Un convivente more uxorio può godere di determinati diritti sanciti dalla legge Cirinnà del 2016, che per certi versi sono simili a quelli di una persona sposata. I figli nati da una coppia di fatto sono considerati sempre legittimi, eliminando la distinzione esistente fino a pochi anni fa.
La nostra società funziona grazie a una lunga serie di regole, utili per stabilire convenzioni e direttive da seguire per evitare il caos totale. Risulta ovvio che le norme devono rappresentare i periodi storici nei quali sono inserite, per evitare di essere anacronistiche.
Proprio considerando questo aspetto di recente la giurisprudenza italiana ha deciso di regolarizzare la situazione relativa alle coppie di fatto, stabilendo specifici diritti e doveri anche per un convivente di fatto.
Infatti, nel nostro Paese sono sempre più numerose le coppie che vivono assieme anche senza sposarsi, creando a tutti gli effetti dei nuclei familiari che la legge non può ignorare.
Il percorso per arrivare al riconoscimento legale non è stato semplice, anzi sono nati diversi dibattiti e discussioni, tra i convinti sostenitori del matrimonio, più tradizionalisti e conservatori e soggetti più aperti alle novità.
Anche i figli, nati da conviventi more uxorio non vengono più considerati su un livello diverso rispetto a quelli nati da una coppia sposata, eliminando così l’illegittimità.
Ma, procediamo con ordine, provando a comprendere nei dettagli quanto si può parlare di convivente more uxorio, e quali sono i diritti sanciti dalla legge italiana.
Un convivente more uxorio, detto anche “di fatto”, è un soggetto che pur non essendo spostato vive assieme alla propria compagna. Il termine deriva da un’espressione latina, quindi è palese che dinamiche di questo tipo fossero presenti già nel diritto romano. Non si tratta, quindi, di peculiarità esclusivamente moderne, sebbene oggi hanno trovato una diffusione maggiore.
La vera novità non è tanto constatare l’esistenza di coppie di fatto, quanto analizzare i cambiamenti normativi avvenuti di recente.
Da un punto di vista giuridico, infatti, in Italia è stata data una maggiore importanza a tale unione, non considerandola più su un piano secondario e colmando parte delle differenze più evidenti con le coppie sposate.
Il dibattito è stato davvero ampio e a volte il clima è stato particolarmente acceso, ma dalle discussioni ha preso vita un iter legislativo molto lungo che ha portato all’approvazione della cosiddetta Legge Cirinnà nel 2016, considerata un punto di riferimento per riformare il diritto di famiglia.
Ma, chi è esattamente un convivente more uxorio?
In base a quanto abbiamo elencato risulta ovvio che, le tutele previste dalla giurisprudenza riguardano due persone conviventi, legate da un sentimento stabile, senza essere parenti. Sono stati sottolineati questi aspetti per evitare confusione con situazioni riferite a coinquilini universitari che vivono sotto lo stesso tetto per esigenze e non per legami sentimentali, oppure in merito a un nipote che vive con i nonni o in generale a coabitazione tra parenti.
Abbiamo detto che le coppie di fatto possono essere tutelate legalmente, grazie alla Legge Cirinnà, a partire dal 2016.
Ma cosa significa? Cosa bisogna fare per essere riconosciuti dalla legge?
I diritti e doveri specifici dei partner non scattano in automatico appena decidono di vivere assieme. Sono necessari alcuni adempimenti burocratici per sancire l’unione, o meglio la convivenza.
L’aspetto più importante è valutare la presenza dei requisiti che abbiamo elencato nel paragrafo precedente, quindi essere maggiorenni, vincolati da un sentimento, senza legami di parentela e vivere effettivamente nella stessa casa.
Per ufficializzare la coppia di fatto, bisogna effettuare la cosiddetta dichiarazione di coabitazione, una procedura molto semplice che si può fare presso l’anagrafe del comune di residenza. compilando il “Modulo di dichiarazione anagrafica di costituzione convivenza di fatto”. La richiesta deve essere, poi, sottoscritta da entrambi.
Dopo questo passaggio il convivente more uxorio viene riconosciuto legalmente e può godere di tutti i diritti previsti dalla normativa.
Negli anni passati, due persone legate sentimentalmente che vivevano nella stessa casa non venivano considerate in alcun modo dalla legge italiana, in un certo senso possiamo dire che erano etichettate come coppie di serie b.
Spesso abbiamo sentito dire che chi convive non vuole impegnarsi concretamente in una relazione, non ha le idee chiare, vuole una soluzione di comodo, etc.
Opinioni personali a parte, si tratta di una realtà sempre più diffusa ed era impossibile non attuare delle riforme in grado di tutelare i nuclei familiari che si creano al di fuori del matrimonio.
Ma, quali sono di cambiamenti introdotti con la Legge Cirinnà?
Le coppie di fatto, oggi, possono godere dei seguenti diritti:
Se non esistono coppie di secondo livello, a maggior ragione non possono esserci figli di serie B. Infatti, i bambini nati al di fuori di un matrimonio sono considerati esattamente come tutti gli altri, eliminando la fastidiosa etichetta di “illegittimità”, che li contrassegnava in passato.
Ora possono godere degli stessi diritti previsti per i figli di una coppia sposata.
Ovviamente, devono essere riconosciuti dai genitori, che dichiarano ufficialmente di essere il padre e la madre.
Un rapporto sentimentale tra due persone, legate da un matrimonio o da una convivenza, può sgretolarsi ad un certo punto. In alcuni casi la situazione è recuperabile, in altri invece avviene una rottura definitiva, in quanto non ci sono più i presupposti vivere assieme.
In caso di separazione, marito e moglie si ritrovano a dovere discutere su molti tempi, cercando di proteggere i propri interessi. Un convivente more uxorio, da questo punto di vista, ha meno problemi da risolvere. La rottura del rapporto in una coppia di fatto avviene in modo più veloce e semplice.
Per cancellare la convivenza è sufficiente fare una specifica domanda in comune, attraverso la quale si può modificare l’indirizzo di residenza.
Non è previsto l’assegno di mantenimento per il partner più debole, ma si deve contribuire alle spese per quanto riguarda i figli, considerando le capacità economiche di entrambi i genitori.
L’affidamento, invece, viene stabilito in base alle stesse regole previste per il matrimonio, considerando prevalente il principio della bigenitorialità, per garantire un corretto sviluppo psico-fisico del minore.
Quando si parla invece di conviventi omosessuali, non legati quindi da un’unione civile, bisogna tenere conto della possibilità di stipulare il patto di convivenza, possibile solo se i conviventi rispondono a determinati criteri:
I conviventi omosessuali hanno egual diritti sia delle coppie eterosessuali sia di chi è sposato; quindi, hanno gli stessi diritti per ciò che concerne una possibile malattia con ricovero del compagno o in caso di colloqui e visite al penitenziario in caso di detenzione.
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