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Accesso al credito: come possono ottenere liquidità le PMI?

Nonostante la ripresa delle attività, il periodo post-Covid non è facile per le imprese italiane. Secondo un’analisi di Unioncamere, quasi il 58,4% delle aziende prevede di dover fronteggiare problemi di liquidità nei prossimi 6 mesi.

Come sappiamo, il clima di incertezza e la crisi della domanda generate dalla pandemia, fanno temere a molti imprenditori di non poter generare i necessari flussi di cassa indispensabili per portare avanti l’operatività aziendale. A soffrire maggiormente sono le micro-imprese composte da 1 a 9 dipendenti, invece, subiscono meno gli effetti della crisi le realtà digitalizzate e caratterizzate da solidità finanziaria.

In modo particolare, i settori della ristorazione e del turismo sono i più colpiti dalla carenza di liquidità, e tra i settori industriali la filiera della moda ha risentito maggiormente delle conseguenze del lockdown.

In sostanza le PMI italiane stanno facendo i conti con una ridotta liquidità e una forte incognita in merito ai futuri guadagni. In molte si interrogano in merito alle migliori opportunità di accesso al credito, considerando anche le misure messe in atto dal Governo attraverso i decreti Cura Italia, Liquidità e Rilancio, ma una volta “tamponata” l’emergenza è necessario ripensare e diversificare le modalità di finanziamento.

Accesso al credito: il Fondo di Garanzia PMI

Il Fondo di Garanzia per le PMI è stato istituito con la Legge 662/92 e divenuto operativo dal 2000. Si tratta di uno strumento utile per favorire l’accesso al credito alle piccole e medie imprese attraverso una garanzia pubblica, che si sostituisce a quelle reali che solitamente devono presentare le imprese. In tal modo, molte attività possono ottenere dei finanziamenti senza costi di fidejussioni o polizze assicurative.

Nel contesto di emergenza generato dal Covid 19, il Fondo è stato potenziato con il Decreto Cura Italia, diventando lo strumento principale per aiutare le imprese ad ottenere liquidità. Di fatto, il Governo ha erogato garanzie al 100% su finanziamenti fino a 30 mila euro, con procedure di istruttoria veloci.

Secondo i dati, dal 1°gennaio al 30 giugno 2020 sono state accolte 758 mila domande, e garantito un importo di quasi 34 miliardi di euro: una crescita del 398,2% rispetto al 2019.

Con il Decreto Agosto, inoltre, il governo ha dato una nuova iniezione di risorse al Fondo, attraverso un rifinanziamento da 7,8 miliardi per il triennio 2023-2025.

Ma come funziona esattamente?

Il Fondo di Garanzia è uno strumento utile per consentire l’accesso al credito alle PMI. I beneficiari possono essere imprese che hanno un massimo di 499 dipendenti, ma anche enti del terzo settore, professionisti organizzati in studi associati, subagenti, broker e agenti di assicurazione.

Le garanzie pubbliche sono le seguenti:

  • 100% se si tratta di prestiti fino a 30 mila euro;
  • 100% (10% da Confid e 90% dallo Stato) se si tratta di prestiti fino a 800 mila euro;
  • 90% per tutti gli altri casi, con un tetto massimo di 5 milioni di importo garantito.

Ad ogni modo, l’importo massimo garantito non può superare il 25% dei ricavi risultati dall’ultimo bilancio o dichiarazione fiscale presentati. I beneficiari, costituito dopo il 1° gennaio 2019 possono procedere con un’autocertificazione.

Entro quando deve essere restituito il prestito?

Dipende dall’importo:

  • Fino a 30 mila euro: la restituzione deve avvenire in 10 anni, e l’inizio del rimborso scatta non prima di 2 anni dall’erogazione;
  • Fino a 800 mila euro: la restituzione avviene in 30 anni.

Restano esclusi i soggetti che presentano esposizioni classificabili come “sofferenze”, secondo la disciplina bancaria.

