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Atto di precetto: cos’è e quando viene notificato?

L’atto di precetto è un’ultima intimazione di pagamento fatta dal creditore nei confronti del debitore, e supportata da un titolo esecutivo come il decreto ingiuntivo, un assegno o una scadenza. Vediamo quindi come deve essere notificato e come può opporsi il destinatario.

Quando un soggetto deve recuperare un credito può agire in diversi modi, adottando strategie diverse. Generalmente i primi passi sono caratterizzata da metodi “bonari” per cercare un dialogo con il debitore. A tal proposito possono essere inviate email o fatte telefonate per capire le intenzioni dell’interlocutore.

Se non ci sono risposte si può provare con la cosiddetta messa in mora, ovvero con una lettera raccomandata AR o una PEC per sollecitare il pagamento entro 10 giorni, in caso contrario si avvisa il soggetto della possibilità di intraprendere vie legali.
A tal proposito il provvedimento più richiesto al giudice è il decreto ingiuntivo.

Assieme al titolo esecutivo il creditore può notificare al debitore anche l’atto di precetto, ovvero l’ultima possibilità di risolvere la questione.prima che vengano pignorati effettivamente i suoi beni.

Di seguito proviamo a capire cosa accade esattamente in una situazione di questo tipo, analizzando anche in quali casi l’atto può essere contestato.

Cos’è un atto di precetto?

In giurisprudenza l’atto di precetto corrisponde a una intimazione di pagamento fatta prima di procedere con l’esecuzione forzata, ovvero con il pignoramento dei beni del debitore insolvente.

L’art. 480 del codice di procedura civile, infatti, afferma che:

Il precetto consiste nell'intimazione di adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni, salva l'autorizzazione di cui all'articolo 482, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà a esecuzione forzata

Innanzitutto il primo presupposto che salta subito agli occhi è la necessità che il creditore disponga di un titolo esecutivo, prima di predisporre il precetto. In seguito entrambi possono essere notificati assieme. Si tratta sempre di atti stragiudiziali, solo che invece di essere spediti tramite raccomandata, vengono consegnati da un ufficiale giudiziario.

Quando si parla di titolo esecutivo si fa riferimento a un documento a cui la legge attribuisce l’efficacia di imporre l’adempimento al debitore, come ad esempio una sentenza, un decreto ingiuntivo, un titolo di credito etc.

Perciò volendo descrivere le differenze tra i vari documenti possiamo dire che:

  • un titolo esecutivo è la manifestazione implicita dell’intenzione a procedere
  • un atto di precetto è la manifestazione esplicita, ovvero l’ultimatum

Quando viene notificato un atto di precetto?

Il precetto per produrre i suoi effetti deve essere necessariamente notificato al soggetto interessato, attraverso la consegna effettuata da un ufficiale giudiziario.

Come abbiamo descritto nel paragrafo precedente, si tratta di un avvertimento formale inviato al debitore, attraverso il quale si avvisa l’interessato della possibilità di attuare una esecuzione forzata se non viene saldato il debito entro 10 giorni.

Si presuppone, comunque, l’esistenza di un titolo esecutivo al quale fare menzione. Solitamente i due documenti vengono consegnati contestualmente. 

In realtà si possono verificare due diverse ipotesi, in seguito a una sentenza che condanna il debitore al pagamento di una certa somma:

  • notificare prima la sentenza e in un secondo momento il precetto: nell’atto comunque deve essere riportato in modo dettagliato il titolo esecutivo già notificato
  • notificare entrambi simultaneamente

In entrambi i casi l’interessato ha 10 giorni di tempo per provvedere al pagamento, a partire dalla data di notifica. In caso contrario il creditore può avviare l’esecuzione forzata, pignorando i suoi beni.

In molti casi il creditore invia tale avvertimento senza avere una reale intenzione ad agire, ma come ultimo tentativo per cercare di smuovere la situazione per ottenere il credito di cui ha diritto. Ad ogni modo, egli ha 90 giorni di tempo per decidere, prima che il documento perda di efficacia. In tal caso sarà necessario scriverne un altro e notificarlo nuovamente, potenzialmente all’infinito.

Forma e contenuto dell’atto di precetto

Dopo avere visto in quali casi è possibile notificare al debitore un atto di precetto, vediamo ora di focalizzare l’attenzione alla forma e al contenuto dello stesso.

L’art. 480 del codice di procedura civile, sottolinea anche che:

Il precetto deve contenere a pena di nullità l'indicazione delle parti, della data di notificazione del titolo esecutivo se questa è fatta separatamente, o la trascrizione integrale del titolo stesso, quando è richiesta dalla legge

Perciò devono essere indicate le seguenti informazioni:

  • le generalità delle parti coinvolte
  • il riferimento al titolo esecutivo e la data di notifica se fatta separatamente
  • trascrizione integrale del titolo se si tratta di una scrittura privata autenticata

Oltre a ciò deve essere inclusa la dichiarazione di residenza o di domicilio della parte istante presso il comune dove ha sede il giudice competente per l’esecuzione.

Ad ogni modo la mancanza di tale informazioni non determina la nullità dell’atto, nel caso esso venga contestato. 

Inoltre, il documento deve essere sottoscritto dal creditore o dal suo avvocato civilista

Prima di procedere con il pignoramento, comunque, è necessario attendere 10 giorni di tempo, ma senza superare 90 giorni, per evitare che il documento stesso perda la sua efficacia.

Teoricamente è possibile notificare un atto di precetto all’infinito, dato che ogni volta determina lo slittamento in avanti della prescrizione che avviene dopo 10 anni.

Come contestare un atto di precetto?

Nei paragrafi precedenti abbiamo descritto come deve essere scritto e notificato un atto di precetto al destinatario, ora cerchiamo di analizzare quali sono le possibilità per il debitore, ovvero in quali modo può opporsi al documento che ha ricevuto.

E’ possibile contestare l’atto di precetto per due diversi motivi:

  • sostanziali: legati all’esistenza di un credito
  • formali: inerenti a irregolarità procedurali

In particolare si possono verificare le seguenti ipotesi:

  • se il titolo esecutivo è una sentenza di primo o secondo grado: il debitore deve opporsi contro la sentenza stessa impugnandola in Corte d’Appello o in Cassazione, entro i termini previsti dalla legge
  • se si tratta di un decreto ingiuntivo non opposto o di una sentenza ormai definitiva in quanto sono scaduti i termini per l’impugnazione: è possibile contestare solo irregolarità formali.
  • se il titolo è costituito da una cambiale, un assegno o un contratto di mutuo: si può contestare il diritto del creditore dato che non c’è ancora alcuna sentenza a suo favore.

Ad ogni modo si può sempre optare per una soluzione alternativa, ovvero cercare un accordo con il creditore, chiudendo la questione, magari con un saldo e stralcio.

Ovviamente non si tratta di una strada semplice da percorrere per il debitore, che deve valutare anche la reale difficoltà che la controparte troverebbe nel pignorare i beni. Se essi sono coperti da ipoteca, però, è quasi impossibile trovare una soluzione bonaria, a meno che non sia particolarmente difficile vendere l’immobile.

Per concludere ricordiamo che, se le varie azioni di contestazione non hanno esiti positivi, il creditore ha il diritto di pignorare tutti i beni una volta trascorsi 10 giorni dalla notifica dell’atto di precetto, ed entro il termine massimo di 90 giorni.

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