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Quietanza di pagamento: è una prova valida?

La quietanza di pagamento è un documento nel quale emerge che il debito è stato estinto, e che il creditore non può vantare più nulla dal debitore. Ma è sempre una prova valida? Quando può essere contestata? Scopriamolo insieme

Soprattutto in questo periodo storico caratterizzata da una forte crisi economica, sono sempre più frequenti i casi in cui un soggetto non riesca a fare fede alle obbligazioni assunte. Le richieste di recupero crediti, infatti, negli ultimi anni sono aumentate molto, e spesso gli inadempienti si ritrovano coinvolti in procedimenti giudiziali spiacevoli che possono comportare il pignoramento dei beni.

Ma cosa accade quando, invece, il debitore assolve il proprio debito? Può dormire sonno tranquilli, o c’è sempre il rischio che qualcuno arrivi a bussare alla sua porta?

La quietanza di pagamento, ha l’obiettivo di dimostrare il versamento effettuato, ma viene sempre considerata come prova certa? Quando può essere contestata dalla controparte?

Non sempre si tratta di una prova invincibile, come vedremo.

Cos’è una quietanza di pagamento?

Si tratta di un documento che il debitore ha il diritto di ricevere, come stabilito dall’art. 1199 del codice civile:

Il creditore che riceve il pagamento deve, a richiesta e a spese del debitore, rilasciare quietanza [1195, 1196] e farne annotazione sul titolo, se questo non è restituito al debitore [2213 2, 2704, 2726].
Il rilascio di una quietanza per il capitale fa presumere il pagamento degli interessi.

Da quanto possiamo leggere, si tratta di un documento per il quale non è prevista una formalità particolare, ma deve accertare il pagamento avvenuto. Ovviamente, per avere un valore deve essere fatta in forma scritta e deve essere firmata dal creditore.

Inoltre, è necessario darne atti anche sul titolo in oggetto, ad esempio un contratto o una scrittura privata, che comprovava l’esistenza del debito stesso.

L’obiettivo è quello di ottenere una “liberatoria”, dato che in caso di inadempimento, il codice civile in materia di responsabilità contrattuale, prevede che l’onere della prova sia a carico del debitore. Ciò significa che, in caso di contestazioni deve avere la possibilità di dimostrare di avere effettuato il pagamento.
Per questo motivo il creditore è obbligato dalla legge a firmare il documento, se richiesto dall’interessato.

Detto ciò va precisato che, in tale documento, si attesta anche il regolare versamento di eventuali interessi dovuti per il ritardo nell’adempimento, quindi non è più possibile agire nei confronti del soggetto.

La questione si complica se un individuo risulta essere debitore più volte nei confronti di un altro, ad esempio può avere richiesto un prestito e dopo un periodo può avere causato dei danni a quest’ultimo. Il problema in questo caso è capire a quale situazione vengono imputati i soldi versati, se non coprono l’intera cifra.

L’art. 1193 del codice civile, sottolinea che:

Chi ha più debiti della medesima specie verso la stessa persona può dichiarare, quando paga, quale debito intende soddisfare.
In mancanza di tale dichiarazione, il pagamento deve essere imputato al debito scaduto; tra più debiti scaduti, a quello meno garantito; tra più debiti ugualmente garantiti, al più oneroso per il debitore; tra più debiti ugualmente onerosi, al più antico. Se tali criteri non soccorrono, l'imputazione è fatta proporzionalmente ai vari debiti

Quindi è il debitore stesso a dovere precisare a quale debito si riferisce il pagamento, se non viene espressa alcuna preferenza, vengono utilizzati i parametri prestabiliti dalla legge. E' sempre ben, comunque, indicare a cosa si riferisce il versamento.

Ad ogni modo il creditore può decidere in merito all’imputazione, che può essere impugnata dal debitore tempestivamente.

Fattura elettronica

La fattura elettronica non va mai confusa con la quietanza, essendo un documento molto simile anche se fondamentalmente diverso: la principale differenza sta in chi emette quietanza di pagamento. Nel caso in cui il soggetto non possieda partita IVA, non dovendo infatti segnalare l’IVA applicabile alla transazione relativa ad un determinato bene o servizio. Inoltre, nelle fatture elettroniche, la numerazione progressiva è obbligatoria, mentre nelle quietanze è a discrezione del soggetto e non è indispensabile. Anche la causale cambia, essendo invece necessaria nella fatturazione elettronica, a differenza della quietanza, in cui resta opzionale, ma sempre gradita ed utile.

La quietanza di pagamento è una prova valida?

Fino ad ora abbiamo visto che per essere valida la prova del pagamento deve avere una forma scritta, e che deve essere firmata dal creditore. Alcuni, comunque sostengono che la firma non sia sempre indispensabile, non trattandosi di un negozio, ma di una dichiarazione.

Ad ogni modo devono sempre essere riportati:

  • il nome e il cognome dei soggetti interessati
  • l'importo saldato
  • la causale
  • la data e la firma

Il documento deve essere obbligatoriamente rilasciato dal creditore, su richiesta del debitore. Le spese sono a carico dell’acquirente.

Ma si tratta di un prova valida?

Per quanto riguarda la quietanza liberatoria tipica, cioè quella rilasciata subito all’interessato, possiamo affermare che si tratta di una prova certa del pagamento, se non è stata concessa a seguito di violenza o minacce

Esiste, però, una quietanza atipica, ovvero rilasciata da un soggetto terzo, estraneo ai fatti, che può essere contestata. In questo caso la prova non viene rilasciata direttamente da chi vanta il credito, ma da un altro soggetto. Il giudice, quindi, deve valutare la correttezza del documento.
Inoltre, la dicitura “pagato” sulle ricevute fiscali non ha alcun valore a livello legale, anzi può essere soggetto di contestazione in futuro lasciando libera l'interpretazione su quale parte sia stata pagata. Per essere valido, sull'atto deve esserci la dicitura “per quietanza” ed è assolutamente fondamentale la firma del creditore.

La quietanza di pagamento può essere contestata?

Come abbiamo sottolineato nelle righe precedenti, ci può essere una contestazione di veridicità della quietanza di pagamento. 

Se l’adempimento è solo parziale, ad esempio, o non corrisponde al vero, il creditore può opporsi, come nel caso in cui essa si riferisca ad azioni mai eseguite.

In modo particolare è possibile contestare il documento se è stato ottenuto tramite violenza, chiedendo una dichiarazione di inefficacia. 

Va sottolineato che la quietanza di pagamento rientra tra le “confessioni stragiudiziali” definite dall’art. 2735 del codice civile:

La confessione stragiudiziale fatta alla parte o a chi la rappresenta ha la stessa efficacia probatoria di quella giudiziale [2733]. Se è fatta a un terzo o se è contenuta in un testamento [587], è liberamente apprezzata dal giudice [116 c.p.c.].
La confessione stragiudiziale non può provarsi per testimoni, se verte su un oggetto per il quale la prova testimoniale non è ammessa dalla legge

Per riassumere possiamo dire che in genere non è possibile contestare una quietanza, soprattutto se è stata emessa dal creditore stesso, ma può avvenire nelle seguenti circostanze:

  • se si tratta di un errore di fatto commesso dal soggetto stesso che l’ha rilasciata​se 
  • emessa con violenza


Perciò è possibile dire che non sempre può essere una prova certa, se non rispecchia la verità dei fatti, e non è quindi utile a dimostrare chiaramente l'avvenuto adempimento del soggetto obbligato. 

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