La parola simulazione può riferirsi a diversi contesti, in ambito giuridico viene usata per identificare dei negozi giuridici non veritieri. Vediamo come funziona.
La giurisprudenza ha spesso discusso in merito alla simulazione nei contratti, e dopo svariati dibattiti, è giunta a stabilire che si possono originare due negozi distinti: l’accordo simulatorio e il negozio simulato. Nelle prossime righe faremo un po’ di chiarezza in merito, andando a sottolineare quali sono i requisiti per poter parlare di simulazione, e gli effetti tra le parti coinvolte e soggetti terzi.
Un contratto può essere posto in essere dalle parti in modo apparente, stabilendo che lo stesso non debba produrre effetti tra gli interessati.
A tal proposito possiamo distinguere due tipi di simulazione:
Ad ogni modo si manifesta sempre la volontà di concludere un contratto difforme rispetto a quanto voluto, ovvero falso. Il negozio giuridico risulta, quindi, essere simulato. Cosa comporta?
Terzi possono conoscere la sua esistenza, anche se esso non produce effetti tre le parti che lo hanno sottoscritto.
In sostanza ci sono due dichiarazioni:
Per poter parlare di simulazione, ad ogni modo devono essere presenti determinati requisiti.
Innanzitutto, devono essere coinvolti almeno 2 soggetti, ovvero i contraenti. Ma, deve essere anche la conseguenza di un accordo simulatorio, cioè le parti devono essere d’accordo su come procedere. Per questo motivo la giurisprudenza lo definisce come un negozio giudico vero e proprio.
Infatti, dall’accordo possono verificarsi alcuni effetti, prestabiliti dai contraenti. Se, invece, viene a mancare l’accordo, e la volontà è soltanto di una delle parti si parla di riserva mentale, un istituto giuridico differente.
Non è invece necessaria la presenza di una controdichiarazione, anche se utile ai fini probatori.
Dopo avere sottolineato il significato del termine simulazione in giurisprudenza ed avere visto quali sono i requisiti perché si possa verificare, vediamo ora quali sono effettivamente gli effetti sui contraenti e su terzi.
L’art. 1414 c.c. afferma che:
Il contratto simulato non produce effetto tra le parti.
Se le parti hanno voluto concludere un contratto diverso da quello apparente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato, purché ne sussistano i requisiti di sostanza e di forma.
Le precedenti disposizioni si applicano anche agli atti unilaterali destinati a una persona determinata, che siano simulati per accordo tra il dichiarante e il destinatario
Da quanto possiamo leggere se la simulazione è assoluta, il contratto non produce alcun effetto tra le parti, mentre se è relativa, resta efficace il negozio dissimulato.
Ad ogni modo, l’art. 1415 c.c. sottolinea che:
La simulazione non può essere opposta né dalle parti contraenti, né dagli aventi causa o dai creditori del simulato alienante, ai terzi che in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare apparente, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione.
I terzi possono far valere la simulazione in confronto delle parti, quando essa pregiudica i loro diritti
In sostanza soggetti terzi pregiudicati hanno la facoltà di fare valere la simulazione nei confronti delle parti, come afferma l’art. 1416 c.c.:
La simulazione non può essere opposta dai contraenti ai creditori del titolare apparente che in buona fede hanno compiuto atti di esecuzione sui beni che furono oggetto del contratto simulato.
I creditori del simulato alienante possono far valere la simulazione che pregiudica i loro diritti e, nel conflitto con i creditori chirografari del simulato acquirente, sono preferiti a questi, se il loro credito è anteriore all'atto simulato
Va detto anche che, la dottrina più affermata considera il negozio simulato come ipotesi di nullità del contratto, dato che non ha effetti giuridici tra i contraenti. Secondo il codice civile, infatti si parla di nullità quando manca la volontà negoziale, e nella simulazione non è presente dato che lo scopo è solo quello di fare apparire qualcosa che in realtà non esiste.
Sebbene nullo, tuttavia, è operante nei confronti di terzi, dato che la legge tutela i loro diritti.
Ad ogni modo, è necessaria un’azione di accertamento della simulazione, come ribadito dalla Cassazione.
Per concludere è utile descrivere a chi spetta l’onere della prova per dimostrare una simulazione in un contratto. In tal caso bisogna fare affidamento a quanto affermato dall’art. 2697 c.c.:
Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.
Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda
Ad ogni modo, ci sono delle differenze a seconda che l'azione sia proposta dalle parti o da terzi.
I soggetti terzi, come detto, godono di una maggiore tutela, considerata la difficolta a reperire le prove di un accordo simulatorio effettuato da altri. Per questo motivo possono utilizzare qualsiasi mezzo, senza avere vincoli specifici, solitamente previsti quando si tratta di contratti.
Le parti possono avere lo stesso privilegio soltanto se vogliono dimostrare l’illeceità del contratto dissimulato, in tutte le altre ipotesi restano valide le regole ordinarie.
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