La società occulta si ha quando i soci stabiliscono che la società deve rimanere segreta e quindi estranea ai rapporti con l'esterno. Il socio occulto, invece, è il soggetto partecipante ad una società palese che opera limitatamente ai rapporti interni alla società.
Nelle società di persone possono esserci due fenomeni estranei all'ordinario esercizio del rapporto sociale:
I due fenomeni non trovano una disciplina legislativa organica e non sono infatti previsti in nessuna norma del codice civile. Tuttavia, sono stati riconosciuti dalla legge fallimentare nelle norme che riguardano il fallimento delle società con soci a responsabilità illimitata.
La società occulta si realizza quando i soci, nel concludere il contratto di società, pattuiscono che la società deve rimanere segreta e quindi estranea ai rapporti con l'esterno. Un socio, in qualità di imprenditore individuale, si prende l'incarico di intrattenere i rapporti con i terzi. La società occulta, infatti, viene detta anche "società interna" o "non manifesta", poiché gli unici rapporti sociali che avvengono alla luce del sole sono quelli che avvengono tra i soci. I soci partecipanti hanno diritto all'eventuale utile conseguito dagli affari contratti dal socio in veste di imprenditore individuale. Se, al contrario, si verificano delle perdite d'esercizio, queste devono essere sostenute da ciascun socio in base alla propria quota di partecipazione. Tutti i soci hanno il diritto ad essere informati sulle vicende della società occulta e ad esercitarne il controllo.
La vera domanda però è: qual è lo scopo di occultare una società? Semplicemente limitare la responsabilità illimitata dei soci. Con una società occulta, infatti, l'unico patrimonio che risulterebbe responsabile delle obbligazioni sociali è quello del socio che agisce come imprenditore individuale.
Nonostante la dottrina più accreditata sia contraria a ritenere che la società occulta possa essere responsabile dei rapporti verso i terzi, la giurisprudenza sostiene il contrario. Alla luce del recepimento operato dall'articolo 147 della legge fallimentare, non è più possibile sostenere l'esenzione dal fallimento del socio occulto. Ci si è domandati infatti se coloro che hanno assunto la qualità di creditori della società occulta per effetto degli affari conclusi con l'imprenditore individuale potessero invocare la responsabilità della società e degli altri soci. La questione ruota intorno alla prevalenza che si dà ad un criterio sostanziale piuttosto che ad uno formale e viceversa. Nel primo caso si tiene conto della titolarità dell'interesse, nel secondo caso della spendita del nome. La dottrina sulla responsabilità per i debiti d'impresa sostiene che prevalga il diritto formale: i creditori, pertanto, possono vantare i propri crediti solo nei confronti dell'imprenditore individuale e non della società occulta e dei soci. La giurisprudenza, al contrario, predilige il criterio sostanziale: con la sentenza n. 366/1998 la Corte di Cassazione ha affermato che "la mancata esteriorizzazione del rapporto societario costituisce il presupposto indispensabile perché possa legittimamente predicarsi da parte del giudice l'esistenza di una società occulta ma ciò non toglie che si richieda pur sempre la partecipazione di tutti i soci all’esercizio dell’attività societaria in vista di un risultato unitario, secondo le regole dell’ordinamento interno, e che i conferimenti siano diretti a costituire un patrimonio “comune” sottratto alla libera disponibilità dei singoli partecipi e alle azioni esecutive dei loro creditori personali…”.
Tra la società occulta e la società di fatto sono presenti alcune differenze rilevanti.
Prima di tutto, la società di fatto esiste per la sola presenza di fatti concludenti, quindi in assenza di un atto costitutivo, mentre la società occulta esiste sulla base di un vincolo sociale che però viene tenuto segreto. Va detto, però, che entrambe sono società irregolari, in quanto nessuna delle due è iscritta al registro delle imprese. Nel caso della società occulta, è iscritto al registro delle imprese il socio che agisce come ditta individuale in luogo di società.
Il socio occulto è il soggetto partecipante ad una società palese che opera limitatamente ai rapporti interni alla società, mentre non si manifesta nei rapporti esterni. Quindi, il socio occulto è parte di una società che ha sia soci palesi sia soci occulti.
Tutti i soci, sia palesi sia occulti, rispondono delle obbligazioni della società palese insieme con essa, come conferma l'articolo 147 della legge fallimentare che prevede, appunto, il fallimento dei soci occulti di una società dichiarata fallita. Ogni socio che partecipa al contratto sociale, trattandosi di società di persone, ha prestato il consenso alla propria illimitata responsabilità verso i terzi, come prevista agli articoli 2291 e 2297 del codice civile, ed è pertanto responsabile. Lo è anche se è occulto, poiché la giurisprudenza non ritiene necessario che a tal fine il rapporto sociale si sia manifestato all'esterno.
Nel 2007, la Cassazione con la sentenza n. 6299 ha ritenuto che possono essere indicativi della presenza di un socio occulto “le fideiussioni e i finanziamenti in favore dell’imprenditore, allorquando essi – ancorché riguardanti il solo momento esecutivo dei rapporti obbligatori della società – siano, per la loro sistematicità e per ogni altro elemento concreto, ricollegabili ad una costante opera di sostegno dell’attività d’impresa, qualificabile come collaborazione di un socio al raggiungimento degli scopi sociali”.
Con la riforma del diritto fallimentare ad opera del decreto legislativo n. 5/2006 il legislatore ha riconosciuto il fenomeno della società occulta estendendo a quest'ultima la stessa disciplina già prevista per il socio occulto.
In particolare il comma 4 dell’articolo 147 della legge fallimentare stabiliva che “se dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale, su istanza del curatore, di un creditore, di un socio fallito, dichiara il fallimento dei medesimi”.
Dopo l’entrata in vigore di tale riforma è stato riformulato il comma 5 della norma che recita come segue: “Allo stesso modo si procede, qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l’impresa è riferibile ad una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile”.
Fra le varie sentenza della giurisprudenza di legittimità sulla società e i soci occulti si avvalora la n. 1106/1995. I giudici in tale occasione hanno stabilito che “se dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore apparentemente individuale risulti che egli era socio di una società di fatto, anche se occulta, esercitante la stessa impresa, deve essere dichiarato il fallimento della società e di altri soci occulti senza che sia necessario provare l’insolvenza di questi ultimi essendo il loro fallimento conseguenza automatica del fallimento della società”.
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