L’accesso agli atti della Pubblica Amministrazione è regolato da varie leggi, come la n. 241 del 1990, ma ci sono delle novità in materia, introdotte dal Decreto Legislativo 97/2016 che ha introdotto il Freedom of Information Act (Foia).
In alcune situazioni un cittadino potrebbe avere l’esigenza di consultare dei documenti depositati dalla P.A.. Ha il diritto di potere avere una copia o sono protetti dal segreto?
In genere ogni soggetto ha il diritto di potere visionare dei documenti che lo riguardano, quindi rispetto ai quali ha un effettivo interesse. Almeno ciò era la prassi stabilita dalla legge del 1990.
Negli ultimi anni la situazioni è cambiata, con l’obiettivo di rendere l’operato della Pubblica Amministrazione più trasparente e per coinvolgere maggiormente i cittadini.
Dal 2016, infatti, non è necessario indicare delle motivazioni specifiche nella richiesta, anche se non viene concesso a chiunque il diritto di accedere agli atti.
Ma come funziona esattamente il procedimento? Scopriamolo insieme leggendo le righe seguenti.
Quando si parla di accesso agli atti si fa riferimento alle leggi che garantiscono il diritto dei cittadini ad accedere ad informazioni e documenti amministrativi, conservati presso determinati enti pubblici.
In particolare avere l’accesso significa potere visionare o richiedere una copia degli atti in questione.
Si tratta di una possibilità concessa per assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e per semplificare i rapporti e garantire agli interessati la partecipazione ai procedimenti che li riguardano o per i quali hanno determinati interessi.
Per documenti amministrativi si intende qualsiasi atto detenuto da una P.A. e concernente attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura privatistica o pubblicistica della disciplina.
Il diritto alla trasparenza, però, non può entrare in conflitto con il diritto alla riservatezza, quindi non è possibile visionare documenti che vedrebbero compromesso quest’ultimo.
In genere, comunque, l’accesso agli atti permette la partecipazione degli individui assicurando imparzialità e trasparenza. Ma non solo. Si tratta di permettere il tanto auspicato controllo sull’operato dello Stato da parte dei cittadini.
Ci sono, però, alcuni atti che non possono essere visionati, ad esempio:
Inoltre, l’accesso può essere negato se la divulgazione delle informazioni può provocare:
La norma di riferimento è stata introdotta negli anni 90 e ha lo scopo di migliorare la trasparenza dell’azione amministrativa, ma esistono anche altri riferimenti, come quello inerente all’accesso civile semplice, o le ultime novità legislative del 2016.
Ad ogni modo, rimangono sempre le applicazioni che i magistrati fanno di tali norme, ovvero delle interpretazioni che poi determinano aggiornamenti delle medesime.
La prima legge che in Italia ha regolato l’accesso agli atti è la n. 241 del 1990. La normativa prevede la possibilità che un cittadino possa visionare soltanto documenti per i quali ha un fondato interesse, quindi non per semplice curiosità.
In tal caso, quindi, la trasparenza è relativa soltanto ai fatti che riguardano un soggetto specifico, e non la collettività.
Con un gergo tecnico si dice che il richiedente è concreto, attuale, giuridicamente tutelato e collegato all’atto in questione.
Quindi, ad esempio, uno studente può chiedere la copia del proprio elaborato d’esame, per valutare il giudizio ricevuto, ma non può visionare quello degli altri.
La richiesta va fatta direttamente all’amministrazione pubblica, che deve rispondere entro 30 giorni, respingendo o accettando l’istanza. Se quest’ultima viene respinta, l’interessato può fare ricorso presso il Tribunale Amministrativo Regionale, TAR.
In alcuni casi la trasparenze viene assicurata pubblicando direttamente alcuni atti. Ovvero, la conoscenza diventa implicita, dato che non c’è più l’esigenza di chiedere una copia dei documenti, visto che sono pubblicati nel sito dell’ente coinvolto.
In questo modo il cittadino è informato in merito all’attività della P.A.
Gli enti, quindi, sono obbligati a rendere pubbliche alcune informazioni, per permettere ai soggetti interessati di potere conoscere le attività svolte.
Come abbiamo anticipato nel paragrafo precedente si tratta di un aspetto molto importante per consentire ai cittadini di potere controllare l’operato dello Stato e degli enti territoriali.
Se l’interessato non dovesse trovare le informazioni di interesse, online, può agire rivolgendosi al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza
Con il decreto legislativo 97/2016, inerente alla riforma della Pubblica Amministrazione, sono state introdotte diverse novità in materia.
La più significativa riguarda il cosiddetto Foia, “Freedom of Information Act”, ovvero la libertà di potere accedere agli atti.
Si tratta di una disposizione che la lo scopo di integrare le norme già in vigore e di regolarizzare l’accesso civico generalizzato.
Essa prevede che il cittadino possa conoscere dati e documenti pubblici a patto che questi non siano protetti da altri interessi, come ad esempio il segreto di Stato, e non vengano compromessi diritti privati come quello alla segretezza.
Secondo le novità normative del 2016, l’istanza rivolta all’ente non deve più essere motivata. Ma vediamo come funziona esattamente.
Per chiedere un documento, ad esempio ad un istituto scolastico, è sufficiente depositare la domanda presso la segreteria ed attendere una risposta.
L’istituto ha 30 giorni di tempo per decidere se assecondare o rigettare la richiesta.
Di fronte a un rifiuto l’interessato può fare domanda di riesame presso il l responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, che deve prendere un decisione entro 20 ulteriori giorni.
Se l’esito è ancora negativo il soggetto può rivolgersi al TAR.
Ma, è opportuno chiarire un concetto, per concludere il nostro argomento.
Seppur la nuova normativa abbia tolto l’obbligo di motivare la richiesta, non è ancora possibile l’accesso agli atti per pura curiosità, da parte di soggetti che non hanno interessi specifici in merito.
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