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Corruzione tra privati: significato e conseguenze

La corruzione tra privati avviene quando amministratori, direttori o dirigenti sollecitano o ricevono denaro o altre utilità per compiere atti contrari ai loro obblighi. Nel 2019 sono state introdotte alcune novità con la legge spazzacorrotti.

​I corrotti non riguardano solo il settore pubblico, anche nel privato alcuni soggetti possono abusare del loro potere per ottenere dei benefici personali.
Sebbene comportamenti di questo tipo si possano verificare in qualsiasi ambito, in genere si tratta di episodi che accadono nell’esercizio d’impresa. Spesso, infatti, imprenditori o dirigenti cercano la via più facile per raggiungere i loro obiettivi, senza rispettare i doveri tipici del loro ruolo.
Vediamo quindi di analizzare cosa dice la legge in merito, anche in seguito delle recenti modifiche alle norme di riferimento, portate dalla cosiddetta legge spazzacorrotti.

Cos’è la corruzione?

La corruzione è un reato previsto nel nostro ordinamento a tutela del corretto e limpido esercizio della pubblica amministrazione.

Si tratta di un reato rientrante sia nella categoria dei reati propri (ovvero di quelli che possono essere commessi solo da soggetti particolari come, nel nostro caso, i pubblici ufficiali), sia tra i reati comuni (ovvero quelli che possono essere commessi da chiunque); ciò è possibile proprio perché il corrotto deve essere necessariamente un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, mentre il corruttore può essere qualunque privato cittadino.

 Il delitto di corruzione si suddivide in diverse fattispecie:

  • corruzione per l’esercizio della funzione;
  • corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio;
  • corruzione in atti giudiziari;
  • corruzione di persona incaricata di pubblico servizio.

Quando un pubblico ufficiale accetta la prestazione o la promessa di denaro o altra utilità in cambio del compimento di un atto del suo ufficio (che avrebbe comunque dovuto compiere), è colpevole del reato di corruzione 

Il pubblico ufficiale (ed il corruttore) saranno condannati non per l’atto che è lecito e dovuto ma per l’illecito compenso. Immaginiamo il medico convenzionato che percepisce compensi (e ovviamente non dovrebbe) per visitare a domicilio i pazienti. La pena prevista per questo reato (sia per il corrotto che per il corruttore) è della reclusione da tre a otto anni (pena aumentata con la legge spazzacorrotti).

La corruzione che potremmo definire più grave, si realizza quando un pubblico ufficiale accetta la dazione o promessa di denaro per omettere o ritardare il compimento di un atto del suo ufficio ovvero per compiere un atto contrario ai doveri del suo ufficio.

Immaginiamo il pagamento ad un tenente colonnello dei carabinieri in cambio della rivelazione di informazioni riservate e segrete oppure il pagamento di fatture effettuato da un’azienda ospedaliera con tempi anticipati rispetto all’ordine cronologico, nonostante le sofferenze di cassa impediscano la regolare e puntuale liquidazione di quanto dovuto ai vari fornitori di beni e servizi ospedalieri. In questi casi la pena prevista è più alta ovvero della reclusione da sei a dieci anni.

Cos’è la corruzione tra privati?

Il reato di corruzione tra privati (art. 2635 c.c.) e istigazione alla corruzione tra privati (art. 2635 bis c.c.) era procedibile a querela della persona offesa, a meno che "dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi."

Dalla lettura del comma 1 dell'art. 2635 c.c. il reato di corruzione tra privati, si configura quando:
  • gli amministratori,
  • i direttori generali,
  • i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari,
  • i sindaci e i liquidatori, di società o enti privati che, anche per interposta persona,

sollecitano o ricevono, per sé o per altri, denaro o altra utilità non dovuti, o ne accettano la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà

La pena base prevista dal comma 1 è la reclusione da uno a tre anni, prevista anche "se il fatto è commesso da chi nell'ambito organizzativo della società o dell'ente privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie dei soggetti" di cui al comma 1.


La pena della reclusione fino a un anno e sei mesi invece è prevista "se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma."


La pena della reclusione da uno a tre anni e fino a un anno e sei mesi è prevista anche per chi, anche per interposta persona, offre, promette o dà denaro o altra utilità non dovuti alle persone indicate nel primo e nel secondo comma.

Le pene della reclusione da uno a tre anni e fino a un anno e sei mesi infine"sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni."


L’istigazione alla corruzione tra privati


Ai sensi dell'art. 2635-bis cc. è punita anche l'istigazione alla corruzione, che si configura quando:"Chiunque offre o promette denaro o altra utilità non dovuti agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di società o enti privati, nonché a chi svolge in essi un'attività lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive, affinché compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà'".


Qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, è applicata la pena stabilita nel primo comma dell'art. 2635, ossia reclusione da uno a tre anni, ridotta di un terzo.

