Lo stalking occupazionale si verifica quando un lavoratore viene perseguitato dal datore di lavoro, da un superiore o da colleghi. Tale comportamento deve suscitare ansia e preoccupazione tali da alterare le abitudini di vita della vittima, anche al di fuori della sfera lavorativa.
Una persona trascorre la maggior parte del proprio tempo sul luogo di lavoro, risulta quindi evidente che tale ambiente sociale ricopre un ruolo determinante per accrescere o diminuire la stima che un soggetto ha di se stesso.
Andare d’accordo con tutti non è certo semplice, soprattutto quando entrano in gioco gelosie o invidie, quindi litigate e incomprensioni sono abbastanza normali e frequenti quando si parla di rapporti tra colleghi di lavoro.
Non è invece normale una situazione in cui un dipendente inizia ad avere paura, ad essere preoccupato e ansioso, in quanto perseguitato dal superiore o dai pari.
Il reato di stalking occupazionale viene spesso confuso con il mobbing, vediamo quindi di fare chiarezza in merito, cercando di capire in quali casi il limite viene superato e la vittima può fare una denuncia penale.
La giurisprudenza italiana dal 2009 ha introdotto una nuova fattispecie di reato, con lo scopo di punire una vasta serie di comportamenti che prima di allora venivano considerati minori, e poco importanti. In modi particolare è stato introdotto l’art. 612 bis nel codice penale, in riferimento ai cosiddetti “atti persecutori”:
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumita' propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita
Come possiamo notare, ora il colpevole può essere punito con la reclusione fino a 5 anni, in passato invece non esistevano punizioni sufficienti e le vittime non avevano modo di difendersi in modo adeguato.
Perché si verifichi questa fattispecie di reato, comunque è necessaria la presenza di alcuni elementi:
le condotte di tipo persecutorio devono essere reiterate nel tempo, quindi non basta un singolo episodio. La Cassazione ha comunque precisato che due episodi possono fare scattare il reato
Chi subisce persecuzioni continue, in altre parole, non riesce più a vivere la propria vita in modo tranquillo, in quanto si sente sempre in pericolo e percepisce il rischio che possa succedere qualcosa di negativo per se stesso o per i familiari e amici.
Le condotte illecite possono essere effettuate anche attraverso mezzi di comunicazione, quali Whatsapp, Facebook, Sms, Telefonate, ma anche con delle lettere tramite posta.
Se gli atti persecutori che abbiamo descritto nel precedente paragrafo avvengono nel luogo di lavoro si può parlare di stalking occupazionale.
Si tratta di un atto di violenza psicologica che viene reiterato dal datore di lavoro attraverso varie lettere di ammonimento, disciplinari, inviate anche al di fuori dagli orari lavorativi, e tali da infastidire la vittima, provocando continua tensione, ansia e preoccupazione, anche mentre quest’ultima sta trascorrendo il tempo libero con gli affetti, quindi all’interno nella sua sfera privata.
Solitamente una situazione di questo tipo inizia con il mobbing, per poi peggiorare gradualmente, finendo per intaccare anche la vita privata di un lavoratore.
Spesso chi subisce tali comportamenti non reagisce, per paura rimane inerme, di fatto peggiorando le cose, e rafforzando indirettamente l’atteggiamento dello stalker, che in un certo senso si sente legittimato a proseguire convinto di essere nel giusto. Alla lunga la situazione tende a peggiorare fino a distruggere la vita del lavoratore.
Detto ciò soltanto la vittima può decidere di bloccare lo stalking occupazionale, facendo notare gli atteggiamenti persecutori e denunciando i fatti.
Quindi, come si riconosce lo stalking occupazione? Se questioni inerenti all’ambito lavorativo, superano i confini andando ad intaccare la sfera privata del dipendente, significa che il datore di lavoro, un superiore o colleghi stanno compiendo degli atti non tollerati dalla legge.
Quando si tratta di persecuzioni sul luogo di lavoro, spesso si fa confusione tra mobbing e stalking occupazionale. In effetti si tratta di concetti affini tra loro, ma con delle sostanziali differenze.
In modo particolare si può parlare di veri e propri atti persecutori quando il comportamento scorretto di alcuni individui genera uno stato di ansia e preoccupazione nella vittima, tale da invadere anche la sua sfera privata.
Il mobbing, invece, rimane circoscritto all’interno dell’ambiente di lavoro.
Sebbene quest’ultimo sia un fenomeno allarmante, che può causare dei danni psichici e depressione a chi lo subisce, non viene considerato un reato dalla giurisprudenza italiana.
Il discorso è diverso per quanto riguarda la stalking, che in seguito all’approvazione del Decreto Legge n. 11/2009 viene punito penalmente.
Detto ciò è importante sottolineare che la vittima deve agire per cercare di bloccare la situazione sul nascere, per evitare che il tutto peggiori drasticamente con il tempo. Come abbiamo accennato prima, una persona che per paura di perdere il lavoro rimane zitta senza fare valere i propri diritti, in un certo senso legittima il colpevole, che inconsciamente si sente nel giusto.
Perciò, è utile rivolgersi a professionisti per cercare una soluzione e per farsi aiutare. A tal proposito un bravo avvocato può indicare la strada giusta da intraprendere.
In base a quanto abbiamo visto fino ad ora, un lavoratore che si sente perseguitato dal superiore, dal capo, o dai colleghi può agire per bloccare la situazione e per evitare che i comportamenti possano peggiorare in futuro.
Si tratta di un reato penale, se le condotte persecutorie sono più di una e se provocano dei mutamenti negativi nella vita, anche privata, della vittima. In questo caso dal 2009 la parte lesa può agire per difendersi, denunciando i fatti.
Per fare ciò si possono intraprendere due strade:
Ad ogni modo si tratta sempre di un reato perseguibile d’ufficio se vengono fatte minacce di morte, data la gravità della situazione.
La pena prevista dalla legge è la reclusione da 6 mesi a 5 anni, ma può aumentare ulteriormente se i fatti vengono commessi:
E’ importante sottolineare anche, che spesso nel mondo del lavoro, tali comportamenti non sono facili da comprendere. I colpevoli usano delle armi sottili, facendo sentire la vittima colpevole di quanto sta succedendo. Spesso, infatti vengono utilizzati strumenti come richiami disciplinari o contestazioni per mettere il soggetto in uno stato di paura, convincendolo di essere nel torto.
Bisogna quindi valutare la situazione in modo lucido, facendosi aiutare da qualcuno, soprattutto se le persecuzioni subite sono talmente gravi da rendere quasi impossibile lo svolgimento delle normali attività quotidiane, e se la sensazione di stress e angoscia diventa sempre più presente.
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