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Ingiuria aggravata: cosa significa e come è punita?

L’ingiuria aggravata non è più considerata un reato penale, quindi non è possibile fare una denuncia ai Carabinieri, ma è necessario procedere in sede civile, con la consulenza di un avvocato civilista, per ottenere un risarcimento danni.

L’ingiuria è stata depenalizzata nel 2016, anno in cui è stato abrogato l’art. 594 del codice penale, che trattava la casistica. Perciò a partire da tale data non è più possibile presentare una querela in caso di offese ritenute gravi.

E’ necessario, però, fare chiarezza in merito, visto che spesso vengono confuse due situazioni simili, ma con sfumature diverse come l’ingiuria e la diffamazione. Quest’ultima infatti è ancora oggi un reato penale, e si riferisce a lesioni della reputazioni fatte mentre la vittima non è presente. Nel primo caso invece le offese sono rivolte direttamente all’interessato.

Si può parlare di aggravanti se il fatto avviene con un pubblico, o tramite social network, data la portata di utenti che utilizzano quotidianamente la piattaforma. 

In ogni caso, per difendersi la vittima ora può solamente chiedere la consulenza di un avvocato civilista e fare richiesta di risarcimento danni in sede civile. 

Cosa significa ingiuria aggravata?

L’ingiuria aggravata si riferisce a una offesa grave fatta direttamente alla vittima, ma in presenza di persone terze, che possono condizionare le loro opinioni personali da quanto è stato detto.

Tale comportamento era disciplinato dall’art. 594 del codice penale, come segue:

Chiunque offende l'onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a cinquecentosedici euro.
Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
La pena è della reclusione fino a un anno o della multa fino a milletrentadue euro, se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato.
Le pene sono aumentate qualora l'offesa sia commessa in presenza di più persone.

Da quanto riportato sopra, quindi, fino a poco tempo fa, il responsabile di gravi offese in gradi di rovinare la reputazione altrui, poteva rischiare anche la reclusione in carcere per un massimo di 6 mesi, contrariamente a quanto accade oggi. Ciò serviva innanzitutto come deterrente per scoraggiare atteggiamenti negativi in grado di ledere l’onore di altre persone.
Quindi, un post denigratorio su Facebook e una parola di troppo potevano essere puniti in maniera molto più severa qualche anno fa.

Dopo la depenalizzazione l’ingiuria aggravata non viene più considerata dannosa come un tempo, visto che la vittima non ha più la facoltà di denunciare il fatto presso i carabinieri. 

Ma come è possibile difendersi quindi?

L’unica modalità è una causa civile, fatta per chiedere un risarcimento danni, ma non è sempre facile dimostrare il fatto. Sono necessarie delle prove certe, in grado di testimoniare effettivamente cosa è accaduto, e non sono semplici da recuperare.

Ovviamente se si tratta di insulti scritti tramite Facebook sarà più facile dare delle dimostrazioni, ma è indispensabile farsi consigliare da un legale esperto in materia, visto che non sempre un semplice “screenshot”, cioè una registrazione dello schermo del Pc o dello smartphone sono legalmente riconosciute. 

Perciò, se l’intento è quello di procedere per vie legali, bisogna innanzitutto mantenere la calma ed evitare azioni sconsiderate che potrebbero mettere in allarme il colpevole, portandolo a cancellare tutte le tracce.

Differenze tra ingiuria e diffamazione

Come abbiamo anticipato sopra, spesso vengono confusi tra loro reati molto simili, ma che hanno implicazioni diverse.

In particolare quando di tratta di offese e lesioni dell’onore le conseguenze cambiano notevolmente in base al contesto nel quale di realizzano. Ad esempio se al lavoro un collega parla male “alle spalle” di qualcuno, diffondendo informazioni in grado di rovinare la sua reputazione si parla di diffamazione. Se, invece, lo stesso soggetto ha una lite violenta con il collega e si fa scappare affermazioni troppo offensive, mentre altri stanno assistendo alla scena, si parla di ingiuria aggravata.