La stessa pena si applica "agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di società o enti privati, nonché a chi svolge in essi attività lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive, che sollecitano per se' o per altri, anche per interposta persona, una promessa o dazione di denaro o di altra utilità, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, qualora la sollecitazione non sia accettata."


Quali sono le pene accessorie?


Ai sensi dell'art. 2640 c.c.:"Se i fatti previsti come reato agli articoli precedenti hanno cagionato un'offesa di particolare tenuità la pena è diminuita."


L'art. 2641 cc. prevede, in caso di condanna o applicazione della pena su richiesta delle parti per reato di corruzione o istigazione alla stessa tra privati, la misura della confisca del prodotto o del profitto del reato e dei beni utilizzati per commetterlo. Qualora non sia possibile individuare o apprendere i beni sopra indicati la confisca ha ad oggetto una somma di denaro o di beni di valore equivalente. Per tutto quanto non previsto e disciplinato da questa norma, si applica l'art. 240 cp. Ai sensi dell'art. 2635 cc. ultimo comma infine:"Fermo quanto previsto dall'articolo 2641, la misura della confisca per valore equivalente non può essere inferiore al valore delle utilità date, promesse o offerte."

L'art. 2635 tre prevede in ogni caso, per il reato di corruzione tra privati di cui al comma 1 dell'art. 2635 cc., l'interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese di cui all'articolo 32-bis c.p. nei confronti di chi sia già stato condannato per il medesimo reato o per il reato di istigazione previsto dal comma 2 dell'art. 2635 bis.

Ai sensi dell'art 2639 c.c. per i reati di corruzione tra privati e istigazione alla corruzione tra privati: "al soggetto formalmente investito della qualifica o titolare della funzione prevista dalla legge civile è equiparato sia chi è tenuto a svolgere la stessa funzione, diversamente qualificata, sia chi esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione. Fuori dei casi di applicazione delle norme riguardanti i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, le disposizioni sanzionatorie relative agli amministratori si applicano anche a coloro che sono legalmente incaricati dall'autorità giudiziaria o dall'autorità pubblica di vigilanza di amministrare la società o i beni dalla stessa posseduti o gestiti per conto di terzi."

Novità sono state introdotte anche in materia di responsabilità amministrativa degli enti attraverso la modifica della lett. s-bis) dell'art. 25-ter del D.Lgs. n. 231/2001 che nella versione aggiornata prevede:

  • per il delitto di corruzione tra privati, nei casi previsti dall'art. 2635 c.c. comma 3, la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote;
  • nei casi di istigazione previsti dall'art. 2635 bis c.c, la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote.

Al reato di corruzione tra privati e di istigazione alla stessa si applicano anche le sanzioni interdittive di cui all'art. 9 comma 2 del Dlgs. n. 231 del 08/06/2001 in virtù della riforma operata dal D.Lgs. n. 38/2017:

  •  l'interdizione dall'esercizio dell'attività;
  • la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito;
  • il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
  • l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi;
  • il divieto di pubblicizzare beni o servizi

​Novità della Legge spazzacorrotti

Il 16 gennaio 2019 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la c.d. Legge Anticorruzione (L. 9 gennaio 2019, n. 3) la cui entrata in vigore è fissata per il 31 gennaio 2019. Tra le molte novità significative, si segnala l’abrogazione (ad opera dell’art. 1 co. 5 L. 3/2019) del comma 5 dell’art. 2635 c.c., disciplinante il reato di Corruzione tra Privati, il quale prevedeva “Si procede a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi”.
Parallelamente, è stato abrogato il comma 3 dell’art. 2635 bis c.c. (“Istigazione alla corruzione tra privati”) che stabiliva “Si procede a querela della persona offesa”. La riforma introduce quindi il regime indiscriminato della procedibilità d’ufficio per tutte le ipotesi di corruzione e di istigazione alla corruzione tra privati, indipendentemente (per quanto riguarda il solo reato di cui all’art. 2635 c.c.) dall’accertamento della intervenuta “distorsione alla concorrenza”.
Tale ultima disposizione era stata introdotta con la L. 190/2012 (c.d. “Legge Severino”) allo scopo di dare una parziale attuazione alla Decisione Quadro 2003/568/GAI ma, stante l’indeterminatezza del concetto di distorsione alla concorrenza, ne era sin da subito stata messa in dubbio la concreta applicabilità.
Il nuovo regime di procedibilità d’ufficio sembra dunque ubbidire alle direttive sovranazionali che impongono agli Stati di adottare tutte le misure per combattere la corruzione tra privati, percepita come un grave strumento di alterazione della concorrenza.
La modifica in parola accentua lo spostamento (già in parte avviato dalla Legge Severino con l’introduzione della citata deroga al regime della procedibilità a querela di parte) dell’oggetto della tutela penale -in origine, di natura marcatamente privatistica- verso interessi di carattere pubblicistico.

CORRUZIONI CORRUZIONE TRA PRIVATI LEGGE SPAZZACORROTTI
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