I fabbricati collabenti sono quelli che non producono reddito, pertanto ruderi, unità immobiliari
fatiscenti, parzialmente demolite o con il tetto crollato.
I fabbricati collabenti sono quelli che non producono reddito, pertanto ruderi, unità immobiliari
fatiscenti, parzialmente demolite o con il tetto crollato.
Dal punto di vista catastale sono censiti nella categoria F/2 – unità collabenti e sono assoggettati ad
una particolare disciplina per quanto riguarda la compravendita, la tassazione e la gestione in
genere.
Secondo la normativa vigente devono essere obbligatoriamente accatastate le unità immobiliari che
siano suscettibili di produrre reddito.
Poiché i fabbricati collabenti non rientrano tra queste per esse non vi è obbligo di accatastamento.
Possono tuttavia essere iscritte in catasto senza attribuzione di una rendita.
Più specificatamente il Decreto Ministeriale n. 28 del 2 gennaio del 1998 reca le norme in materia
di costituzione del catasto dei fabbricati. L’articolo 2 del decreto dà una prima indicazione rispetto
l’unità immobiliare e prosegue poi indicando che “ai soli fini della identificazione possono formare
oggetto di iscrizione in catasto, senza attribuzione di rendita catastale, ma con descrizione dei
caratteri specifici e della destinazione d’uso” anche le “costruzioni inidonee ad utilizzazioni
produttive di reddito, a causa dell’accentuato livello di degrado. Si parla in particolare dei
seguenti immobili:
Per cui, diventano oggetto di iscrizione catastale anche tutti i fabbricati collabenti, come unità
immobiliari non idonee ad utilizzi che producano reddito. Quindi, anche senza che sia ad essi
attribuita una rendita catastale, è necessario censirli e descriverne le caratteristiche. Sono
esclusi solo i manufatti che non è possibile delimitare o perimetrare.
Per accatastare un immobile come unità collabente nella suddetta categoria F/2 è necessario seguire
un preciso iter. Innanzitutto, un edificio esistente e in accatastato diversamente per passare nella
categoria delle unità collabenti non può semplicemente essere declassato con un aggiornamento
catastale. Si dovrà procedere con una sospensione della vecchia unità, per procedere poi con un
nuovo accatastamento.
Possono e non devono essere accatastate e per essere accatastate occorre una specifica procedura
mediante DOCFA. Secondo le precisazioni della Agenzia delle Entrate il professionista che si
occupa di procedere all’accatastamento di dette unità immobiliari deve redigere una dettagliata
relazione descrittiva, datata e firmata, dello stato dei luoghi del manufatto, accompagnata da una
documentazione fotografica completa. Dalla documentazione deve risultare in particolare lo stato
delle strutture e delle dotazioni tecnologiche. Inoltre occorre che allegata alla documentazione vi sia
anche una autocertificazione del proprietario che attesta l’assenza di allacciamento alla rete dei
servizi pubblici dell’energia elettrica, del gas e dell’acqua.
L’Agenzia delle Entrate precisa poi che non sono accatastabili quei fabbricati che:
L’art. 19 del DL 31/05/2010 n. 78 prevede che negli atti di trasferimento il proprietario debba
rilasciare una dichiarazione in merito alla conformità catastale dell’immobile.
Restano esclusi da tale obbligo gli edifici fatiscenti o allo stato diruto quindi i così detti immobili
collabenti.
Ne consegue che la vendita o il trasferimento a titolo gratuito di una unità di tali beni possano essere
effettuate senza rilasciare alcuna dichiarazione in merito alla conformità catastale dal momento che
non sussiste come detto l’obbligo di accatastamento.
La legge prevede, infatti, che in queste circostanze siano disponibili l’identificazione catastale, il
riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione di conformità di quanto
depositato in catasto rispetto allo stato di fatto.
L’art. 19 del D.L. 31/05/2010 n.78 prevede come noto che gli atti pubblici o scritture private aventi
ad oggetto diritti reali su fabbricati, a pena di nullità, devono contenere, per le unità immobiliari
urbane, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la
dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali
e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta
dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato
alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale.
A tal proposito la Circ. Ag. Territorio 09/07/2010 n.2 ha chiarito che sono esclusi dall’obbligo, tra
gli altri, i fabbricati iscritti in catasto come “unità collabenti”, in quanto non più abitabili o
servibili all’uso cui sono destinati.
Gli interventi edilizi sui fabbricati collabenti possono essere considerati di ristrutturazione edilizia.
Infatti, nella definizione di ristrutturazione edilizia contenuta all’art. 3 del d.P.R. 380/01 (Testo
Unico dell’Edilizia) rientrano anche gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi,
eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne
la preesistente consistenza.
Un intervento di questo tipo può essere realizzato con la presentazione di una SCIA (Segnalazione
Certificata di Inizio Attività), ma per poterlo fare è indispensabile provare la consistenza
preesistente dell’edificio.
Se non si fornisce tale prova l’intervento viene considerato di nuova costruzione e per esso va
richiesto un permesso a costruire.
I fabbricati collabenti non possono invece essere sottoposti ad interventi di manutenzione ordinaria,
straordinaria e risanamento conservativo. Detti interventi infatti presuppongono l’esistenza di un
edificio ultimato in cui si intende completare o rinnovare la funzionalità.
I fabbricati collabenti non producono alcuna rendita e pertanto non sono assoggettati all’IMU.
Tuttavia, bisogna distinguere tra un fabbricato effettivamente collabente e un edificio quasi
interamente crollato, di cui rimangono magari in piedi solo poche file di mattoni. In questo caso, il
manufatto non potrà più essere considerato un fabbricato, ma dovrà essere valutato come area
edificabile e come tale sarà suscettibile di imposizione fiscale.
Un altro distinguo va fatto per i fabbricati non collabenti, ma considerati inagibili o inabilitabili.
Un fabbricato viene definito inagibile quando non è staticamente idoneo, cioè presenta delle
carenze strutturali pericolose per l’incolumità degli occupanti; è invece definito inabitabile quando,
seppure staticamente idoneo, non presenta le condizioni igienico – sanitarie necessarie per essere
abitato (ad esempio manca l’acqua corrente).
In queste condizioni l’IMU è comunque dovuta, ma è prevista una riduzione al 50% ella base
imponibile su cui calcolarla.
Per poter godere di questa riduzione, l’unità immobiliare, oltre a essere inagibile e inabitabile, deve
risultare però effettivamente non abitata, e ciò si può desumere dai consumi di acqua, luce e gas. Se
risulta abitata, l’IMU è dovuta per intero.
31.01.2022 by Avv. Cristina Vanni
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