Il silenzio assenso è una regola introdotta per quanto riguarda la semplificazione dei procedimenti amministrativi. L’obiettivo è quello di evitare che i cittadini possano subire conseguenze negative a causa dell’inerzia della P.A.
Nel nostro Paese accade spesso che vengano effettuati degli errori nei rapporti tra cittadini e lo Stato. A volte, infatti, la Pubblica Amministrazione è responsabile di atti non corretti o del tutto infondati.
Cosa può fare l’interessato in questi casi? La prima mossa è quella di contattare l’ente responsabile, ma non sempre arriva una risposta. Per questo motivo il legislatore ha deciso di introdurre il cosiddetto silenzio assenso.
Nelle prossime righe analizzeremo come funziona questo particolare strumento, e in quali casi può essere utilizzato.
Con lo scopo di responsabilizzare la Pubblica Amministrazione in merito al proprio operato, e per tutelare i diritti e le pretese dei cittadini, è stato introdotto il silenzio assenso con la legge n. 241/1990.
In pratica accade che, se l’ente responsabile non si attiva per risolvere il problema entro il limite temporale previsto, un eventuale silenzio viene considerato come assenso, come ci suggerisce il termine stesso.
L’inerzia di un ente, quindi, viene interpretata dalla legge come un atto formativo, favorevole al cittadino. Ovviamente la P.A. può mettere in atto altri strumenti di autotutela come l’annullamento d’ufficio o la revoca del provvedimento.
Ad ogni modo non è possibile agire in tal senso soltanto se si tratta di procedimenti amministrativi collegati a:
In realtà, subito dopo l’introduzione della legge del 1990 è sorta una discussione in merito alla legittimità del silenzio assenso in riferimento a specifici contesti. Il Consiglio di Stato, in particolare, sosteneva di non dovere applicare il meccanismo in tutti i casi inerenti a interessi o valori rilevanti per il Paese.
Il silenzio assenso, quindi, era considerato come un procedimento derogatorio rispetto al principio generale che prevede di agire in modo esplicito e, in sostanza, lo stesso concetto è valido ancora oggi.
Perciò, solo in determinate situazioni, a fronte del silenzio dell’amministrazione oltre al termine stabilito, equivale ad un provvedimento di accoglienza dell’istanza stessa presentata da un soggetti privato.
Come abbiamo accennato nel paragrafo precedente, uno degli aspetti problematici di tale procedimento riguarda la definizione del suo campo di applicazione, valutando quali sono gli interessi ed i valori in gioco. In alcuni casi, infatti, quando le tematiche sono particolarmente rilevanti, quindi quando si parla di difesa e sicurezza nazionale, tutela della salute, ambiente e patrimonio culturale, non si può agire in tal senso.
In pratica, il silenzio assenso sicuramente consente al cittadino di evitare conseguenze negative a causa dell’inerzia della Pubblica Amministrazione, ma la mancanza dell’atto scritto, e quindi di una motivazione, non permette di effettuare delle verifiche in merito, pregiudicando il buon andamento della P.A. ma anche le ragioni del soggetto privato.
Per questo motivo, dopo avere analizzato le potenzialità ma anche i difetti dello strumento semplificativo, è stato emanato il decreto legge 35/2005, poi convertito con alcune modifiche nella legge 80/2005, prevedendo alcune specifiche eccezioni per limitare il campo di applicazione.
Inoltre, recentemente il Consiglio di Stato è intervenuto con la sentenza n. 5384/2019 per sottolineare che:
Il silenzio assenso su una domanda di sanatoria edilizia ai sensi dell’art. 39, L. n. 724/1994 si può produrre solo se per il rilascio della sanatoria vi siano tutti i requisiti formali e sostanziali, e in particolare risulti che le opere in questione sono state ultimate alla data prevista
Fino ad ora abbiamo visto che, in particolari contesti, se la P.A. non si pronuncia entro i termini previsti per legge in merito ad un’istanza di un cittadino, quest’ultima si considera accettata automaticamente.
Esiste però un’altra tipologia di provvedimento, speculare e contraria a quella che abbiamo descritto sopra. Il cosiddetto silenzio rigetto prevede che l’istanza venga rifiutata anche in mancanza di una risposta da parte dell’ente.
Ad ogni modo tale procedimento è valido solo per specifici atti previsti dalla legge.
Invece, al di fuori delle casistiche che abbiamo evidenziato, una mancata risposta da parte della P.A. viene considerato come un inadempimento. Tale situazione è la più diffusa in assoluto.
Ovviamente il silenzio assenso può essere valido soltanto se il cittadino possiede tutti i requisiti oggettivi e soggettivi previsti per l’espletamento dell’attività.
Il provvedimento tacito di autorizzazione viene escluso se l’interessato non possiede i requisiti necessari. Non è quindi possibile eludere dei controlli in questo modo. Va ricordato, infatti, che l’obiettivo è tutelare dei diritti che altrimenti non verrebbero rispettati a causa dell’inerzia della P.A.
In caso di mero inadempimento, invece, l’interessato può agire notificando all’ente un atto di diffida e messa in mora, concedendo all’ente di agire entro 30 giorni per poi impugnare il silenzio davanti al giudice. Il ricorso al TAR, tuttavia, può essere proposto anche senza avere inviato la diffida, ma entro un anno dalla scadenza dei termini per la conclusione del procedimento.
Il TAR ha il potere di intimare l’ente a fornire una risposta, ma anche di pronunciarsi sull’istanza stessa, in casi particolari.
Ad ogni modo il ricorso viene deciso in camera di consiglio, dopo avere sentito i difensori delle parti.
È possibile ottenere un risarcimento danni per il ritardo dell’ente?
La legge 241/1990 sottolinea che l’inosservanza dolosa o colposa del termine per concludere il procedimento determina la risarcibilità del danno da ritardo.
Il diritto del cittadino, però, si prescrive in 5 anni.
In merito all’azione risarcitoria, comunque, bisogna distinguere tre diverse ipotesi di ritardo:
Nel caso in cui venga accertata l’illegittimità di un provvedimento che ha causato dei danni ad un privato, ad esempio sottraendo dei beni di valore, la legge assicura un risarcimento che può avvenire in due forme:
Come si ottiene il risarcimento del danno da ritardo?
Che cosa deve fare il privato che intende richiedere il risarcimento del danno da ritardo? Nello specifico, il privato dovrà essere in grado di provare:
È opportuno sottolineare, tuttavia, che il danno da ritardo della P.A. è risarcibile solo se vi sia stato un danno ingiusto ulteriore rispetto al solo passare del tempo.
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