La custodia cautelare in carcere è una misura applicabile prima della sentenza, che viene adottata solo in specifiche circostanze. Vediamo nel dettaglio chi ne decide l'applicazione, quali sono le ragioni ed i reati per i quali è prevista.
La custodia cautelare in carcere rappresenta la forma più severa di misura cautelare personale applicabile che può essere disposta nei riguardi di un soggetto indagato o imputato per un determinato reato e, in sintesi, si traduce nella limitazione della libertà personale dell'individuo.
Quando parliamo di "misure cautelari" ci riferiamo, come si può intuire dal termine, a provvedimenti adottati a scopo preventivo, volti a prevenire determinati pericoli. Le misure cautelari personali impattano direttamente sulla libertà personale del soggetto e, come recita l'art. 272 del c.p.p., tale libertà potrà essere limitata solamente solo nei casi normativamente previsti e secondo le modalità stabilite dalla legge.
Quando parliamo di "misure cautelari" ci riferiamo, come si può intuire dal termine, a provvedimenti adottati a scopo preventivo, volti a prevenire determinati pericoli. Le misure cautelari personali impattano direttamente sulla libertà personale del soggetto e, come recita l'art. 272 del c.p.p., tale libertà potrà essere limitata solamente solo nei casi normativamente previsti e secondo le modalità stabilite dalla legge.
Esistono dunque tutta una serie di provvedimenti applicabili, a seconda del caso. Vediamole dunque in dettaglio.
Si tratta di tutte quelle azioni previste dalla legge, volte alla limitazione delle libertà individuali e applicabili solo dinnanzi a reati per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore ad un massimo di tre anni, che diventano cinque per determinate fattispecie (finanziamento illecito dei partiti o nel caso della custodia cautelare in carcere).
Questo insieme di misure distingue al proprio interno due tipologie:
Esistono tutta una serie di azioni volte a limitare in via temporanea l'accesso dell'indagato/imputato ad una serie di facoltà o diritti che, in circostanze normali, gli spetterebbero costituzionalmente. Fra queste:
Come abbiamo visto dalla panoramica descritta, il carcere in via preventiva è certamente la misura di coercizione più drastica, e dunque utilizzata come extrema ratio: il giudice ordina la cattura dell'imputato da parte delle autorità preposte, che dovranno poi scortarlo in un luogo di custodia, dove egli resterà a disposizione dell'autorità giudiziaria. Ma chi sono esattamente le figure coinvolte in queste decisioni, e quali sono i criteri che guidano verso la selezione di un provvedimento tanto afflittivo?
Il procedimento che conduce alla custodia cautelare risulta "autonomo" rispetto al procedimento principale, nel senso che lo si attua già prima del giudizio. A seconda della fase in cui ci si trova, le competenze nella decisione sono in capo a giudici diversi:
Il legislatore ha previsto anche per il giudice incompetente la facoltà di richiedere, in via del tutto provvisoria, l'applicazione di una misura cautelare - che verrà a tutti gli effetti sostituita dall'ordinanza formulata entro i termini previsti dalla legge, dal giudice competente.
La custodia cautelare in carcere viene adottata solo qualora tutte le altre misure, anche se applicate in maniera cumulativa, non risulterebbero sufficienti.
Essa deve rispondere ad un criterio di adeguatezza (la misura deve rispondere a precise esigenze cautelari), proporzionalità (rispetto al reato contestato ed alla pena prevista) minor sacrificio (non ci sono possibilità alternative). Quest'ultima voce può essere derogata di fronte a reati considerati di particolare allarme sociale (quali l'associazione mafiosa e l'associazione sovversiva con finalità terroristiche).
Inoltre, vi sono tutta una serie di limiti di applicabilità.
Anzitutto, si può far ricorso a questo provvedimento dinnanzi a reati che prevedono l'ergastolo o un minimo di pena detentiva non inferiore ai 5 anni, oppure reati di illecito finanziamento ai partiti.
In secondo luogo, devono sussistere dei gravi indizi di colpevolezza. Per poter stabilire questa circostanza, il giudice deve disporre di tutta una serie di elementi capaci di rendere probabile il giudizio di colpevolezza sull'individuo oggetto della misura cautelare.
Un ultimo, importantissimo fattore riguarda l'utilità effettiva della misura. Non si tratta di una pena, ma di un provvedimento che viene scelto in quanto si rivela utile a scongiurare tutta una serie di pericoli (fuga, reiterazione, ecc...). In quest'ottica, spetta sempre al giudice la considerazione di alcuni fattori che possono determinare l'inapplicabilità della misura:
La custodia cautelare in carcere (così come gli arresti domiciliari), non è inoltre applicabile se si prevede che all'atto della sentenza sarà adottabile una sospensione condizionale della pena..
La legge prevede un insieme di situazioni che non rendono compatibile il ricorso alla custodia preventiva presso una struttura carceraria.
Una volta stabilita la sussistenza delle condizioni per le quali risulta possibile fare ricorso alla custodia cautelare in carcere, bisogna capire se ve ne sia reale necessità, cioè se siano presenti i pericoli che ne motivano il ricorso. Questi pericoli risultano essere, essenzialmente:
Per concludere, il periodo di custodia cautelare in carcere verrà considerato come periodo detentivo già scontato una volta emesso il giudizio.
Fonti legislative:
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