Il contratto di appalto si riferisce a un’obbligazione presa da un imprenditore nei confronti di enti pubblici o privati, per la realizzazione di un’opera a fronte di un corrispettivo in denaro.
Il nostro sistema giuridico prevede particolari tipologie contrattuali, che hanno come oggetto il risultato finale e non l’attività svolta. L’obiettivo può essere quello di costruire un’opera, ma anche di erogare dei servizi.
La legge non prevede una forma prestabilita per il contratto d’appalto, tranne nei casi in cui esso è pubblico o inerente alla costruzione di navi e aeromobili.
Una delle caratteristiche principali dei contratti di questo tipo è il focus sull’esecuzione prolungata e non continuata.
In caso di inadempimenti di una delle parti o di vizi e difformità dell’opera è possibile la risoluzione giudiziale dell’appalto. In ogni caso, è possibile anche il recesso, come vedremo.
Il contratto di appalto viene descritto nell’art. 1655 del codice civile, nel seguente modo:
L'appalto è il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.
Da quanto possiamo leggere, quindi, è evidente che si tratta di un accordo stipulato per ottenere un determinato risultato finale e non per l’attività in essere. Ci sono, però, alcune sostanziali differenze con il cosiddetto contratto d’opera, dato che l’appaltatore non ha il compito di occuparsi personalmente dei lavori commissionati, ma può avvalersi della propria organizzazione.
L’oggetto può essere la realizzazione di un’opera architettonica, ma anche l’erogazione dei particolari servizi, sia a favore di enti pubblici che privati.
Non è prevista una particolare forma contrattuale, quindi gli accordi potrebbero essere presi anche oralmente, se non si tratta di appalti pubblici o della realizzazione di navi o aeromobili.
Va detto, comunque, che la forma orale è piuttosto pericolosa, dato che non esistono documenti probatori in caso di controversie.
Per riuscire a comprendere a pieno come funziona un contratto di appalto, è necessario fare un distinzione tra due diverse tipologie:
Ad ogni modo si tratta di un contratto che ha come oggetto l’esecuzione prolungata e non continuata di determinati lavori. Ciò significa che l’appaltatore risulta essere adempiente soltanto quando l’opera è portata a termine e collaudata. Solo in seguito esso ha il diritto a ricevere il compenso pattuito.
Se l’opera non rispetta quanto richiesto ed espressamente stabilito in sede contrattuale ci può essere la risoluzione, come vedremo a breve.
Per questo motivo, pur non essendo obbligatorio in tutti i casi, è consigliabile la forma contrattuale scritta, per avere delle prove in caso di controversie.
A tal proposito il l’art. 1657 del codice civile prevede che il corrispettivo possa essere determinato anche in un secondo momento, anche se succede di frequente.
Se le parti non hanno determinato la misura del corrispettivo né hanno stabilito il modo di determinarla, essa è calcolata con riferimento alle tariffe esistenti o agli usi; in mancanza, è determinata dal giudice.
In genere l’obbligazione è indivisibile, se non pattuito diversamente dalle parti. In alcuni casi, infatti, la verifica del lavoro svolto e il relativo pagamento possono essere fatti su singole partite, in proporzione alla quota di opera completata.
In genere la natura indivisibile della prestazione svolta dall’appaltatore presuppone che ad un inadempimento parziale corrisponda un problema generale all’intera esecuzione.
A tal proposito la domanda di risoluzione giudiziale del contratto di appalto presentata dal committente, può indurre quest’ultimo a non pagare per l’impresa per il lavoro svolto.
Ma cosa succede per la parte di opera già completata?
La parte di opera già realizzata sul fondo del proprietario rimarrà di proprietà di quest’ultimo.
La risoluzione del contratto di appalto, comunque, può avvenire anche a causa di difformità o vizi dell’opera, come sottolineato dall’art. 1668 cc:
Il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell'appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell'appaltatore.Se però le difformità o i vizi dell'opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto
Perciò, possiamo distinguere due situazioni diverse:
Il contratto, comunque, si può risolvere anche in via stragiudiziale, attraverso le seguenti ipotesi:
Le parti possono recedere dal contratto, determinando eventuali indennizzi, penali o risarcimenti danni da pagare.
Il recesso del committente ha delle conseguenze giuridiche, dato che deve risarcire l’impresa dalle spese sostenute fino a tale momento.
Tuttavia, se tale decisione avviene in seguito a inadempienze da parte dell’appaltatore, sarà quest’ultimo a dovere pagare i danni alla controparte.
La facoltà di recedere è concessa anche all’appaltatore, se l’importo delle variazioni supera di sesto di quanto pattuito inizialmente. In tal caso gli spetta una equa indennità.
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