I maltrattamenti in famiglia sono un reato disciplinato dall’art. 572 del codice penale, con lo scopo di tutelare l’integrità psico fisica nei contesti familiari o para familiari. Ma di cosa si tratta esattamente? Quali sono le condotte punite dalla legge?
L’ambiente familiare in cui vive un soggetto contribuisce a migliorare o peggiorare la sua salute pisco-fisica. Infatti, il luogo in cui risiedono gli affetti ha un ruolo determinate per il benessere di una persona.
Essere colpiti a livello fisico ma anche psicologico, da chi rappresenta la propria famiglia ha un impatto negativo molto serio su un soggetto. Per questo motivo nel nostro ordinamento è previsto il reato di maltrattamenti in famiglia.
Vediamo, quindi, di seguito in quali casi può accadere e come può difendersi la vittima.
Il reato di maltrattamenti in famiglia è descritto dall’art. 572 del codice penale:
Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito con la reclusione da tre a sette anni
La norma attuale è frutto della riforma avvenuta nel 2012 che ha ampliato la casistica anche ai conviventi, di fatto rendendo più generale la fattispecie delittuosa.
Da un punto di vista giuridico, il termine maltrattamenti si riferisce a un complesso di atti vessatori, prevaricatori e oppressivi, che durano nel tempo e che generano sofferenza fisica o morale alla vittima. In alcuni casi quest’ultima non riesce a sviluppare a pieno e in modo soddisfacente la propria personalità.
Qualche anno fa, una sentenza della Corte di Cassazione ha suscitato molto scalpore in quanto ha condannato per maltrattamenti in famiglia una madre e un nonno per eccesso di protezione e attenzioni che hanno impedito un armonico sviluppo psico-fisico del figlio e nipote.
Si tratta di un reato:
La pena prevista per i maltrattamenti in famiglia corrisponde dalla reclusione da 2 a 6 anni, ma ci sono essere delle aggravanti, come sottolinea sempre l’art. 572 cp:
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità come definita ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se il fatto è commesso con armi.
[La pena è aumentata se il fatto è commesso in danno di minore degli anni quattordici.]
Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni.
Il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato
La pena, quindi, aumenta come segue:
Quando si parla di famiglia, non si intende più, come accadeva una volta soltanto il coniuge, i consanguinei e gli affini, ma anche altri soggetti che rientrano comunque nella sfera intima e affettiva di una persona.
In particolare si fa riferimento anche ai conviventi more uxorio, e a tutti coloro che sono legati da un rapporto affettivo o di parentela con il maltrattante.
La Cassazione ha precisato che
sussiste il delitto di maltrattamenti in famiglia tutte le volte che la relazione presenti intensità e caratteristiche tali da generare un rapporto stabile di affidamento e solidarietà
Nel 2012 infatti, l’articolo del codice civile è stato corretto con lo scopo di perseguire più duramente le condotte delittuose che avvengono dentro le mure domestiche, che negli ultimi anni hanno destato un particolare allarme sociale.
Il soggetto che agisce, deve essere in qualche modo legato alla vittima, anche se non sussistono legami di parentela o affinità. Anche chi svolge un ruolo di assistenza e protezione, in assenza di coabitazione può rendersi colpevole di tale reato.
Ad esempio, sebbene il termine stesso possa indurre in errore, spesso i maltrattamenti in famiglia avvengono anche in ambiente scolastico. Ciò avviene in quanto il minore ripone fiducia in tale istituzione, che rappresenta il posto più vicino alla realtà domestica, e quindi può diventare un motivo di angoscia.
La sentenza 40959/2017 della Suprema Corte, infatti, stabilisce che un insegnante che usa ripetutamente la violenza ai danni di un alunno deve rispondere di abuso di mezzi di correzione, ovvero un reato descritto dall’art. 571 del codice penale.
Ma, l’uso della violenza ripetuta, può essere considerato anche un reato di maltrattamenti in famiglia, quindi più grave se ciò provoca dei danni alla vittima.
Cosa si intende esattamente per maltrattamenti?
Il reato di cui stiamo parlando si configura quando viene maltrattata una persona della famiglia, un convivente o affidata alle cure per ragioni di educazione, istruzione o vigilanza.
L’obiettivo è quello di tutelare l’integrità psico-fisica delle persone, in contesti familiari o in quelli considerati importanti anche se non legati da vincoli di parentela.
Le condotte che rientrano in tale fattispecie sono davvero molti. La nozione di maltrattamento, infatti è ampia e comprende:
Chi è vittima di violenza domestica o maltrattamenti in famiglia deve rivolgersi alle forze dell’ordine per porre un freno ad una situazione che può diventare pericolosa. Certamente non è una decisione semplice da prendere dato che di tratta di denunciare una persona vicina dal punto di vista affettivo, ad esempio un parente, il marito, un genitore, un fratello, ecc.
Ad ogni modo solo con la denuncia è possibile agire e permettendo alla magistratura di indagare in merito ai fatti per punire il colpevole.
Quindi, è necessario recarsi presso la più vicina stazione dei carabinieri per raccontare quanto è accaduto, e dare così impulso alle indagini.
La vittima deve compilare un modulo indicando le seguenti informazioni:
Chi non riesce a recarsi presso la stazione, ad esempio un portatore di handicap o un anziano, può chiamare il 113 per effettuare una denuncia a domicilio.
Non ci sono limiti temporali per denunciare i fatti.
In seguito è necessario attendere che la giustizia faccia il proprio corso, e molto spesso purtroppo i tempi sono abbastanza lunghi. Per questo motivo la legge prevede la possibilità di applicare delle misure di carattere cautelare, per evitare che le condotte negative possano protrarsi.
In particolare al presunto colpevole può essere imposto:
Tali soluzioni possono essere adottate nella fase delle indagini o nel corso del processo, in ogni caso la scelta dipende soltanto dalle valutazione fatte dal giudice.
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