Il pignoramento della pensione può essere effettuato su richiesta di un creditore, se il debitore non ha provveduto a saldare il debito. Si tratta quindi di una forma di esecuzione forzata che deve rispettare però alcuni limiti, per garantire il cosiddetto “minimo vitale” al pensionato.
Quando un creditore non riesce a recuperare ciò che gli spetta in modo pacifico, quindi con svariati solleciti di pagamento, può fare ricorso al giudice per chiedere un decreto ingiuntivo, ovvero una richiesta di adempiere all’obbligo entro 40 giorni. Se ciò non avviene si può notificare l’atto di precetto, ovvero un ultimo avvertimento, con intimazione a pagare entro 10 giorni.
Se il debito non viene saldato, è possibile proseguire con l’esecuzione forzata. Uno dei metodi per ottenere il denaro è quello di effettuare un pignoramento presso terzi, cioè della pensione o dello stipendio, che si trovano già depositati in banca o in posta o presso l’Inps o il datore di lavoro.
Nel seguente articolo analizzeremo in particolare come avviene il pignoramento della pensione, che presenta dei limiti particolari, più restrittivi rispetto allo stipendio.
Il pignoramento della pensione può essere richiesto dal creditore per recuperare le somme che gli spettano di diritto. Può essere effettuato prima che la cifra sia accreditata nel conto corrente del debitore, quindi direttamente presso l’ente previdenziale, generalmente l’Inps, oppure presso l’istituto di credito dove è stata depositata.
In ogni caso non è possibile prelevare l’intero importo, proprio come avviene con il pignoramento dello stipendio. Ci sono, infatti, specifici limiti da rispettare, volti a garantire comunque la sopravvivenza del debitore.
In particolare quando si parla di pensione, la questione diventa più delicata, visto che il soggetto è debole e non in grado di procurarsi altri redditi. Inoltre, il pensionato solitamente deve sostenere delle spese necessarie, inerenti ad esempio a cure mediche, farmaci e assistenza. Per questo motivo sono previsti ulteriori limiti rispetto a quanto previsto se si tratta dello stipendio
Come vedremo nei prossimi paragrafi, è sempre valido il limite generale di un quinto del netto percepito, ma viene anche considerato il minimo impignorabile, cioè una somma sotto la quale non è possibile scendere. Si tratta del cosiddetto “minimo vitale”, individuato attraverso una riforma del 2015. In passato, invece, veniva stabilito di volta in volta dal giudice.
Va sottolineato, inoltre, non sono pignorabili le pensioni sociali e quelle erogate per disabilità.
Come abbiamo accennato sopra la pensione può essere pignorata in due modi diversi:
Il creditore può scegliere la forma più opportuna, comunicando all’ufficiale giudiziario a chi notificare l’atto. Egli infatti può conoscere la situazione economica del debitore effettuando delle ricerche. In particolare dopo avere notificato l’atto di precetto all’inadempiente, egli può ottenere l’autorizzazione per consultare l’anagrafe tributaria, un grande database contenente i redditi dei contribuenti, generalmente utilizzato dall’Agenzia delle Entrate per verificare eventuali evasioni fiscali.
Ad ogni modo l’atto deve essere notificato all’Inps o alla banca, ma una copia deve arrivare anche al pensionato.
Dopo la notifica l’Inps deve trattenere la quota pignorabile, in attesa dell’udienza davanti al giudice durante la quale:
Comunque, non è detto che il pignoramento si riferisca soltanto alla pensione, è possibile infatti aggredire anche altre somme, ad esempio il Tfr o Tfs. Le varie trattenute si sommano tra loro.
Ci possono essere, inoltre, più pignoramenti nello stesso momento, se il credito non deriva dalla stessa causa. A tal proposito va sottolineato che i crediti possono essere:
Se sono presenti più concorsi creditizi derivanti da cause diverse, l’importo pignorabile può corrispondere fino alla metà della pensione, sempre rispettando il minimo vitale.
Il pignoramento della pensione non deve, però, essere confuso con la cessione del quinto, fatta in modo volontario dal pensionato per ottenere un finanziamento.
Se le due opzioni dovessero sovrapporsi, la somma da pignorare sarebbe calcolata sempre sull’importo base, senza considerare la cessione del quinto volontaria.
La trattenuta derivante dalla decisione di un giudice, quindi, ha la priorità rispetto a quella del finanziamento.
Nel 2015, attraverso un decreto legge, sono state modificate le norme che regolano il pignoramento della pensione. In modo particolare sono stati aggiunti dei paletti alle trattenute, da effettuare direttamente nel conto corrente o presso l’Inps, cioè prima che le somme vengano depositate presso un istituto di credito.
La pensione può essere pignorata prima che venga effettivamente erogata al beneficiario, in tal caso quindi risulta ancora in capo a terzi, ovvero all’Inps. L’atto deve essere notificato all’ente previdenziale, che ha l’obbligo di trattenere la cifra fino all’udienza e all’ordine impartito dal giudice.
In questo caso è possibile pignorare un quinto della pensione, ma non si deve calcolare sul netto totale, ma è necessario detrarre il cosiddetto minimo vitale, pari una volta e mezza dell’assegno sociale, che per il 2019 è di 457,99 euro mensili. Perciò sono impignorabili tutte le pensioni inferiori a 686,98 euro (457,99 + 50% di 457,99). In tutti gli altri casi è possibile trattenere un quinto della differenza.
Se l’intenzione è quella di prelevare le somme già depositate nel conto corrente del pensionato, l’atto va notificato alla banca o alle poste.
I limiti sono in parte diversi rispetto a quanto visto prima:
La situazione cambia se il credito da recuperare è inerente a una cartella esattoriale già notificata al contribuente.
In questo caso i limiti sono i seguenti:
La legge ha già stabilito che non sono pignorabili le seguenti pensioni:
Non c’è alcun divieto, quindi, per quanto riguarda la pensione di reversibilità, che può essere pignorata seguendo gli stessi limiti che abbiamo visto nel paragrafo precedente.
Se il familiare decide di rinunciare all’eredità, però, la pensione di reversibilità non può essere toccata. Anche in caso di rinuncia, infatti, egli ha diritto di ricevere la reversibilità essendo un diritto personale e non successorio.
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