Come e quando è possibile regolarizzare interventi edilizi privi di autorizzazione o non rispettosi della normativa urbanistica ed edilizia? La legge prevede alcune possibilità per sanare gli illeciti.
Il termine "condono" nel diritto fa riferimento ad un provvedimento emanato dal governo o dal legislatore e finalizzato a concedere l'annullamento completo o anche solo parziale di una pena o di una sanzione scaturite da un illecito.
Ne consegue che il condono edilizio interessa illeciti commessi in fase di costruzione, ampliamento o modifica di immobili. Occorre però subito precisare un'importante distinzione fra condono edilizio e condono ambientale: nel primo caso si parla di violazione di norme urbanistiche ed edilizie, mentre nel secondo si tratta di illeciti che riguardano le norme paesaggistiche. Sembra una differenza sottile, che però non risulta tale nei fatti, in quanto diversi sono i criteri per i due ambiti.
In questa sede approfondiremo la prima tipologia di condono. Vediamo anzitutto com'è nato questo provvedimento nel nostro Paese.
Il primo condono edilizio nella storia d'Italia risale al 1985 ed è sancito dalla legge n. 47/1985.
All'epoca la situazione nel nostro Paese si caratterizzava per un abusivismo edilizio massivo, tale da indurre il legislatore ad istituire uno strumento volto a sanare la situazione. Nella pratica si è aperta la possibilità di ottenere, previo pagamento di un'oblazione, un'autorizzazione "post eventum" sugli edifici costruiti, ampliati o modificati abusivamente, al fine di annullare gli effetti dell'illecito e di sancire la rinuncia, da parte dello Stato, all'applicazione della pena o della sanzione prevista.
L'intento di questo primo intervento era più in generale quello di mettere "ordine" in una situazione confusa e complessa, sviscerando in via ufficiale il tema degli illeciti urbanistici e mettendo dei paletti alla costruzione di opere abusive.
Il quantitativo ingente di domande presentate nel corso di questa prima occasione, ha spinto a prevedere l'emanazione di un secondo condono nel 1994, attraverso la legge n. 724/1994. Durante questa seconda circostanza, sono stati precisati meglio i tre criteri per poter ottenere il condono: il tempo, lo stato dei lavori e le dimensioni dell'opera abusiva. In particolare quest'ultimo punto ha reso più rigorosa l'applicazione del condono.
Un terzo ed ultimo condono è stato emanato a seguito del persistere di situazioni di abusivismo, e si riferisce alla legge 326/2003.
L'art. 32 co. 25 della legge 326/2003 stabilisce l'applicabilità di questo ultimo condono alle opere che siano state completate entro il 31 marzo 2003.
Un punto importante richiamato nel co. 25, riguarda i limiti volumetrici entro i quali risulta possibile richiedere il condono. A tal proposito viene operata una differenziazione fra gli ampliamenti e le nuove costruzioni:
Se il co. 26 della legge del 2003 delinea tutte le tipologie sanabili, ancor più rilevante risulta il contenuto del co. 27, dove possiamo trovare il dettaglio delle costruzioni e degli interventi che non possono essere oggetto della sanatoria:
Tutte queste tipologie vanno ad aggiungersi a quelle la cui esclusione era già prevista dalla precedente legge del 1985.
Il criterio generale per tutte le opere realizzate in aree sottoposte a qualche vincolo, è che il condono è applicabile solo se non si è dinnanzi a vincoli implicanti inedificabilità assoluta.
Di fronte a vincoli posti come tutela di interessi ambientali, idrogeologici e paesistici, si possono condonare quegli interventi di portata molto contenuta, quali interventi di manutenzione straordinaria, di restauro o risanamento conservativo, sempre e comunque previo parere favorevole delle autorità competenti per la tutela e sempre in conformità agli strumenti urbanistici.
In riferimento all'ultimo condono, il termine ultimo per la presentazione delle domande da parte dei cittadini era stato fissato al 10 dicembre 2004. Entro tale termine, colui che aveva realizzato l'opera o i suoi figli avrebbero dovuto presentare la domanda presso il Comune sul cui territorio era presente l'immobile abusivo. La domanda andava corredata dalla ricevuta dell'avvenuto pagamento dell'oblazione e dell'anticipazione di oneri concessori, contestualmente ad un documento in cui il richiedente descriveva gli interventi per i quali si richiedeva la sanatoria, con precisazione dello stato dei lavori e della loro data di completamento. La descrizione andava inoltre completata da fotografie e, per opere oltre un certo volume (450 metri cubi), veniva richiesta anche la presenza di una perizia giurata.
Trascorsi 36 mesi dalla consegna della documentazione e relativo pagamento degli oneri previsti, si producevano gli effetti dell'oblazione, salvo naturalmente la sussistenza delle cause di esclusione previste da legge.
Come abbiamo visto, l'ultimo condono edilizio è stato normato nel 2003, successivamente non ne sono stati formulati altri, anche se l'ipotesi torna ricorsivamente al vaglio del Parlamento. L'abusivismo edilizio in Italia risulta infatti ancora diffuso, ed il condono per molti rappresenta una strada per "rifocillare" le casse dello Stato, regolarizzando piccoli illeciti (ricordiamo infatti che non tutte le opere risultano condonabili), ma il dibattito in materia è sempre abbastanza accesso, perché c'è chi vede questo provvedimento come un modo per "assolvere" gli autori di abusi edilizi a scapito di coloro che invece si sono sempre mossi nel rispetto della legge.
Ad oggi non è possibile prevedere esattamente se e quando verrà emanato un prossimo condono. E dunque, come fare a mettersi in regola?
Esiste una possibilità alternativa al condono, nota come sanatoria.
Mentre il condono è definibile come l'opportunità di ratificare l'opera eseguita nel mancato rispetto delle norme, la sanatoria risulta invece essere un provvedimento amministrativo altresì noto come accertamento di conformità, la cui procedura è prevista dal D.P.R. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) per consentire la regolarizzazione di interventi edilizi che non erano stati autorizzati, ma che comunque risultano conformi a quanto previsto dalla normativa urbanistica ed edilizia in vigore all'epoca della realizzazione dei lavori ed a quella in vigore al momento della presentazione dell'istanza. Questo principio di doppia conformità urbanistica è una condizione necessaria al fine di ottenere la sanatoria.
In generale, tanto il condono quanto la sanatoria sono necessariamente soggetti a limiti e restrizioni, ma si può affermare che i condoni fino ad oggi formulati hanno concesso, rispetto alla sanatoria, delle chance "aggiuntive" di regolarizzazione.
I dati attuali circa i casi di abusivismo edilizio indicano questa come una pratica ancora diffusa, benché in calo rispetto al passato. Non si tratta semplicemente di un mancato rispetto delle norme al fine di "scavalcare" la macchina burocratica per velocizzare i tempi di costruzione: purtroppo spesso balzano all'onore delle cronache eventi che mostrano come la costruzione e l'occupazione di immobili abusivi possa determinare il verificarsi di incidenti mortali. Non di rado infatti la realizzazione di tali costruzioni non tiene conto di norme fondamentali per la sicurezza dei futuri abitanti, così come delle motivazioni alla base dei divieti a costruire su determinate zone a rischio.
Il problema è dunque lungi dal dirsi risolto: se azioni quali l'emanazione di condoni edilizi o la concessione di sanatorie possono dirsi risolutive rispetto a piccole violazioni, come sempre alla base di una futura risoluzione non può che esserci la promozione di una cultura e di una educazione volte ad una maggiore consapevolezza, attenzione alla sicurezza ed al rispetto del territorio.
Fonti legislative:
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