art.1 della L.F
  • Legge n.443/1985
  • Decreto legislativo 228/2001
  • Art. 1647 c.c
  • Art. 230 bis c.c.
  • Art. 2083 c.c.
DIRITTO SOCIETARIO PICCOLO IMPRENDITORE FALLIMENTO
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