La corruzione in atti giudiziari è un reato commesso da un pubblico ufficiale per favorire o danneggiare una parte in un processo penale, civile o amministrativo. Vediamo come funziona.
I pubblici ufficiali hanno il compito primario di realizzare gli interessi della collettività, agendo sempre secondo i principi di correttezza, imparzialità e trasparenza, per questo motivo le loro condotte corruttive sono considerate gravi.
Il loro atteggiamento negativo infatti getta disonore a tutta la categoria, facendo diminuire la fiducia dei cittadini nei confronti della Pubblica Amministrazione stessa.
La corruzione di atti giudiziari è un reato disciplinato dall’art. 319-ter del codice penale, come possiamo leggere di seguito:
Se i fatti indicati negli artt. 318 e 319 sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica la pena della reclusione da sei a dodici anni.
Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da sei a quattordici anni; se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da otto a venti anni
In passato la giurisprudenza considerata tale delitto come un’aggravante rispetto ai seguenti reati:
Oggi, invece, l’orientamento dominante considera la corruzione in atti giudiziari come un delitto autonomo. In particolare è prevista una pena da 6 a 12 anni se l’obiettivo dell’autore è quello di intralciare la giustizia in cambio di un tornaconto economico.
Ciò significa che un funzionario, si fa corrompere per fare gli interessi di altri.
In merito al reato di corruzione in atti giudiziari sono state colmate alcune lacune con la legge n. 181 del 7 febbraio 1992, specificando che anche il corruttore privato può essere punito come stabilito dalla norma di riferimento.
L’art. 321 c.p. sottolinea infatti che:
Le pene stabilite nel primo comma dell'articolo 318, nell'art. 319, nell'art. 319 bis, nell'articolo 319 ter e nell'art. 320 in relazione alle suddette ipotesi degli artt. 318 e 319, si applicano anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio il denaro o altra utilità
Ci sono opinioni contrastanti in merito al soggetto che di fatto possa commettere tale reato. Alcuni precisano che soltanto chi ricopre una certa posizione, ovvero i pubblici ufficiali, possono concretamente influire sul contenuto delle decisioni giurisdizionali. Quindi ci può essere corruzione in merito agli atti che rappresentano espressione della funzione giudiziaria esercitata da magistrati e collaboratori, e non da semplici incaricati pubblici.
E’ anche vero, però, che in certe situazioni alcuni addetti, estranei all’amministrazione della giustizia, abbiamo la possibilità di manomettere dei documenti, ad esempio un conservatore dei registri immobiliari.
In tal caso, perciò, non è difficile creare una falsa copia di una nota di trascrizione per favorire una delle parti del processo.
A riguardo è utile precisare che i soggetti che possono compiere il delitto sono:
La norma in questione, quindi, ha l’obiettivo di tutelare l’imparzialità dell’attività giudiziaria, evitando che gli ufficiali possano essere corrotti per favorire uno dei soggetti coinvolti in un processo.
Anche il testimone, quindi, riveste il ruolo di pubblico ufficiale, dato che partecipa alla formazione della volontà del giudice.
L’art. 357 c.p. precisa infatti che:
Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.
Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi, e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi
Come abbiamo visto fino ad ora il reato di corruzione in atti giudiziari va a punire le condotte che hanno l’obiettivo di sviare il potere giudiziario, andando a compromettere il corretto svolgimento dello stesso e la necessaria imparzialità dei giudici a riguardo.
Perciò non viene tutelato un interesse diverso rispetto a quello già descritto nella corruzione base, ma si tende a rafforzare la protezione per quanto riguarda le attività giurisdizionali.
SI verifica un comportamento corruttivo quando è presente il cosiddetto pactim sceleris tra un incaricato al pubblico servizio e un privato. In pratica viene chiesto al funzionario di esercitare un atto contrario ai propri doveri d’ufficio, oppure di evitare il suo compimento, in cambio di denaro.
La corruzione in atti giudiziari, perciò, può essere configurata anche come reato-contratto, nel quale non è rilevante tanto la volontà delle parti, ma la stipulazione illecito dello stesso.
Le volontà delle parti, ad ogni modo, si incontrano su un piano di parità, difatti il reato ha una natura plurisoggettiva, al contrario della concussione che vede il pubblico agente in veste di supremazia rispetto al privato, come precisato nell’art. 317 c.p.:
Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o deisuoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da sei a dodici anni
Nel delitto di corruzione in atti giudiziari l’atto in oggetto deve essere funzionale ad un procedimento giudiziario.
Il reato di corruzione in atti giudiziari non si perfeziona soltanto quando un soggetto compie un dato comportamento in cambio di denaro, ma anche quando viene accertato il collegamento tra l’erogazione di un’utilità e l’atto anche se di fatto questo è legittimo.
In altre parole l’ufficiale è considerato colpevole nel momento stesso in cui accetta di ricevere una somma di denaro per commettere un dato comportamento, anche se ancora non è avvenuto.
Il tentativo stesso, quindi, è configurabile come delitto, visto che implica una promessa ad agire.
La sentenza n. 13048/2013 della Cassazione, sottolinea infatti che:
L'ipotesi di tentativo è configurabile nel delitto di corruzione in atti giudiziari previsto dall'art. 319 ter cod. pen., attesa la natura di questo quale figura autonoma di reato, allorché sia posta in essere la condotta tipica con atti idonei e non equivoci (l'offerta o la promessa) e l'evento non si verifichi (ad esempio per mancata accettazione)
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