Volendo, quindi, riassumere le differenze sostanziali tra le due situazioni, possiamo affermare che:

  • l’ingiuria è un offesa fatta mentre la vittima è presente e può in qualche modo difendersi
  • la diffamazione viene fatta mentre la vittima non è presente, e le informazioni vengono diffuse a terzi.

In entrambi i casi, comunque, si parla di aggravante se le informazioni vengono diffuse o tramite il web o i social network, in quanto hanno un bacino di pubblico molto ampio.

Si tratta, però, di due comportamenti considerati negativi solamente se il responsabile non sta attuando una specie di difesa da attacchi ricevuti da parte della vittima. Ciò significa che, se durante una lite scappano parole offensive da entrambe le parti, con reazioni immediate, sarà effettivamente difficile, se non impossibile, determinare chi è veramente il colpevole.

Si può fare una denuncia per ingiuria aggravata?

A seguito della depenalizzazione dell’ingiuria nel 2016, non è più possibile sporgere denuncia presso i Carabinieri, e le possibilità per la “vittima” di fare valere i propri diritti sono davvero poche.

La punizione massima, legata all’ingiuria aggravata, ora è equivalente a una sanzione pecuniaria fino a un massimo di 12.000 euro, se il fatto viene dimostrato da prove certe.

Non trattandosi più di un reato, la questione deve essere discussa in sede civile, e non è sufficiente la sola testimonianza del diretto interessato. Perciò il primo passo da fare per cercare di condannare il responsabile al pagamento di un’ammenda e del risarcimento danni è cercare un buon avvocato civilista in grado di consigliare la giusta strada da percorrere.

Bisogna tenere in considerazione che, una causa civile può essere molto lunga e costosa, e il risultato finale non è per nulla certo. In mancanza di elementi oggettivi per comprovare i fatti, si rischia di perdere la causa, e dovere pagare le spese legale della parte vincitrice.

Come viene punita l’ingiuria aggravata?

Dopo l’abrogazione dell’art. 594 del c.p., chi offende un’altra persona non rischia più la pena detentiva in carcere, ma può essere accusato di un illecito civile, per il quale le sanzioni sono:

  • un’ammenda da pagare allo Stato da un minimo di 200 euro fino a un massimo di 12.000 euro
  • il pagamento di un risarcimento danni alla vittima

Ovviamente prima di arrivare a stabilire quanto elencato sopra, è necessario avviare un procedimento civile, e portare in tribunale le prove per dimostrare ciò che è accaduto.

L’onere delle prove, è senza dubbio, il problema principale, in quanto non sempre è possibile potere registrare una conversazione o prevedere il momento esatto di un litigio. 

Se si tratta di un ingiuria aggravata le possibilità sono maggiori, visto che altre persone hanno assistito ai fatti e potrebbero testimoniare in tribunale. Inoltre, se la vicenda ha luogo nel web, in particolare sui Social Network è più probabile poter ricavare delle prove, per le quali è meglio affidarsi alla consulenza di un legale esperto.

E’ necessario un avvocato civilista?

Fino ad ora abbiamo visto che l’ingiuria aggravata non è più punibile con il carcere, come fino a pochi anni fa. In seguito alla depenalizzazione del 2016, infatti, ora tale comportamento non è più considerato un reato.

L’unico modo per procedere è quello di intentare una causa civile per ottenere il risarcimento dei danni. Si tratta di un procedimento e di un processo che potrebbero essere molto lunghi e costosi, per questo prima di prendere decisioni affrettate è consigliabile chiedere un parere a un avvocato civilista competente ed esperto in materia.

La scelta del professionista adatto è di fondamentale importanza, visto che si rischia di iniziare una causa senza delle reali speranze, spendendo soldi a vuoto. Un buon avvocato è anche quello in grado di convincere il cliente a non dovere agire per forza. 

A volte, infatti, la soluzione migliore è l’invio di una lettera di diffida, per evitare che le offese possano proseguire.

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