Istruttoria bancaria e autocertificazione

Le banche non devono effettuare valutazioni sul merito creditizio per elargire finanziamenti garantiti fino a 30 mila euro, per quanto riguarda invece gli importi superiori si deve procedere con l’istruttoria bancaria, tenendo in considerazione l’andamento prospettico della società, secondo le linee guida EBA, European Banking Authority.

I documenti che solitamente vengono richiesti agli imprenditori sono:

  • Business plan: consente all’istituto di credito di valutare l’equilibrio economico e patrimoniale, nel medio e breve periodo, quindi l’andamento aziendale;
  • Budget di tesoreria a 3 o 6 mesi: evidenzia i flussi di cassa nel breve periodo e quindi la capacità di ripagare il credito.

Dopo l’erogazione del prestito i budget di tesoreria devono essere aggiornati ogni sei mesi, almeno, per consentire alla banca di adempiere alle linee guida EBA, e al Fondi di Garanzia di essere aggiornato in merito all’andamento.

Per questo motivo le PMI devono essere dotate di adeguati assetti, sia per riuscire ad avere accesso al credito, sia per il proseguo dell’attività per essere compliance al nuovo rapporto banca-impresa delineato.

Senza effettuare l’istruttoria le banche sarebbero esposte ai seguenti rischi:

  • Richieste provenienti dalla criminalità organizzata;
  • Concessioni abusive di prestiti, a soggetti che si trovano in stato di grave crisi economica.

I dati aziendali prospettici, quindi, rivestono un ruolo importante, ma molto spesso le PMI si trovano impreparate a fornire tali documenti e questo ha rallentato i procedimenti volti alla concessione di prestiti.

Per ovviare a tale problema, con la conversione in legge del Decreto Liquidità, è stata istituita la possibilità per l’imprenditore di procedere con l’autocertificazione, ma non è escluso che l’istituto di credito intenda comunque effettuare un’istruttoria.

L’autocertificazione se da un lato permette di accedere al credito in modo più veloce, dall’altro comporta un aumento di responsabilità a capo dell’imprenditore che effettua la sottoscrizione. È importante effettuare della analisi approfondite in merito allo stato di salute della propria azienda prima di procedere.

In sostanza, le PMI devono dotarsi di assetti adeguati, tali da permettere una gestione organizzata e consapevole.

Accesso al credito: soluzioni alternative

Le aziende solitamente si finanziano attraverso il credito erogato dalle banche, ma esistono strumenti di finanza alternativa, che possono rivelarsi interessanti.

I canali alternativi o complementari al credito bancario possono essere:

  • Minibond: titoli obbligazionari emessi da imprese italiane sul mercato mobiliare e sottoscritti da investitori qualificati, che a fronte della raccolta di capitale, offrono una remunerazione. Tra i vantaggi possiamo evidenziare la possibilità di entrare in contatto con investitori e ottenere visibilità, ricevere certezza e disponibilità di risorse per diversi anni e differenziare le fonti di accesso al credito, per non essere totalmente dipendente dalle banche.
  • Crowdfunding: ricerca di finanziatori attraverso portali internet, in tal caso oltre al finanziamento è possibile sfruttare la “validazione critica” del progetto imprenditoriale attraverso la rete, in chiave di marketing.
  • Invoice trading: smobilizzo di fatture commerciali, ovvero cessione delle fatture in cambio di anticipo di denaro, attraverso una piattaforma online. In tal caso non è necessario dimostrare garanzie per l’accesso al credito.
  • Direct lending: erogazione diretta di finanziamenti da parte di soggetti non bancari, solitamente fondi in investimento alternativi specializzati. L’erogazione può essere più rapida ed è possibile personalizzare il contratto in base alle necessità. Il costo però risulta essere più elevato.
  • Initial Coin Offerings (ICOs): le criptovalute e la tecnologia blockchain vengono utilizzate per raccogliere capitale online, come avviene in una campagna di crowdfunding, senza la necessità di una piattaforma o ente terzo per processare il pagamento.
  • Private equity e venture capital: operazioni finanziarie nelle quali investitori professionali rilevano quote del capitale di rischio di un’impresa.
ACCESSO AL CREDITO
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