Si definisce infortunio in itinere, un infortunio che avviene al di fuori del luogo di lavoro e per essere riconosciuto tale deve rispondere a determinati criteri. Si differisce dal normale infortunio, sia nella sostanza che nella gestione dello stesso da parte dell'azienda per cui si lavora.
Perché si parli d’infortunio in itinere, nello specifico, questo deve accadere:
• Nello spostamento tra una sede lavorativa e un’altra (nel caso l’azienda abbia più sedi operative);
• Nel tragitto da casa per il luogo di lavoro e viceversa;
• Nel tragitto dal luogo di occupazione a quello in cui si effettua la pausa pranzo, in assenza di mensa aziendale e viceversa;
L’infortunio sul lavoro è determinato da una “causa violenta”, un fattore che opera con azione acuta e concentrata in un lasso di tempo, che risponde a determinate peculiarità: efficienza, rapidità ed esteriorità, causando un danno psico-fisico al lavoratore. Può avere origine da sostanze tossiche, virus, microrganismi, parassiti, da condizioni climatiche o microclimatiche, ma anche da sforzi muscolari. Tale causa violenta può determinare un’inabilità temporanea assoluta più lunga di tre giorni, un’inabilità permanente o, nei casi più gravi, può condurre alla morte del lavoratore.
Il suddetto infortunio sul lavoro è stato oggetto della nascita dell’assicurazione sociale per gli infortuni sul lavoro, introdotta per la prima volta con la legge n°80 del 17 marzo 1898 per far fronte ai numerosi incidenti che accadevano sul luogo d’impiego. A seguire, fu introdotta l’assicurazione per le malattie professionali (R.D. n. 92813 maggio 1929) e il Testo Unico delle disposizioni in materia di assicurazione obbligatoria (d.p.r. 30 giugno 1965 n.1124).
Oggi la norma prevede un indennizzo anche per chi subisce l’infortunio in itinere, ma perché si possa identificare come tale, va valutato attraverso diversi fattori.
Ad esempio, lo spostamento stesso è soggetto a precisi parametri: deve avvenire per motivi strettamente connessi all’attività lavorativa e deve seguire una certa regolarità. La norma, infatti, parla di “normale percorso”, riferendosi al tragitto percorribile più breve e regolare, ovvero, quello abituale compiuto dal lavoratore. Tale percorso però, può subire delle variazioni.
Perché sussista l’infortunio in itinere dunque, è necessario che il lavoratore venga colpito all’esterno del luogo d'impiego, durante il percorso che lo conduce al posto di occupazione e viceversa. Ma tale percorso può subire variazioni?
Si, il tragitto abituale può subire dei cambiamenti dovuti a interruzioni o deviazioni, che possono scaturire da:
• Cause di forza maggiore (ad esempio se si rompe il mezzo di locomozione o la via è interrotta per lavori in corso);
• Un ordine impartito dal datore di lavoro (come raggiungere un luogo da lui designato);
• Esigenze fisiologiche e/o personali (ad esempio accompagnare i figli a scuola);
• Adempimento a obblighi penalmente rilevanti (come prestare soccorso in caso di incidenti);
Inizialmente la norma prevedeva l’indennizzo solo per coloro che si spostassero con mezzi ordinari, ovvero, a piedi o con mezzi pubblici. Questa scelta è da attribuirsi a un carattere estremamente legato al contenimento degli oneri economici, infatti è sicuramente più probabile che alcuni incidenti possano avvenire con il proprio mezzo di trasporto e poi farli passare per infortunio avvenuto durante lo spostamento lavorativo.
La normativa però tutela il lavoratore, dando spazio all’utilizzo del proprio mezzo nel caso in cui questo sia effettivamente necessitato da precise motivazioni:
• Il luogo d'impiego e l’abitazione non sono collegati da mezzi pubblici e non sono raggiungibili a piedi;
• I tempi impiegati per gli spostamenti con mezzi pubblici sono molto lunghi e incompatibili con le esigenze del lavoratore e della sua famiglia (inclusa l’attesa dei mezzi stessi);
• Gli orari dei mezzi pubblici non sono compatibili con quelli dell’attività lavorativa;
• La distanza tra l’abitazione e la fermata più vicina è eccessiva e difficile da colmare in tempi brevi;
• Il mezzo di trasporto è fornito dal datore di lavoro e per esigenze lavorative;
• Il percorso con mezzo proprio viene coperto in un tempo molto minore che con i mezzi pubblici o a piedi (si risparmia un’ora o più a tratta);
• Il tragitto deve essere quello abituale e non percorso per scopi privati;
Inoltre, nel caso in cui più lavoratori utilizzino un unico mezzo privato per recarsi a lavoro, l’utilizzo è da considerarsi necessitato per tutti.
Inizialmente la normativa (art.12 d.lgs.38/2000) prevedeva l’indennizzo solo se il velocipede fosse utilizzato nelle apposite piste ciclabili e non se si fosse deciso di intraprendere la strada, percorrendola in mezzo al traffico e ai veicoli a motore.
Successivamente, in virtù dei benefici ambientali e di una mobilità sempre più eco sostenibile, dati dall’utilizzo di mezzi non a motore, è stata modificata la legge, specificatamente l’art. 5 comma 5 della L. 221/2015, l’art. 210 del T.U. n. 1124/1965 e anche la giurisprudenza poi con la Cassazione civile n°21516/2018. Pertanto, l’uso della bicicletta è da intendersi sempre necessitato e il lavoratore tutelato.
Abbiamo visto che l’INAIL riconosce l’indennizzo e tutela il lavoratore anche in caso d’infortunio in itinere, se questo risponde ai determinati criteri sopra esposti. Ci sono dei casi però in cui l’ente non indennizza l’infortunato, ovvero, se l’infortunio è causato da:
• Abuso di sostanze tossiche, alcoliche o psicofarmaci -non terapeutici-;
• Uso di stupefacenti o allucinogeni;
• Conducente sprovvisto di patente di guida;
• Deviazioni compiute volutamente dal lavoratore;
• Violazione del codice della strada;
• Deviazioni o soste dovute a esigenze strettamente personali;
In base alla gravità dell’infortunio, il lavoratore dovrà contattare il medico competente aziendale (se presente), il proprio medico di base o rivolgersi al pronto soccorso. Successivamente alle visite, gli verrà rilasciata una certificazione medica che attesta la diagnosi e l’arco temporale previsto per l’inabilità al lavoro.
Sarà cura del medico, o della struttura che ha visitato il lavoratore, inoltrare all’INAIL tale certificato medico. Sarà invece premura del lavoratore avvertire tempestivamente il datore di lavoro e fornirgli il numero di riferimento del certificato; il datore di lavoro poi, dovrà provvedere a fare denuncia o comunicazione d’infortunio.
Fonti normative:
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