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Danno ambientale: cos’è e come funziona il risarcimento?

Il danno ambientale consiste nel deterioramento di una risorsa naturale, da valutare in base alla sua reale utilità. Deve essere significativo e misurabile. Vediamo quando è previsto un risarcimento.

Nel nostro Paese l’ambiente viene tutelato da un punto di vista giuridico attraverso il Codice Ambientale, ovvero al Decreto Legislativo 152/2006.

In sostanza viene riconosciuto come danno ambientale qualsiasi deterioramento oggettivo, cioè misurabile e significativo su risorse naturali considerati utili.

Nelle prossime righe cercheremo di capire di cosa si tratta nello specifico e in quali casi è previsto il risarcimento danni.

Cos’è il danno ambientale?

Negli ultimi anni l’opinione pubblica ha portato al centro di svariati dibattiti il tema dell’inquinamento ambientale e dei relativi rischi connessi per il pianeta e per la salute di tutti i suoi abitanti.

Da un punto di vista legale, è interessante analizzare come alcuni comportamenti scorretti possano danneggiare delle risorse utili alla collettività, e come di conseguenza il responsabile sia tenuto ad un risarcimento.

Il Codice, a tal proposito, fornisce un elenco di responsabilità ben definite, ovvero suddivide le varie competenze inerenti a:

  • prevenzione
  • risarcimento
  • ripristino 

I soggetti coinvolti sono il Ministero dell’Ambiente, gli enti locali ed eventuali società.

Non sempre, comunque, è possibile individuare un responsabile, oppure può succedere che quest’ultimo non possa provvedere economicamente al risarcimento o al ripristino delle risorse.
In tal caso, dato il grande valore dell’oggetto in questione, il Ministero dell’Ambiente provvede ad effettuare le spese necessarie, ovviamente con un diritto di rivalso nei confronti dei responsabili. Si tratta di un diritto che scade entro 5 anni dal pagamento.

Ma non solo. Il Ministero, infatti, ha anche il potere di mettere delle sanzioni e ingiunzioni con effetto immediato quando si tratta di un danno ambientale.

Chiunque è coinvolto da un danno ambientale, effettivo o possibile, può chiedere l’intervento dello Stato ed effettuare una richiesta di risarcimento.

L’Unione europea, attraverso la direttiva 2004/35/UE ha previsto un quadro giuridico di riferimento basato sul concetto che chi inquina deve pagare.

In particolare per danno ambientale si intende il danneggiamento::

  • di specie ed habitat naturali protetti: cambiamenti significativi sullo stato di conservazione di un ambiente, da considerare in relazione alle condizioni originarie
  • di acque: ovvero del loro stato ecologico, chimico o quantitativo. Ci si riferisce alle acque interne ma anche marine
  • ai terreni: contaminazioni che comportano dei rischi significativi per la salute umana. Queste possono avvenire attraverso l’introduzione in modo diretto o indiretto nel suolo o nel sottosuolo di sostanze, organismi o preparati

Il riferimento normativo

In Italia il legislatore ha attuato la Direttiva europea con il decreto legislativo 152/2006, ovvero con il Codice dell’Ambiente, in particolare con la sezione VI.

Non si tratta, comunque, della prima regolamentazione in materia presente nel nostro Paese. La prima definizione di danno ambientale, infatti, è stata introdotta dalla legge 349/1986. In particolare veniva definito come:

compromissione dell'ambiente attraverso un qualsiasi fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge

Ora, possiamo trovare una definizione più attuale leggendo l’art. 300 del Codice:

1. È danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima.
2. Ai sensi della direttiva 2004/35/CE costituisce danno ambientale il deterioramento, in confronto alle condizioni originarie

Ad ogni modo il campo di applicazione viene definito attraverso l’art. 298-bis, nel quale vengono elencate le attività professionali che possono essere considerate responsabili oggettivamente per danno ambientale, anche senza i requisiti del dolo e della colpa.

