L’usucapione pubblica, ovvero fatta da un Pubblica Amministrazione nei confronti di un bene di un privato cittadino è legittima? In giurisprudenza esistono idee contrastanti, vediamo di analizzarle.
Non sono in molti a sapere che, un soggetto ha la possibilità di acquisire un bene di un altro, generalmente un terreno, se può dimostrare di averlo posseduto per almeno 20 anni, senza interferenze del legittimo proprietario.
Ciò significa che, se un fondo è totalmente abbandonato, un individuo può decidere di prendersene cura, facendo dei lavori di manutenzione e fare una specifica domanda per averne l’effettiva proprietà dopo diversi anni.
Si presume, infatti, che il legittimo proprietario non abbia alcuna intenzione di fare valere i propri diritti, una volta trascorso diverso tempo.
Ma cosa accade se il “beneficiario” è un ente pubblico? La Pubblica Amministrazione è legittimata ad usucapire beni di privati?
In merito ci sono opinioni discordanti. Ovviamente si devono verificare alcuni specifici requisiti, ma nonostante ciò, una parte della giurisprudenza ritiene tale pratica non legittima, e in netto contrasto con quanto afferma la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, CEDU.
L’usucapione pubblica prevede che una Pubblica Amministrazione possa diventare proprietaria di un bene di un privato, a titolo originario, ovvero in seguito al possesso continuato ed ininterrotto dello stesso, senza ricorrere ad una compravendita o a una espropriazione.
Il riferimento normativo è dato dagli art. 1158 e seguenti del Codice Civile, nei quali possiamo leggere:
La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per venti anni
Va precisato subito che la legge tutela la proprietà, infatti si tratta di un diritto che non si prescrive mai. Anche in caso di mancato utilizzo o di abbandono, nessuno può espropriare una casa o un fondo, se non per pubblica utilità.
Detto ciò, se il proprietario si disinteressa totalmente al bene in oggetto, per oltre 20 anni, la situazione può cambiare. Se per tale periodo un altro soggetto decide di utilizzare il bene, senza essere contrastato dal proprietario, e alla luce del sole, può vantare dei diritti.
Sia per quanto riguarda l’usucapione pubblica che privata, è necessaria la presenza dei seguenti requisiti:
Nella maggior parte dei casi situazioni simili si verificano quando il proprietario è emigrato altrove, è defunto o reperibile, ma può accadere anche un immobile sia stato semplicemente abbandonato.
Ad ogni modo chi intende usucapire un bene deve dimostrare di averne avuto il possesso per 20 anni, quindi deve fornire delle prove utili. In alcuni casi, però, è difficile trovare delle prove, dato che risalgono a fatti molto lontani nel tempo, almeno 20 anni come abbiamo detto.
La legge, comunque, consente di ricorrere a dichiarazioni di terzi, ovvero di testimoni, per dimostrare di avere avuto il possesso di un terreno o di una casa.
Una Pubblica Amministrazione può rivendicare un bene altrui se ha esercitato in modo continuativo e costante il possesso sullo stesso per la durata necessaria, stabilita dalla legge.
Si tratta quindi di un diritto previsto dalle normative, perciò, è scorretto pensare che gli enti pubblici non possano mai entrare in conflitto con gli interessi privati, sebbene come vedremo ci sono opinioni discordanti in merito alla legittimità dell’usucapione pubblica, per molti in contrasto con quanto afferma la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Quindi, in determinate situazioni un ente pubblico può esercitare dei diritti su beni di privati, basti pensare alla pubblica utilità di costruire una strada o altre opere. Ma la questione è diversa e non priva di dubbi giuridici quando si tratta di usucapire qualcosa.
Va considerato, però, che l’usucapione pubblica non è una forma diversa da quella privata, dato che sono necessari i medesimi requisiti, come previsto dal codice civile. L’unico aspetto diverso riguarda il beneficiario, in tal caso una Pubblica Amministrazione.
L’usucapione pubblica, sebbene non sia descritta da alcune norme ad hoc, ma sia implicitamente prevista dagli art. 1158 e seguenti del Codice Civile, indubbiamente ha delle sfumature leggermente diverse, che è bene specificare.
In particolare un ente pubblico può usucapire un bene, soltanto se ci sono i seguenti requisiti:
Esiste, comunque, un orientamento della giurisprudenza negativo, volto a sottolineare che tale opzione è in evidente contrasto con quanto sostiene il CEDU. In sostanza essi affermano che l’espropriazione indiretta, fatta con metodi diversi rispetto ai decreti standard o alla cessione volontaria, non sia legittima.
Quando si parla della possibilità di un privato di prendere possesso di un bene altrui, evidentemente abbandonato dal titolare del diritto di proprietà, non ci sono opinioni divergenti in merito.
In sostanza, se il proprietario non si interessa minimamente ai propri possedimenti, ed altri decidono di prenderne possesso, dopo 20 anni, possono rivendicare di diritti.
Ovviamente non devono nascere di conflitti. Per tutto il periodo previsto dalla legge non deve essere nemmeno spedita una lettera di diffida dal legittimo proprietario, dato che in tal caso il conteggio del periodo utile riparte da zero.
Il possesso, infatti, deve essere continuato e indisturbato per tutto il tempo. In caso contrario viene meno uno dei requisiti fondamentali dell’usucapione.
Se si parla di usucapione pubblica, però, la questione è leggermente diversa. Sebbene i requisiti siano sostanzialmente gli stessi, l’interpretazione può essere diversa.
E’ compito dell’Amministrazione Pubblica garantire i diritti dei cittadini, ovvero, curare la cosa pubblica. La possibilità che sia proprio essa a “togliere” il diritto di proprietà ha suscitato diversi dibattiti e discussioni.
Chi ha un’opinione negativa in merito sostiene che non vengano rispettati i diritti fondamentali dell’individuo, sostenuto dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
L’espropriazione indiretta, ovvero non supportata da specifici decreti, ma frutto di meri fatti, suscita diverse perplessità. In particolare in molto sostengono che non è legittimo causare dei danni al legittimo proprietario, derivanti alla perdita del bene.
Risulta evidente che, secondo tale interpretazione, usucapire una proprietà privata rappresenti una violazione della garanzie di legalità dettate dal CEDU.
Esso prevede, infatti, una base legale chiara e prevedibile, oltre ad una corresponsione di un adeguato indennizzo di fronte al sacrificio sofferto dal proprietario.
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