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Licenziamento collettivo: cos’è e come funziona?

Il licenziamento collettivo può essere fatto dal datore di lavoro solo in determinate condizioni, rispettando le leggi di riferimento. Può essere effettuato solo in aziende con più di 15 dipendenti, che decidono di licenziare 5 o più dipendenti nell’arco di 120 giorni.

Anche se un dipendente ha sottoscritto un contratto di lavoro a tempo indeterminato rischia di essere “lasciato a casa” se si verificano determinate situazioni. In particolare è possibile essere licenziati in maniera individuale o collettiva.

In ogni caso le motivazioni possono riguardare la condotta del soggetto, quindi essere decisioni di tipo disciplinare oppure derivare da necessità aziendali. Se si tratta di licenziamenti collettivi, comunque, il datore di lavoro deve rispettare più vincoli, dato che la scelta potrebbe causare problemi economici a diverse famiglie.

Vediamo quindi di capire in quali casi ci può essere un licenziamento collettivo, chi può essere coinvolti e come funziona la procedura.

Cos’è il licenziamento collettivo?

In Italia è possibile essere licenziati per diversi motivi, ma bisogna innanzitutto distinguere tra situazioni che riguardano un singolo individuo e altre, invece, che riguardo più lavoratori.

In genere un dipendente, a tempo indeterminato o determinato può essere licenziato:

  • per giusta causa: se compie azioni particolarmente gravi che impediscono la continuazione del rapporto lavorativo anche per un solo giorno. In questo caso viene lasciato a casa “in tronco” senza un periodo di preavviso
  • per giustificato motivo soggettivo: se il comportamento è sempre non ammesso, ma meno grave rispetto al caso precedente. In tale situazione viene dato un periodo di preavviso, come previsto dal Contratto Nazionale di riferimento.
  • per giustificato motivo oggettivo: cioè per motivi aziendali e non riguardanti la condotta del lavoratore. Il datore di lavoro può scegliere di ridurre il personale in quanto si trova in una difficile situazione economica o perché ha deciso di organizzare in modo diverso le attività produttive.

Nei casi sopra descritti si parla sempre di singolo lavoratore, ma cosa accade se vengono licenziati nello stesso periodo più soggetti?

Il licenziamento collettivo è disciplinato da leggi diverse rispetto a quello individuale e si verifica quando un’azienda decide di licenziare almeno 5 dipendenti nell’arco di 120 giorni.
Il datore di lavoro, però, deve sottostare a regole più rigide quando si tratta di lasciare senza lavoro più persone. 

Lo Stato, infatti, ha il dovere di intervenire se la situazione economica di diverse famiglie rischia di peggiorare a causa di decisioni aziendali, ponendo dei limiti a tutela dei cittadini.

Quando può avvenire?

La legge stabilisce che il licenziamento collettivo è possibile solamente per le aziende con più di 15 lavoratori, nel momento in cui si decide di licenziare almeno 5 dipendenti in un arco temporale di 120 giorni.

Tale discorso è valido anche nel caso di più imprese diverse, riunite nella medesima organizzazione imprenditoriale, per le quali deve essere valutata la dimensione occupazionale globale.

Il licenziamento collettivo può avvenire solo e tassativamente per i seguenti motivi:

  • riduzione o trasformazione dell’attività aziendale
  • cessazione dell’attività

Perciò risulta evidente che un datore di lavoro non può lasciare a casa alcuni lavoratori per ragioni di opportunità o risparmio economico. Ci devono essere congiunture esterne in grado di determinare la diminuzione degli affari e la conseguente necessità di modificare la struttura dell’azienda. La scelta obbligata di tagliare la forza lavoro, in altre parole, deve essere dimostrata con dati certi. 

Risulta ovvio che in caso di chiusura dell’attività o di un ramo aziendale specifico, ci sono meno difficoltà probatorie.

Come funziona il licenziamento collettivo?

Se si verificano le situazioni che abbiamo descritto nel paragrafo precedente, è necessario attivare una specifica procedura per il licenziamento collettivo.

La riduzione del personale deve essere discussa con le parti sociali, quindi si deve avviare un tavolo di trattative con le parti, per riuscire a trovare un accordo, e magari trovare delle soluzioni per evitare il licenziamento dei dipendenti.

Nel stesso momento l’azienda deve anche inviare una comunicazione alle strutture provinciali competenti, autorizzare a intervenire con ulteriori trattative se le prime hanno esito negativo.

In ogni caso la procedura non può durare più di 45 giorni dalla data di ricevimento della comunicazione. 

