Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro rappresenta, per ciascun lavoratore e per le aziende, una fonte essenziale per comprendere oneri e diritti di titolari e dipendenti. Risulta dunque fondamentale capire cosa viene regolamentato al suo interno.
Possiamo considerare il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro come la fonte normativa attraverso la quale le organizzazioni nazionali a rappresentanza dei lavoratori (sindacati) da un lato e le organizzazioni dei datori di lavoro (ad es. Confindustria, Confcommercio, ecc...) o il singolo datore di lavoro dall'altro, stabiliscono di comune accordo, previa contrattazione, le regole che disciplinano il rapporto fra gli attori della collaborazione lavorativa.
Esistono tre tipologie diverse di contratti collettivi, ovvero:
Come abbiamo visto, si tratta dell'insieme di normative che regolamentano i contratti per ciascun settore merceologico, definendo i diritti e doveri del lavoratore da una parte ed i diritti e doveri del titolare dall'altra.
L'esigenza nasce indubbiamente dal fatto che ogni settore produttivo ha le proprie peculiarità e che applicare generiche regolamentazioni su tutte le tipologie merceologiche senza operare le adeguate distinzioni darebbe origine a situazioni problematiche.
Sicuramente il CCNL è il riferimento più importante che il lavoratore dipendente ha a disposizione per comprendere quali sono i suoi oneri e quali i diritti in riferimento alla propria categoria di appartenenza.
Il Contratto è comunque subordinato alla Legge, nel senso che può soltanto prevederne dei cambiamenti migliorativi, mai in senso peggiorativo. Ciò significa che, qualora subentri un contrasto fra quanto prevede la Legge ed il contenuto del Contratto Collettivo, quest'ultimo potrà prevalere solo se rispetto alla legge apporta delle migliorie (ad esempio, maggiori tutele in favore del lavoratore, rispetto a quelle già previste).
Questo principio rimane in vigore anche per quanto concerne i contratti individuali (art. 2077 C.C.): ove le clausule del contratto individuale - sia esso preesistente o successivo all'entrata in vigore del Contratto Collettivo - prevedano condizioni migliori per il lavoratore rispetto a quelle previste dal Contratto Collettivo stesso, allora vengono comunque preservate.
Bisogna anche evidenziare come accada spesso che i Contratti Collettivi si trovino a colmare dei vuoti normativi per quanto concerne la regolamentazione di determinate circostanze che possono incorrere nel rapporto fra lavoratori e datori di lavoro.
Una conseguenza di ciò è il fatto che diversi diritti dei lavoratori hanno come unica fonte proprio il CCNL. Un esempio fra i tanti è il pagamento della tredicesima e quattordicesima mensilità: non si tratta di un diritto tutelato da legge, ma spetta solamente se risulta previsto nel Contratto Collettivo di riferimento.
Potremmo essenzialmente suddividere il documento in quattro parti, in base alle tematiche:
Alla luce di ciò appare evidente come l'unico modo per il dipendente di avere una conoscenza approfondita della propria situazione sia conoscere il CCNL di riferimento. Al suo interno troviamo questioni essenziali, quali ad esempio la durata dei periodi di assenza per malattia entro i quali il dipendente può conservare il proprio posto di lavoro, la durata di eventuali periodi di prova e tutto ciò che concerne la retribuzione. A tal proposito, il documento contiene i cosiddetti minimi contrattuali ovvero la retribuzione minima garantita al dipendente sulla base del suo inquadramento.
Qui risulta necessario effettuare una dovuta premessa. La Costituzione italiana prevede, all'art. 39, che:
"Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge.[...] I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce."
In parole povere, i sindacati, previa registrazione presso appositi uffici pubblici, sarebbero abilitati alla stipula di contratti collettivi applicabili a tutti i dipendenti, indipendentemente dall'eventuale iscrizione del singolo lavoratore o della azienda all'organizzazione sindacale o all'associazione di rappresentanza dei datori di lavoro che procedono alla sottoscrizione.
Tuttavia, questa modalità non ha mai trovato attuazione concreta ed i Contratti Collettivi rientrano nel novero del diritto privato, ove si stabilisce che i contenuti di quanto sottoscritto non possano essere applicati al di là dei firmatari (quindi resterebbero fuori tutti i soggetti non iscritti al sindacato od all'associazione dei datori di lavoro).
Di conseguenza, possiamo dire che i soggetti a cui risultano per legge applicabili i contenuti del CCNL sono, di fatto: 1. lavoratori iscritti al sindacato firmatario; 2. aziende aderenti all'associazione dei datori di lavoro firmataria; 3. al di fuori di queste categorie, tutti i casi in cui azienda e lavoratore sottoscrivano un rapporto di collaborazione lavorativa regolato da contratto che rimanda esplicitamente all'applicazione dei contenuti del Contratto Collettivo; 4. escludendo tutte le situazioni precedenti, quando viene per "prassi" applicato il contenuto del CCNL.
Il CCNL ha una durata solitamente triennale. Al termine del periodo, è prevista una nuova contrattazione fra le parti per ridiscutere le condizioni e tenere in considerazione i vari fattori socio-economici (ad es., adeguamento dei trattamenti retributivi).
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