Il pignoramento presso terzi è una tipologia di espropriazione dei beni non ancora in possesso del debitore, perché si trovano presso terzi, come ad esempio lo stipendio, o il denaro nel conto corrente. Ma come funziona esattamente? E’ possibile opporsi?
Il creditore, se non riesce a recuperare il proprio credito attraverso attività stragiudiziali, volte a sollecitare il pagamento in modo “pacifico”, attraverso telefonate o email informali, o con una più esplicita lettera di messa in mora, può intraprendere azioni giudiziali.
Il decreto ingiuntivo è la modalità più diffusa, e più veloce, per potere intimare un pagamento.
Scaduti i termini previsti, infatti, l’interessato può effettuare il cosiddetto pignoramento presso terzi, ovvero può prelevare parte dello stipendio o dei soldi nel conto corrente del debitore.
Si tratta di una modalità molto diffusa, in quanto risulta più semplice pignorare somme di denaro, rispetto a beni immobili, che poi devono essere venduti all’asta per ricavarne la cifra dovuta.
Vediamo, quindi, in quali casi è possibile agire in tal senso, quali sono i limiti, e come può opporsi il soggetto inadempiente.
Quando un individuo non rispetta gli obblighi presi, rischia di subire delle azioni esecutive, ovvero vedersi pignorare alcuni beni immobili o mobili per saldare il debito che ha contratto.
Il creditore, infatti, dopo vari solleciti andati a vuoto, può decidere di agire in modo giudiziale, chiedendo a un giudice di emettere un decreto ingiuntivo, cioè un ordine formale a procedere con il saldo delle cifre dovute o con la consegna di beni dello stesso valore.
In particolare insieme all’ingiunzione di pagamento, o in un secondo momento, può essere notificato anche l’atto di precetto, ovvero l’ultimo avvertimento, per avvisare l’inadempiente dell’imminente esecuzione forzata se non paga il debito.
L’azione esecutiva può consistere in un pignoramento presso terzi, quindi di denaro non ancora in possesso del debitore, ma che comunque gli spetta di diritto.
In realtà possono essere coinvolti svariati beni mobili, ma quasi sempre si aggrediscono direttamente le somme di denaro per praticità, dato che non è necessario procedere con la vendita all’asta.
I casi più frequenti riguardano il pignoramento del conto corrente, dello stipendio o della pensione. Si tratta quindi, di denaro che potenzialmente è di proprietà del debitore, ma non ancora maturato, o conservato presso un istituto bancario.
In altre parole possiamo dire che il creditore decide di agire nei confronti del debitore del debitore, detto anche “debitor debitoris”. I crediti del debitore vengono perciò bloccati prima che il terzo li versi come pattuito.
In questo senso il datore di lavoro è in debito con il dipendente, dato che in cambio di una prestazione lavorativa deve retribuirlo mensilmente, come da contratto. Lo stesso discorso vale per la pensione, che l’Inps deve erogare puntualmente al soggetto.
Per legge, comunque, non è possibile pignorare oltre un quinto di tali cifre, per permettere al debitore di poter far fronte alle spese necessarie per sopravvivere.
Per quanto riguarda un conto corrente, il correntista è il proprietario della somma depositata presso la banca, e quest’ultima quindi ha un debito nei suoi confronti.
Come abbiamo accennato sopra, sebbene la legge prevede la possibilità di agire nei confronti di qualsiasi bene, quasi sempre l’oggetto tipico è il denaro, visto che ovviamente non c’è la necessità di vederlo all’asta.
Tra i principali crediti che possono essere pignorati, elenchiamo:
Ad ogni modo non sempre è facile sapere in anticipo cosa è possibile pignorare, perciò il creditore deve fare un richiesta al tribunale per avere l’autorizzazione per una ricerca telematica dei beni dell’inadempiente. In pratica deve chiedere di poter avere accesso alla cosiddetta Anagrafe tributaria e al Registro dei rapporti finanziari, tenuti dal Fisco, per capire se è possibile procedere.
Individuando i vari debitor debitoris, infatti, egli può bloccare le somme prima che vengano versate.
Prima di procedere in tal senso, però, è indispensabile possedere un titolo esecutivo, ad esempio:
Inoltre, deve essere stato notificato al debitore anche l’atto di precetto, ovvero l’ultimo sollecito per effettuare il pagamento entro 10 giorni.
Per quanto riguarda i crediti futuri, non ancora esigibili e liquidi, la legge fissa il limite massimo di scadenza in 90 giorni, ma a patto che esso sia comunque certo e non soltanto ipotetico.
Detto ciò non si possono prelevare somme inerenti a:
La notifica dell'atto esecutivo deve essere fatta all’indirizzo di residenza del debitore, dato che ha il diritto di sapere cosa sta accadendo.
E’ necessario, però, notificare la decisione anche al terzo, per intimare di non effettuare il pagamento e di trattenere la cifra. Tali somme devono essere custodite da quest’ultimo fino a quando il giudice non ordina materialmente di accreditarle all’interessato.
La notifica avviene tramite un ufficiale giudiziario, presso:
Se il debitore non si oppone all’esecuzione, si avvia la procedura e il terzo deve comunicare l’ammontare delle cifre. Quindi la banca deve dichiarare il saldo del conto corrente, e il datore di lavoro l’importo medio dello stipendio. Durante un’udienza, poi, il giudice provvede ad assegnare le somme al creditore, nella misura prevista dalla legge.
Il soggetto inadempiente ha la possibilità di opporsi:
Nella prima ipotesi può contestare l’esistenza stessa del debito o il suo ammontare, cioè la “sostanza”. Ad esempio può mettere in dubbio:
L’opposizione può avvenire in modo preventivo, già contro l’atto di precetto o dopo l’avvio del procedimento. Non ci sono, comunque dei termini da rispettare, anche se è necessario agire prima che l’esecuzione sia completata.
Gli atti esecutivi, invece, possono essere contestati per vizi di forma, cioè per:
In questo caso, però, la contestazione deve essere inviata entro 20 giorni dalla notifica dell’atto.
In realtà anche il terzo può opporsi se i beni in oggetto non riguardano il debitore ma altri soggetti. Può accadere ad esempio se una casa è già stata venduta, se il conto corrente appartiene al coniuge in regime di separazione dei beni, ecc.
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