La fase sindacale si chiude positivamente se le parti trovano un accordo, che può prevedere:

  • l’assegnazione di una mansione diversa ai lavoratori interessati
  • il distacco dei dipendenti presso altre imprese
  • l’accompagnamento agevolato alla pensione dei soggetti più anziani, per salvaguardare il lavoro dei più giovani.

L’accordo deve essere, comunque, approvato dalla maggioranza dei lavoratori, con un voto diretto, o considerando la rappresentanza sindacale a cui aderiscono. Ovviamente il singolo soggetto può impugnare la decisione se ritiene che non rispetti i suoi diritti.

La procedura descritta è obbligatoria, quindi non è possibile prendere decisioni in merito ai licenziamenti senza avere prima cercato un accordo con le parti. In caso di violazione, infatti, sono previste sanzioni pecuniarie amministrative e il risarcimento danni nei confronti dei dipendenti licenziati illegittimamente. Ovviamente sarà anche dichiarato inefficace il licenziamento collettivo.

Il licenziamento collettivo avviene tramite un atto scritto, che deve essere comunicato individualmente a tutti i soggetti coinvolti, osservando il periodo di preavviso previsto dal contratto, nel quale devono essere indicati:

  • i motivi del recesso
  • i criteri di scelta adottati per individuare i soggetti da licenziare

Quali lavoratori possono essere licenziati collettivamente?

Nel momento in cui un’azienda ha la necessità di ridurre il personale, abbiamo visto che deve rispettare alcuni vincoli particolari. Oltre a ciò deve anche seguire specifici criteri per individuare i soggetti da licenziare.

La situazione è diversa in base al risultato delle trattative nella fase sindacale. Se è stato raggiunto un punto d’incontro dovranno essere seguite le dinamiche stabilite nell’accordo, stipulato tenendo conto delle esigenze produttive, quindi attuando ad esempio il prepensionamento di alcuni lavoratori.

In mancanza di un accordo devono essere rispettati i criteri stabiliti dalla legge, cioè va considerato

  • il carico di famiglia
  • l’anzianità
  • le esigenze tecnico-produttive

In realtà è lasciata un’ampia discrezionalità al datore di lavoro in questo contesto, ma deve in ogni caso rispettare la buona fede e la correttezza che regolano i rapporti tra le varie parti. Quindi egli dovrà individuare i lavoratori che subirebbero minori conseguenze negative perdendo il lavoro.Inoltre, non devono essere fatte discriminazioni in base al sesso, l’etnia o alle opinioni politiche.

In caso di citazione in Tribunale per scelta del dipendente licenziato, l’azienda dovrà, infatti, dimostrare di avere osservato i criteri di scelta previsti dalla legge. 

Lo Stato, quindi, opera una doppia tutela in questo caso, da una parte concede alle imprese in difficoltà di potere ridurre il personale, dall’altra pone dei limiti per tutelare i lavoratori.

Oltre a ciò, comunque sono previsti dei benefici per coloro che hanno perso il lavoro in questo modo. Al di fuori dei casi di prepensionamento, il datore di lavoro deve corrispondere ai lavoratori licenziati collettivamente un contributo di recesso pari al 41% del massimale Naspi, calcolato nel seguente modo:

  • ogni 12 mesi di anzianità di servizio
  • negli ultimi 3 anni di lavoro

Inoltre, i soggetti licenziati collettivamente godono del diritto di precedenza per una eventuale riassunzione nella stessa azienda, se dopo 6 mesi quest’ultima richiede nuove posizioni e figure analoghe a quelle dei soggetti.

Quando è possibile opporsi?

Nei paragrafi precedenti abbiamo descritto in quali casi può avvenire il licenziamento di più lavoratori, la procedura che l’azienda è tenuta a seguire e i criteri di scelta che deve adottare. Vediamo, ora, di capire come si può contestare la decisione aziendale, se non legittima.

Se non vengono rispettate le condizioni che abbiamo evidenziato nelle righe precedenti i dipendenti interessati possono opporsi, chiedendo a un giudice di verificare la correttezza della procedure. In sostanza deve essere esaminata la correttezza formale della procedura, ma anche la sussistenza dei requisiti e dei criteri previsti dalla legge.

Se sono presenti dei vizi formali o sostanziali, si tratta di licenziamento illegittimo.

Inoltre, nel caso in cui l’azienda, entro 6 mesi dalla decisione, faccia richiesta di nuove assunzioni analoghe a quelle dei dipendenti licenziati, gli stessi hanno il diritto di precedenza alla riassunzione.

Fonti normative

  • Legge 223 del 1991​
LICENZIAMENTI LICENZIAMENTO LICENZIAMENTO COLLETTIVO
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