La separazione di conviventi con figli minorenni, o maggiorenni non autosufficienti, viene disciplinata in modo simile rispetto alle coppie sposate.
Innanzitutto non viene fatta più la distinzione tra figli nati all’interno di un matrimonio e quelli con genitori non sposati. La legge, infatti, tutela i loro interessi allo stesso modo, anzi quando la madre e il padre decidono di rompere il loro rapporto, le principali attenzioni della giurisprudenza sono proprio rivolte alle loro necessità.
In particolare lo scopo del legislatore è sempre quello di garantire ai figli di mantenere lo stesso tipo di vita che conducevano in precedenza, avendo al loro fianco entrambe le figure genitoriali, per potere crescere in modo sano.
Ad ogni modo, davanti al giudice si discute anche di mantenimento dell’ex partner, o di assegnazione della casa familiare. Cosa dicono le norme di riferimento a riguardo? Scopriamo insieme leggendo le righe seguenti.
Prima di analizzare cosa avviene in caso di separazione tra conviventi , è utile chiarire chi sono per la giurisprudenza.
In realtà in gergo tecnico si parla di “convivenza more uxorio”, un termine che deriva dal latino, a sottolineare che tale situazione non è una novità dell’era moderna, ma una tipologia che ha radici lontane.
Al giorno d’oggi, comunque, possiamo affermare che i casi di convivenza sono sempre più numerosi, essendo venuto meno il significato che il matrimonio aveva in passato.
Proprio per questo motivo anche il diritto ha dovuto adeguarsi a questa nuova situazione sociale, introducendo norme ad hoc per regolarizzare i rapporti tra soggetti che vivono assieme, e sono legati da un sentimento amoroso. Ad ogni modo, non è stato facile, arrivare a delle norme in materia. La questione, infatti, ha acceso diversi dibattiti e critiche.
D’altronde andare a rinnovare il diritto di famiglia non è mai semplice, dato che si parla di andare a modificare aspetti determinanti per la vita di tutti.
La cosiddetta Legge Cirinnà del 2016 ha aperto la strada nuove regolarizzazioni in materia e ha previsto una serie di tutele anche per le coppie che hanno deciso di non sposarsi, ma di fatto vivono insieme come fossero marito e moglie.
Ma vediamo quando due soggetti possono essere considerati conviventi di fatto, o more uxorio. I requisiti sono:
Come abbiamo anticipato nel paragrafo precedente dal 2016 sono state regolarizzate diverse situazioni che riguardano anche la separazione tra conviventi, con figli oppure senza.
La legge n. 76 del 20 maggio 2016 ha riconosciuto una maggiore tutela alle coppie che hanno deciso di non sposarsi. Ciò significa che a questi ultimi viene automaticamente applicata la nuova normativa, senza la necessità di registrare il loro rapporto in qualche modo.
Le coppie gay però, possono scegliere di unirsi con l’unione civile.
I conviventi more uxorio, invece, devono semplicemente fare una dichiarazione all’anagrafe per dichiarare la loro coabitazione come coppia.
La nuova legge prevede una serie di diritti, tra i quali:
Quindi la prima conseguenza della separazione tra conviventi, con figli o senza, è la necessità di pagare gli alimenti alla parte più bisognosa. Si tratta di una prestazione che non ha durata illimitata, ma deve essere determinata per un periodo proporzionale alla durata della convivenza.
Dopo avere descritto quali possono essere le pretese economiche della parte più debole da un punto di vista economico, cerchiamo di capire ora come vengono tutelati gli interessi dei minori o dei maggiorenni non autosufficienti.
Va sottolineato subito che i diritti dei figli sono sempre gli stessi, sia per chi è nato dentro un matrimonio, sia per chi è nato fuori. Ciò significa che i genitori devono provvedere al loro mantenimento in ogni caso.
Quindi, deve essere assicurata a questi ultimi l’assistenza economica, ma anche morale, ovvero devono ricevere istruzione e cura sia dal padre che dalla madre.
Ovviamente ciascun genitore è obbligato a partecipare in proporzione alla proprie capacità, indipendentemente che si tratti di coppie sposate o meno, come sottolinea l’art. 316 bis del codice civile:
I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinchè possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli
A tal proposito non esiste un criterio matematico da utilizzare per quantificare il contributo di entrambi, anche se generalmente i giudici valutano alcuni fattori specifici quando si verifica una separazione tra conviventi con figli:
Il linea di massima, spesso i tribunali, considerando i casi più frequenti, stabiliscono che l’assegno deve essere pari ad un quarto del presunto reddito del genitore obbligato.
Oltre a tale importo, comunque, bisogna considerare la necessità di contribuire al 50% per le spese straordinarie, quindi legate a bisogni improvvisi e occasionali.
In caso di separazione tra conviventi la casa familiare viene assegnata al genitore che dovrà vivere assieme al figlio.
Il giudice, infatti, tende a proteggere l’interesse del minore, consentendo a quest’ultimo di potere vivere nel posto che considera essere la sua casa, ovvero dove ha sempre vissuto.
E’ possibile chiedere il rilascio dell’immobile soltanto quando si verificano le seguenti ipotesi:
Ciò che abbiamo detto fino ad ora riguarda la strada giudiziale, ovvero contenziosa per risolvere i problemi che devono affrontare due conviventi more uxorio durante quando decidono di separarsi, ma si può agire in modo consensuale, ovvero trovando degli accordi.
La coppia, infatti, può accordarsi per quanto riguarda il mantenimento e l’affidamento in totale libertà, sottoponendo poi le condizioni concordate al vaglia del giudice, ovvero all’omologazione. Quest’ultimo dovrà verificare che siano stati tutelati i diritti e gli interessi del minore.
È pur vero che non si parlerebbe di eccesso di tutela nel caso in cui, in luogo di una separazione tra conviventi si decidesse comunque di regolamentare l'affido dei figli; infatti, nonostante i due soggetti della coppia vadano estremamente d'accordo, non è detto che questo possa durare per tutto il tempo della genitorialità (che si stima in decenni).
Un giudice, anche attraverso un ricorso congiunto, può sollevare la coppia da eventuali problemi che possono sorgere a posteriori (come ad esempio nel caso in cui subentri un nuovo compagno per i genitori), aiutandola a mantenere validi gli accordi intrapresi.
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