A causa del Coronavirus le locazioni sono diventate problematiche per le famiglie ma soprattutto per i commercianti che hanno dovuto chiudere a causa del DPCM del 22 marzo.
In molti si chiedono se sia possibile adottare delle soluzioni per arginare il problema, ad esempio chiedendo la sospensione o la riduzione dei canoni per immobili ad uso commerciale o abitativo non utilizzati, evocando istituti giuridici quali l’impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore e l’eccessiva onerosità della prestazione del pagamento del canone di locazione.
Nelle prossime righe faremo un po’ di chiarezza in merito, sottolineando anche quali sono i soggetti che possono beneficiare del credito d’imposta del 60% sui canoni di locazione dei mesi di marzo, aprile e maggio, come previsto dal Decreto Rilancio.
Per quanto riguarda le locazioni di immobili ad uso abitativo, non sono previste riduzioni del canone d’affitto, che deve essere quindi pagato regolarmente come sempre.
Ad ogni modo, considerando che molti hanno perso il reddito a causa dell’emergenza Covid-19, il Governo ha sospeso i provvedimenti esecutivi fino al 30 giugno 2020.
Ciò non significa che gli inquilini sono autorizzati a non pagare, ma che eventuali azioni di sfratto non potranno essere esercitate prima di tale data, salvo ulteriori proroghe. Solitamente, in caso di ritardo nei pagamenti il locatore può intimare il procedimento di sfratto per morosità, decorsi 20 giorni dalla scadenza dei pagamenti.
Non è stato deciso nulla, invece, per quanto riguarda la sospensione o la riduzione del canone ed eventuali oneri accessori come le spese di condominio e il riscaldamento. Gli interessati, perciò, dovranno cercare di accordarsi con il proprietario per modificare quanto stabilito nel contratto, anche in modo temporaneo.
Entrambe le parti, d’altronde, possono essere interessate ad individuare nuove condizioni contrattuali. Il locatore può essere propenso a mantenere attivo il rapporto per evitare di essere penalizzato dalla morosità dell’inquilino, e quest’ultimo sicuramente desidera continuare a vivere presso la propria abitazione.
Il discorso non cambia per quanto riguarda gli studenti fuori sede cha hanno scelto di tornare in famiglia, considerando la sospensione delle lezioni. Per legge non è prevista alcuna riduzione nel canone da pagare.
Nessuno, infatti, vieta agli studenti di vivere negli immobili locati, non ci sono elementi sopraggiunti che li rendono inutilizzabili. Decidere di tornare a casa dai genitori è solamente una scelta personale, non dipende da una situazione oggettiva.
Né il Governo, né il locatore hanno messo in atto delle azioni per rendere inutilizzabile l’immobile, sottraendolo alla libera disponibilità del conduttore.
Anche per quanto riguarda le locazioni ad uso commerciale, eventuali procedimenti esecutivi sono sospesi fino al 30 giugno 2020. Si tratta di una magra consolazione per chi è stato costretto a chiudere l’attività e non ha avuto dei guadagni in questo periodo, proviamo quindi ad analizzare quali sono le opzioni a disposizione secondo le norme italiane in materia.
Nel codice civile si fa riferimento alla possibilità di ritardare il pagamento del canone di locazione nel caso di temporanea impossibilità, l’art. 1256 al secondo comma afferma infatti che:
se l'impossibilità è solo temporanea, il debitore finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell'adempimento
Per potere procedere in tal senso è necessario che l’impossibilità a svolgere la prestazione sia:
Ovviamente gli esercizi commerciali che sono stati autorizzati a restare aperti anche durante l’emergenza Coronavirus, non possono avvalersi di tale possibilità, essendo tenuti ad adempiere all’obbligazione contrattuale.
In ogni caso, i canoni dovranno comunque essere pagati, quindi il debito accumulato dovrà essere saldato, seppur in ritardo.
Un’altra norma, invece, prende in esame le reciproche prestazioni delle parti, per comprendere se il canone è divenuto troppo oneroso rispetto alla controprestazione, cioè rispetto al godimento del bene, a causa di avvenimenti straordinari o imprevedibili. L’art. 1467 del codice civile sottolinea:
Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall'articolo 1458.
La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell'alea normale del contratto.
La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.
A causa dell’emergenza Covid-19, sostanzialmente, potrebbe verificarsi uno squilibrio patrimoniale tra i due contraenti, e una delle parti potrebbe non riuscire a portare a compimento l’obbligazione. Una tale situazione potrebbe giustificare la risoluzione unilaterale.
Ad ogni modo, l’argomento è piuttosto complesso ed ogni situazione deve essere analizzata a fondo per capire effettivamente come sia possibile agire. Per questo vi invito a contattarmi per avere maggiori informazioni in merito.
Tra le varie misure introdotte con il decreto n. 18/2020, conosciuto anche come “Cura Italia”, c’era anche la possibilità di ottenere un credito d’imposta del 60% sul canone di locazione del mese di marzo, ma soltanto per botteghe e negozi costretti forzatamente a rimanere chiusi, e in riferimento ad immobili rientranti nella categoria catastale C/1.
Con il Decreto Rilancio del mese di maggio, tuttavia, sono state introdotte alcune novità in merito:
Va sottolineato, comunque, che il credito d’imposta non viene erogato sotto forma di sussidio economico, ma si può utilizzare in compensazione, ovvero come sconto sulle imposte dovute.
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