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Stato di emergenza: che cosa significa?

Lo stato di emergenza è una condizione giuridica particolare che può essere attivata al verificarsi di eventi eccezionali. A seguito della sua proclamazione, lo Stato può intervenire in modo mirato su alcune porzioni di territorio oppure sull’intero territorio nazionale. 

Questa particolare situazione emergenziale si verifica quando è richiesto un intervento urgente e con poteri straordinari al fine di tutelare i cittadini e porre rimedio ad eventuali danni. Proprio in queste circostanze è possibile, come previsto dall’articolo 16 della Costituzione, porre dei limiti alle libertà personali per motivi sanitari e di sicurezza.

​Che cos’è lo stato di emergenza

Contrariamente a come molti pensano, lo stato di emergenza non è previsto dalla Costituzione. La Costituzione italiana, infatti, prevede esclusivamente la deliberazione dello “stato di guerra” (ex art. 78 della Costituzione) per affrontare eventuali conflitti bellici ma, ovviamente, si tratta di circostanze ben differenti tra loro. Non vi sono, dunque, riferimenti di alcun tipo a catastrofi naturali, crisi economiche o sanitarie, tuttavia all’articolo 77 è stata prevista la possibilità in capo al governo di attuare dei provvedimenti provvisori con forza di legge al verificarsi di situazioni straordinarie di necessità e urgenza.

La copertura normativa relativa ai casi emergenziali è prevista dalla legge 225/1992 con l’istituzione del Servizio nazionale della protezione civile. Essa prevede che lo stato di emergenza viene proclamato al verificarsi o nell’imminenza di calamità naturali o eventi connessi all’attività dell’uomo. Tra gli esempi più frequenti ci sono indubbiamente le catastrofi naturali come alluvioni, terremoti e disastri ambientali.
In quali circostanze viene dichiarato e che cosa comporta? Come precedentemente anticipato, rientrano tra le casistiche in esame le seguenti condizioni:

  • catastrofi naturali;
  • crisi socio-economiche;
  • crisi sanitarie.

È previsto che il Governo e la Protezione Civile concentrino nelle loro mani diversi poteri in deroga finalizzati ad offrire l’intervento più rapido possibile nelle situazioni di maggior pericolo. Perché questo accada è necessario che la gravità della situazione sia tale da non rendere possibile sostenere le attese previste dal normale iter di approvazione delle leggi.

Che cosa prevede

Una volta proclamato lo stato di emergenza è possibile derogare alle norme di legge, a patto che vengano rispettati i principi generali dell’ordinamento, attraverso il potere di ordinanza usualmente assegnato al capo del dipartimento della protezione civile. In queste circostanze è consentito “scavalcare” i consueti iter istituzionali e burocratici per rendere più rapido l’intervento delle Autorità attraverso provvedimenti mirati (decreti-legge).

Lo svolgimento temporale degli stati emergenziali si articola in quattro fasi principali:

  • presupposto di fatto: i fatti, le condizioni e gli elementi oggetto di valutazione (terremoti, alluvioni, pandemie ecc.);
  • atto di proclamazione: necessario per poter procedere all’adozione delle misure adeguate per il superamento della criticità; a tal proposito la legge n. 225/1992 prevede che “spetta allo Stato, e per esso al Presidente del Consiglio dei ministri, ricorrere allo stato di emergenza a norma dell’art. 5, comma 1 [..], sulla base degli elementi evidenziati dai competenti organi statali e regionali”;
  • concreta attuazione: vengono attuate le iniziative di carattere straordinario ed urgente per fronteggiare adeguatamente la situazione di gravità;
  • cessazione degli effetti: si ristabilisce l’ordine precedentemente sospeso. La delimitazione temporale è indispensabile per evitare che il perdurare dei provvedimenti si tramuti in un colpo di stato.

​Chi lo delibera?

A chi spetta la decisione di deliberare lo stato di emergenza? In base a quanto stabilito all’articolo 24 del decreto legislativo 1/2018 spetta esclusivamente al Consiglio dei ministri su proposta:

  • del Premier;
    oppure
  •  di un Ministro con portafoglio;
    oppure
  • del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

A questo punto viene automaticamente conferito il potere di ordinanza al capo del dipartimento di protezione civile. Quest’ultimo potrà agire nelle zone interessate dal provvedimento che possono essere:

  • aree delimitate;
  • singoli comuni;
  • città;
  • regioni;
  • l’intero Paese

​Quanto dura lo stato di emergenza?

Qual è la durata di questi provvedimenti? Quando è prevista la loro cessazione? Per rispondere a queste domande è necessario fare un passo indietro: in passato, infatti, le misure adottate per fronteggiare situazioni di urgenza ed eccezionalità potevano avere una durata massima pari a 180 giorni prorogabili per ulteriori 180 giorni. Con il decreto Lgs. 1/2018 suddette tempistiche hanno subito una variazione che ne ha, di fatto, raddoppiato i limi: si è arrivati ad una durata massima di 12 mesi prorogabili per ulteriori 12 mesi, per un totale complessivo di 2 anni.

Lo stato di emergenza può considerarsi cessato quando si verifica una delle seguenti condizioni:

  • allo scadere del tempo massimo;
  • prima della scadenza se le condizioni lo consentono.

Esso cessa definitivamente con l’emanazione della relativa ordinanza di chiusura. Quest’ultima ha il compito di disciplinare un corretto ripristino dell’autorità competente, nonché il ritorno alla normalità ordinaria. La fine dei provvedimenti adottati per fronteggiare le emergenze non è mai automatica, essa infatti è sempre subordinata ad un atto specifico volto a decretarne la chiusura permanente, anche laddove sia oltrepassato il termine massimo.

​Fonti normative:

  • ​articolo 16 della Costituzione;
  • legge n. 225/1992;
  • articoli 107 e 108 del decreto legislativo 112/1998;
  • decreto legislativo n.1 del 2 gennaio 2018;
STATO DI EMERGENZA PROTEZIONE CIVILE
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