Il decreto ingiuntivo condominio può essere richiesto dall’amministratore in caso di condomini morosi per un periodo superiore a 6 mesi. La domanda al giudice può essere fatta senza l’approvazione dell’assemblea.
Il recupero crediti condominiale è caratterizzato da regole leggermente diverse rispetto ad altri casi. In tale situazione, infatti, è necessario conservare l’erogazione dei servizi comuni a tutti i condomini.
Ciò significa che, se un proprietario non paga il riscaldamento per diversi mesi, rischia di ricevere una ingiunzione di pagamento.
Ma non solo, il provvedimento è provvisoriamente esecutivo, quindi, il richiedente non deve attendere 40 giorni prima di procedere con l’esecuzione forzata, ma soltanto i 10 giorni obbligatori dopo la notifica dell’atto di precetto.
Ovviamente il moroso ha la possibilità di opporsi, ma ciò non toglie che possa subire subito un pignoramento.
Il decreto ingiuntivo è un provvedimento imposto dal giudice, su richiesta di un creditore, per imporre il pagamento di un debito a un soggetto inadempiente.
Ovviamente prima di essere emesso devono essere analizzate alcune prove scritte, per capire se ci sono gli estremi per procedere. Nel caso del condominio la prova è il bilancio approvato dall’assemblea.
Il decreto ingiuntivo condominio è un procedimento monitorio, ovvero non implica la presenza della controparte per fare partire l’iter. In altre parole si può definire come "inaudita altera parte", dato che il debitore viene a conoscenza dell’ingiunzione solo nel momento della notifica dell’atto giudiziario.
Si tratta di una opzione molto utilizzata per il recupero crediti di diversa natura, visto che i tempi sono notevolmente ridotti rispetto a una causa civile ordinaria, che può durare anni.
L’ingiunzione di pagamento, infatti, concede 40 giorni di tempo al debitore per saldare il debito, prima di procedere con il pignoramento dei beni.
In realtà è necessario attendere ulteriori 10 giorni, ovvero il termine concesso dall’atto di precetto, una sorta di ultimatum dato all’inadempiente.
In alcuni casi, però, è prevista una provvisoria esecutività, come nel caso del condominio. E’ quindi possibile agire forzatamente fin da subito, ma in caso di opposizione del debitore accolta dal giudice, sarà necessario procedere con una causa civile.
Quando si parla di recupero crediti condominiali si deve considerare che la materia è disciplinata da leggi ad hoc, dato che sono coinvolti gli interessi di vari soggetti.
Ad esempio se non vengono saldate le spese per l’erogazione di determinati servizi, c’è il rischio di una maggiorazione per gli altri proprietari che hanno pagato regolarmente, per evitare la sospensione del servizio stesso.
Ci sono, perciò, norme specifiche, volte a conservare l’erogazione dei servizi comuni a tutti i condomini.
L’art. 63 del codice civile afferma, infatti, che:
1. Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi.
2. I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini.
Quindi la società fornitrice di un dato servizio, ovvero il creditore, prima di procedere nei confronti degli altri condomini in regola con i pagamenti deve rivalersi nei confronti dei debitori.
Ma, è compito dell’amministratore di condominio, fare istanza al giudice se alcuni soggetti non pagano per 6 mesi le spese dovute e concordate.
Tale azione può essere intrapresa senza consultare l’assemblea, ma è necessario presentare al giudice il piano di ripartizione delle spese approvato da quest’ultima, come prova scritta.
Risulta quindi evidente il ruolo centrale dell’amministrazione per quando riguarda l’istanza per un decreto ingiuntivo per il condominio.
Va sottolineato, comunque, che il provvedimento deve essere azionato nei confronti del legittimo proprietario dell’immobile, quindi non possono essere coinvolti eventuali inquilini con un contratto di locazione o condomini apparenti, ovvero i soggetti che si occupano generalmente dei pagamenti, magari parenti dell’intestatario.
Se l’immobile viene venduto, l’acquirente è obbligato in solido nei confronti dei contributi dell’anno in corso e di quello precedente. Ad ogni modo l’azione legale viene esercitata nei confronti del proprietario attuale, risultante dai registri pubblici.
Come abbiamo accennato nelle righe precedenti il decreto ingiuntivo per il condominio ha la caratteristica di essere provvisoriamente esecutivo. Ma cosa significa?
Sebbene generalmente al debitore vengano concessi 40 giorni di tempo per saldare i debiti, dal momento della notifica dell’atto, per il recupero crediti condominiale, il soggetto richiedente può agire immediatamente per pignorare i beni di quest’ultimo.
In realtà è necessario attendere almeno i 10 giorni obbligatori dopo la notifica dell’atto di precetto.
In ogni caso la possibilità di agire in tempi più brevi non implica che il debitore non possa esercitare il diritto di opporsi al provvedimento entro 40 giorni dalla notifica.
Egli, infatti, ha la facoltà di contestare la decisione del giudice. Se la contestazione viene accolta, gli deve essere restituito quanto versato ingiustamente, compresi i beni già pignorati. Ad ogni modo si avvia una causa civile durante la quale le parti potranno esporre i propri interessi e diritti.
Nei paragrafi precedenti abbiamo visto che, per recuperare dei crediti condominiali, sono previste delle norme ad hoc, che si differenziano leggermente da quelle ordinarie, dato che sono coinvolti gli interessi di diversi soggetti.
Il mancato pagamento delle spese di riscaldamento da parte di un proprietario, infatti, potrebbe avere delle ripercussioni negative anche per gli altri soggetti che hanno pagato regolarmente le spese. Ad esempio la ditta fornitrice potrebbe addebitare la cifra a questi ultimi.
Per questo motivo con la riforma del 2012 il legislatore ha deciso di incaricare l’amministratore a recuperare i pagamenti anche attraverso azioni legali.
In particolare egli è obbligato ad agire e non può decidere in modo discrezionale come in passato.
Tale cambiamento normativo è stato introdotto per evitare di innescare favoritismi come in passato. Infatti alcuni soggetti inadempienti potevano essere avvantaggiati da rapporti di amicizia con l’amministratore.
Prima del 2012, in realtà la questione veniva quasi sempre risolta semplicemente attraverso l’invio di lettere di sollecito bonarie.
Ora, invece, egli è obbligato a intraprendere l’azione legale che ritiene essere più opportuna per risolvere la situazione, entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio.
Se non adempie a tale obbligo l’amministratore può essere revocato dall’incarico per grave irregolarità.
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