Quindi, sostanzialmente si possono verificare due diversi scenari, ovvero ci può essere la responsabilità per danno ambientale:

  • causato da una delle attività professionali elencate, cioè: industrie energetiche, produzione e trasformazione dei metalli, industrie minerarie, industrie chimiche, gestione dei rifiuti, produzione su larga scala di cellulosa, carta e cartone, tintura tessile e concerie, produzione su larga scala di cibo, carne e prodotti a base di latte;
  • causato a specie protette e habitat naturali, da attività professionali non elencate sopra, in caso di comportamento doloso o colposo.

La prevenzione 

Se il danno ambientale non si è ancora verificato, ma esiste una reale minaccia imminente che possa accadere, è prevista la cosiddetta azione di prevenzione.

In pratica l’operatore interessato deve adottare tutte le misure necessarie a prevenire i danni, a proprie spese, comunicando le azione intraprese al Comune, alla Provincia, alla Regione e al Prefetto, che in seguito informa il Ministero dell’Ambiente.

In caso di inadempimento è prevista una sanzione amministrativa non inferiore a mille euro e non superiore a tremila euro, calcolati per ogni giorno di ritardo.

Se invece il danno ambientale si è già verificato, l’operatore ha l’obbligo di avvisare immediatamente il Comune, la Provincia e il Prefetto ed eventualmente anche le autorità, inoltre ha il dovere di adottare tutte le soluzioni idonee per controllare, circoscrivere o eliminare gli effetti negativi.

In base a quanto sancito dal Codice dell’Ambiente e dalla direttiva europea, chi inquina deve pagare, perciò tutte le spese inerenti alla prevenzione o al ripristino delle risorse sono a carico del responsabile.

Come abbiamo sottolineato nelle righe precedenti, soltanto nel caso in cui il responsabile non sia stato individuato o non abbia le possibilità economiche interviene lo Stato, per poi esercitare un’azione di rivalsa nei confronti di quest’ultimo.

Il risarcimento

Inizialmente, con l’art. 18 della legge 349/1986 si affermava che:

qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge che comprometta l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, obbliga l’autore del fatto al risarcimento nei confronti dello Stato

In seguito, sono state introdotte delle modifiche attraverso:

  • il decreto legislativo 152/2006, ovvero il Codice dell’Ambiente
  • il decreto legge 135/2009 
  • la legge 97/2013

Gli ultime due provvedimenti sono stati introdotti per rimediare a procedure di infrazione Ue, in particolare alla procedura 2007/4679, inerente alla mancata trasposizione nelle norme italiane del regime di responsabilità oggettiva quando si tratta di attività pericolose

Le nuove disposizioni prevedono che

  • il risarcimento non può essere effettuato per equivalente pecuniario, ma solo con misure riparatorie
  • la riparazione deve seguire le linee guida che hanno lo scopo di tutelare la salute e la sicurezza pubblica. Ad ogni modo il costo della misura non deve essere sproporzionato rispetto ai vantaggi 
  • ciascun soggetto risponde solo per la responsabilità personale, quindi è necessario valutare lo stato di conservazione delle risorse prima del danno

L’art. 452 duodecies codice penale afferma che:

Quando pronuncia sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per taluno dei delitti previsti dal presente titolo, il giudice ordina il recupero e, ove tecnicamente possibile, il ripristino dello stato dei luoghi, ponendone l'esecuzione a carico del condannato e dei soggetti di cui all'articolo 197 del presente codice.
Al ripristino dello stato dei luoghi di cui al comma precedente si applicano le disposizioni di cui al titolo II della parte sesta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di ripristino ambientale

Fonti normative

  • Direttiva 2004/35/CE
  • Decreto legislativo 152/2006, ovvero il Codice dell’Ambiente
  • Decreto legge 135/2009 
  • Legge 97/2013
  • Art. 452 duodecies Codice penale
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