Il recesso dal contratto come deve essere fatto? Cosa dice la legge in merito? Vediamo assieme cosa succede quando si tratta di rapporti contrattuali di durata o di altre tipologie prevista dal codice del consumo e dalle norme in materia di appalti.
Quando due soggetti sottoscrivono un contratto, si impegnano reciprocamente a rispettare quanto stabilito, quindi anche la durata dello stesso.
Può accadere tuttavia, che il rapporto tra le parti con il tempo cambi, e che vengano a mancare alcuni presupposti fondamentali, come ad esempio la fiducia tra le parti coinvolte.
In un rapporto lavorativo, infatti, il dipendente può decidere di presentare le dimissioni volontarie o per giusta causa, mentre il datore di lavoro può licenziare un lavoratore se non rispetta i propri obblighi.
Ad ogni modo, tralasciando le norme specifiche inerenti al diritto del lavoro, è possibile recedere dal contratto anche quando si effettuano degli acquisti, quando si prende in affitto un appartamento e in generale ogni volta che si desidera porre fine ad un determinato rapporto che ha degli effetti giuridici.
Il diritto di recesso non viene contemplato in una disciplina unitaria nel codice civile o in specifiche legge complementari, ma la sua definizione si può ricavare dalla dottrina, andando di volta in volta ad analizzare l’ambito specifico in cui si manifesta.
Si tratta, in ogni caso, di una manifestazione unilaterale del desiderio di fare venire meni gli effetti di un contratto, ed applicabile a svariati casi specifici quali la locazione, i rapporti di lavoro, gli acquisti, ecc.
A seconda della materia di riferimento, quindi, è possibile rilevare delle norme ad hoc, come accade per il recesso dal contratto previsto nel codice del consumo, nel quale il consumatore ha la possibilità di cambiare idea e rendere i prodotti acquistato entro 14 giorni, facendo di fatto venir meno il vincolo contrattuale.
In pratica si tratta di una deroga al principio sancito dall’art. 1372 del codice civile, che afferma:
Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge [1399 3, 1453, 1896; l.f. 72]
Il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge
Secondo la legge non è possibile impegnarsi in un vincolo contrattuale che le parti non possono decidere di sciogliere unilateralmente. Quindi, anche nel caso di rapporti indefiniti come il contratto di lavoro a tempo indeterminato, è possibile svincolarsi rispettando alcuni limiti posti dalle norme giuridiche.
Va precisato, comunque che, il diritto non ha effetto retroattivo e produce degli effetti solamente dal momento in cui viene manifestata tale volontà.
Accade perciò che, se il conduttore decide di porre fine al contratto di locazione, può farlo rispettando il periodo di preavviso previsto dalla legge, ma i canoni già pagati ovviamente non dovranno essere restituiti. In gergo tecnico si dice che il diritto viene esercitato “ex nunc”.
Se da un parte la legge permette ad un soggetto di svincolarsi da un obbligo preciso, dall’altro prevede dei limiti, per impedire che tale possibilità possa essere abusata. Per questo motivo sono previsti dei termini di preavviso da rispettare.
La Cassazione, a tal proposito, ha sottolineato con l’ordinanza 9271 del 2017 che il recesso viene considerato valido anche se non vengono rispettati i termini di preavviso, ma il responsabile deve risarcire la controparte.
Solitamente la volontà di interrompere un dato rapporto contrattuale deve essere comunicata a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno, alla controparte. Tuttavia le circostanze o gli accordi specifici possono prevedere altre modalità.
Le parti possono anche pattuire, mediante clausola espressa, la possibilità di recedere unilateralmente dal contratto: è questo il caso del c.d. recesso "volontario" o "convenzionale.
Diverse sono le numerose ipotesi di recesso "legale", in cui la possibilità di recedere è espressamente prevista dalla legge per tutta una serie di singoli contratti (ad es. somministrazione a tempo indeterminato, affitto, appalto, trasporto, mandato, commissione, spedizione, deposito, comodato, d’opera, ecc…).
Molte fattispecie di recesso legale non sono discrezionali, in quanto si attivano automaticamente al sopravvenire di determinate situazioni oggettive o soggettive.
Per quanto attiene alla forma dell'atto, l’art. 1373 c.c. non richiede alcuna formula sacramentale: tuttavia, giacché trattasi di facoltà attribuita ad uno o ad entrambi i contraenti derogativa al principio generale per il quale il contratto ha forza di legge tra le parti, la volontà di recedere "deve essere sempre redatta in termini inequivoci, tali da non lasciare alcun dubbio circa la volontà dei contraenti di inserirla nel negozio da loro sottoscritto" , come evidenziato dalla sentenza n. 8776/1987 della Cassazione.
Il diritto di recesso, data la sua natura di eccezione al principio generale dell’irrevocabilità degli impegni negoziali, secondo la giurisprudenza, "non può essere svincolato da un termine preciso o, quanto meno, sicuramente determinabile, in assenza del quale l'efficacia del contratto resterebbe indefinitamente subordinata all'arbitrio della parte titolare di tale diritto, con conseguente irrealizzabilità delle finalità perseguite con il contratto stesso"
Lo stesso art. 1373 c.c. fissa due regole temporali per il recesso unilaterale, in base alla circostanza se il contratto dal quale recedere sia ad esecuzione immediata o differita oppure ad esecuzione continuata o periodica: nella prima ipotesi, il comma 1° prevede che la facoltà di recesso possa essere esercitata finché il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione; nella seconda ipotesi, che possa essere esercitata anche successivamente, ma il recesso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione"
Il nostro ordinamento prevede uno specifico diritto di recesso è quello in cui siano stati stipulati contratti a distanza.
In forza di quanto previsto dal d.lgs. n. 206/2005, infatti, il recesso è possibile entro 14 giorni dalla data in cui il contratto è stato concluso (se esso ha ad oggetto una prestazione di servizi) o dal giorno in cui è stata ricevuta la merce (se esso ha ad oggetto una compravendita). Se il venditore non ha informato il consumatore / acquirente della possibilità di esercitare tale recesso, il termine a disposizione di quest'ultimo per "liberarsi" dal contratto è di dodici mesi e quattordici giorni.
Il diritto di recedere entro 14 giorni si applica anche ai contratti conclusi a distanza per l'acquisto di servizi di natura bancaria o creditizia, di assicurazione, di pagamento, di previdenza individuale, di investimento. Il termine decorre dalla data in cui il contratto è stato concluso o da quella successiva in cui il consumatore ha ricevuto le condizioni contrattuali e le informazioni complete.
Tale diritto di recesso, tuttavia, non opera sempre, non essendo applicato:
Merita infine di essere segnalato in questa sede anche un ulteriore rimedio mediante il quale la parte di un contratto può liberarsi dallo stesso senza "penali": la risoluzione per inadempimento.
Si tratta di un modo per risolvere il contratto, da tenere tuttavia ben distinto dal recesso, al quale può ricorrersi se una delle parti di un negozio a prestazioni corrispettive non adempie le proprie obbligazioni. In virtù del principio pacta sunt servanda, infatti, l'altra, a sua scelta, può chiedere non solo l'adempimento ma anche la risoluzione del contratto.
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