Cosa prevede il decreto anti-rave che ha suscitato molte discussioni fin dai primi giorni? E' anti costituzionale? Vediamolo insieme.
Il 31 Ottobre 2022 è stato approvato, dal Consiglio dei Ministri e firmato ieri dal Presidente della Repubblica, ed è entrato in vigore, il decreto legge n. 162/2022, contenente “Misure urgenti [...] di prevenzione e contrasto dei raduni illegali”, ovvero dei cosiddetti rave party, ma, per come è stato scritto il decreto, non solo.
I rave/free party, spesso chiamati anche semplicemente rave, nascono alla fine degli anni Ottanta come evento musicale autogestito a cui chiunque poteva partecipare in maniera del tutto gratuita. Sono caratterizzati da ritmi musicali incalzanti, prevalentemente musica tekno e allestimenti stravaganti, si tengono solitamente in spazi isolati come aree industriali dismesse o in grandi spazi aperti come campi, boschi e foreste, e durano per il tempo di una notte o sino a più di una settimana. Questi eventi sono creati apposta per rimanere separati e distanti dal sistema; la specificità del rave è sempre stata l'aura di mistero che lo circondava, rendendolo inaccessibile al mondo esterno.
Negli ultimi anni, anche grazie a Internet e ai social network, questa cultura ha avuto modo di espandersi e farsi conoscere rapidamente da un pubblico più ampio.
Nei free party c'è un'elevata tolleranza nei riguardi della vendita e dell'assunzione di sostanze stupefacenti come MDMA, LSD o cannabis. L'eroina, invece è spesso ripudiata e non gradita all'interno della festa.
Di fatto, i rave party sono divenuti noti per via dei loro problemi di ordine pubblico, dati dal circolo di droga e dall'invasione di pubbliche proprietà o private, senza detenere alcun permesso, disturbando fortemente la quiete pubblica, visto l'altissimo volume della musica mantenuta anche per giorni senza interruzioni.
L'art. 5 del decreto anti-rave, denominato “Norme in materia di occupazioni abusive e organizzazione di raduni illegali” ha introdotto l'art. 434-bis, un novello articolo del codice penale, titolato “Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico, o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”.
La norma dispone che è considerato reato, organizzare e partecipare ad un raduno illegale, il quale è da intendere come un assembramento a cui partecipano più di 50 persone, e occupare abusivamente edifici o terreni per tale evento, da cui possono derivare situazioni di pericolo per l’ordine, l'incolumità e la salute pubblica.
La pena è estremamente pesante, consistendo nella reclusione da tre a sei anni (e con la multa da 1.000 a 10mila euro), per gli organizzatori di tali eventi e con una pena diminuita per i partecipanti.
È, per di più, prevista la confisca permanente dei beni utilizzati per organizzare e attuare l'evento.
Come anticipato sopra, il nuovo decreto anti-rave è stato subito controverso e criticato da molti, tra cui diversi giuristi, per il modo vago in cui è stato scritto.
In particolare, sono quattro le principali obiezioni sollevate, che analizzeremo qui di seguito.
Anche se è stato emanato conseguentemente al fenomeno dei rave party, il reato introdotto dal nuovo decreto, non accenna mai a rave o a feste simili.
Il rischio, sostengono alcuni, è quello che anche chi manifesta pubblicamente e pacificamente, ad esempio contro una legge o una scelta del governo, possa commettere il reato.
Ma non solo, per come è stata scritta, questa legge punirebbe anche, per esempio, 51 compagni di scuola che decidono di trovarsi per festeggiare la fine delle lezioni insieme.
Oltre ad alcuni problemi di sintassi, il testo del decreto anti-rave non specifica realmente e in modo concreto, in quali casi si commetterebbe il reato e, di fatto, non sono indicati dettagliatamente le casistiche in cui le azioni diventerebbero reati penalmente punibili.
Per esempio, il numero dei componenti necessario a far scattare il crimine comporta alcuni quesiti: se per caso dovessero trovarsi meno di 50 persone, per compiere delle attività insieme, ma poi a queste se ne aggiungessero altre, non previste dagli organizzatori, cosa succederebbe? Si attuerebbe lo stesso la pena per gli organizzatori? A scontare la pena, poi, sarebbero pure i partecipanti ignari?
Il decreto, infatti, non specifica se l’organizzatore del raduno, per compiere reato, debba accettare fin dall’inizio almeno 51 partecipanti, oppure se tale soglia possa consistere in un crimine anche se viene raggiunta progressivamente.
Un’ulteriore critica alla legge anti-rave party, riguarda l'esistenza di un reato del tutto similare a quello appena introdotto. Il codice penale, infatti, ha da sempre conosciuto il reato contro i terreni o gli edifici.
Tale reato, infatti, è molto simile a quello detto "anti-rave", sia perché punisce l'intrusione in terreni e immobili pubblici o privati, sia perché prevede pene più severe quando più persone commettono il reato insieme.
In breve, secondo i critici, la norma sui rave party ha introdotto questo "nuovo" reato, solo per pubblicizzare la nuova dirigenza, e farla apparire forte e intransigente.
In ultimo, c'è chi lamenta che il nuovo reato presenta pene sproporzionate (da tre a sei anni di carcere) rispetto all'entità del crimine.
La portata di questa sproporzione, si capisce comparando tale pena con altri reati.
Ad esempio, l'aggressione è punita con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, aumentabile da 3 a 7 anni se la vittima subisce gravi conseguenze, invece, i furti aggravati sono punibili con la reclusione da 2 a 6 anni. Insomma, è più conveniente dichiarare di avere aggredito una persona rispetto ad aver organizzato un rave.
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