Il possesso è un potere esercitato da un soggetto su una cosa, come se fosse il proprietario. Vediamo le differenze con la detenzione e le tutele date dalla legge al possessore.
Non è sempre facile comprendere quando un individuo è un possessore legittimo o illegittimo, quindi quando può fare valere alcuni diritti secondo la legge.
Nelle prossime righe cercheremo di analizzare la questione.
Il possesso è descritto dall’art. 1140 del codice civile nel seguente modo:
Il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa
Come possiamo leggere, quindi, esso si instaura per regolare il rapporto esistente tra un soggetto e una cosa determinata. In pratica si possono verificare due diversi comportamenti:
Ad ogni modo, è evidente che si possano verificare delle situazioni di fatto e di diritto che possono coesistere oppure no.
Ovviamente i diritti sono pieni se il possesso viene esercitato assieme al diritto di proprietà. Se, invece, si tratta di altri diritti reali, il potere è minore.
Per quanto riguarda la modalità illegittima, si considerano:
Nel primo caso l’art. 1147 c.c. afferma che:
È possessore di buona fede chi possiede ignorando di ledere l'altrui diritto.
La buona fede non giova se l'ignoranza dipende da colpa grave.
La buona fede è presunta e basta che vi sia stata al tempo dell'acquisto
Come possiamo notare nel terzo comma essa è tutelata dalla legge, nel senso che non deve essere dimostrata ma è “presunta”. In caso di contenziosi, quindi, sarà la controparte a dovere fornire delle prove in grado di dimostrare il contrario, ovvero la mala fede.
Ad ogni modo non esiste alcuna tutela se il soggetto ha leso dei diritti altrui, anche in modo inconsapevole, per colpa grave.
Spesso i due istituti giuridici vengono confusi tra di loro, ma in realtà presentano notevoli differenze.
Infatti, chi possiede una cosa ha anche l’intenzione di agire su di essa come se fosse il proprietario o un titolare di un altro diritto reale. Se manca questa volontà si tratta di detenzione.
E’ possibile essere possessori anche quando la custodia materiale di un bene è assegnata a un altro soggetto, cioè il detentore. Quest’ultimo può disporre della cosa ma non ha la facoltà di esercitare particolari poteri.
In alcuni casi, comunque, la detenzione può trasformarsi in possesso.
L’art. 1141 c.c., infatti afferma che:
Si presume il possesso in colui che esercita il potere di fatto, quando non si prova che ha cominciato a esercitarlo semplicemente come detenzione.
Se alcuno ha cominciato ad avere la detenzione, non può acquistare il possesso finché il titolo non venga a essere mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il possessore. Ciò vale anche per i successori a titolo universale.
Perchè ciò possa accadere non è sufficiente il comportamento del possessore, ma devono verificarsi anche degli eventi esterni quali:
Abbiamo accennato che non è sempre facile capire quando un soggetto è titolare di tale diritto. Il possesso si acquista quando vengono messi in atto comportamenti simili a un proprietario o altro titolare di diritti reali.
Va chiarito comunque che, ciò non avviene a fronte della tolleranza di terzi, come sottolineato dall’art. 1144 c.c.:
Gli atti compiuti con l'altrui tolleranza non possono servire di fondamento all'acquisto del possesso
Ma come, quindi, per capire quando un individuo è titolare del diritto?
Non è facile capire quando c’è l’intenzione di comportarsi come un proprietario.
La legge ha fissato alcune regole per determinare la presunzione del possesso:
Nel primo caso l’art. 1142 c.c. afferma:
Il possessore attuale che ha posseduto in tempo più remoto si presume che abbia posseduto anche nel tempo intermedio.
In sostanza viene tutelato chi possiede attualmente un bene, ma ha avuto il diritto anche in passato. Devono essere, però, fornite delle prove.
Nel secondo caso l’art. 1143 c.c., sottolinea invece:
Il possesso attuale non fa presumere il possesso anteriore, salvo che il possessore abbia un titolo a fondamento del suo possesso; in questo caso si presume che egli abbia posseduto dalla data del titolo.
In questo caso il possesso anteriore è valido soltanto se dimostrato attraverso un titolo idoneo.
L’interversione del possesso indica il passaggio da un diritto minore a uno pieno, ovvero la proprietà. Si tratta di un istituto giuridico collegato all’usucapione, cioè al diritto di di diventare proprietari di un bene dopo averlo posseduto per un determinato periodo di tempo.
Perché ciò avvenga è necessario che lo stesso sia esente da vizi, quindi non ottenuto in modo clandestino o violento. Non si considera viziato, invece, se il bene è acquisito in mala fede
Ad ogni modo non è possibile diventare proprietari acquisto il diritto da un soggetto diverso dal titolare del diritto di proprietà.
Il problema non si pone per i beni mobili registrati, dato che è prevista la trascrizione proprio per ovviare l’incertezza in merito alla loro provenienza.
Per quelli non registrati, invece, si segue quanto afferma l’art. 1153 c.c.:
Colui al quale sono alienati beni mobili da parte di chi non è proprietario, ne acquista la proprietà mediante il possesso, purché sia in buona fede al momento della consegna e sussista un titolo idoneo al trasferimento della proprietà.
La proprietà si acquista libera da diritti altrui sulla cosa, se questi non risultano dal titolo e vi è la buona fede dell'acquirente.
Nello stesso modo si acquistano i diritti di usufrutto, di uso e di pegno
La legge ha preciso diversi strumenti di tutela del possessore, nei casi in cui quest’ultima sia aggredito da terzi.
In particolare è possibile esercitare le seguenti azioni:
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