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Detenzione domiciliare: in quali casi è prevista?

La detenzione domiciliare è una delle misure alternative alla detenzione, prevista dalla legge in alcuni casi specifici. Ciò significa che un condannato può scontare la pena al di fuori dal carcere. Non deve essere confusa con gli arresti domiciliari. Vediamo come funziona.

In alcune situazioni, per agevolare il processo di reinserimento sociale di un soggetto che ha commesso un reato, la legge prevede la possibilità che questo sconti la pena stabilita da un condanna definitiva presso un luogo diverso dal carcere, ad esempio la propria abitazione.

Ciò avviene se i reati commessi non sono particolarmente gravi, per evitare che il soggetto possa peggiorare la propria condotta, trascorrendo un certo periodo di tempo in prigione.

Infatti, nonostante lo scopo della detenzione in carcere sia quello di rieducare un condannato, spesso le condizioni di vita al loro interno causano l’effetto contrario.

E’ stato dimostrato che, la percentuale di recupero è maggiore se viene stabilita una misura alternativa alla detenzione in prigione.

Vediamo, quindi, di analizzare di seguito quando è possibile procedere in tal senso, ovvero optando per una soluzione diversa del carcere.

Le misure alternative alla detenzione

Le cosiddette misure alternative alla detenzione permettono ad un individuo che ha subito una condanna definitiva, ovvero quando non è più consentito fare appello, di potere trascorrere tutta la pena o solo parte di essa al di fuori dal penitenziario.
I non addetti ai lavori spesso confondono tali strumenti con le misure cautelari, che hanno in realtà uno scopo totalmente diverso. Queste ultime, infatti, vengono applicate in un momento diverso, ovvero quando il procedimento è ancora in corso, per evitare che il processo sia compromesso o per scongiurare la fuga o comportamenti scorretti da parte dell’imputato.

La detenzione domiciliare, e altre misure alternative, presuppongono invece una condanna definitiva, cristallizzata in un ordine di esecuzione, cioè di carcerazione.

Come anticipato consentire a un condannato di scontare la pena in un altro ambiente ha lo scopo di facilitare il reinserimento di quest’ultimo nella società civile. In pratica è stato dimostrato che l’ambiente carcerario in alcuni casi potrebbe avere un impatto negativo sui soggetti, di fatto peggiorando la loro condotta, o in ogni caso non migliorandola.

Il riferimento normativo è dato dalla legge 354 del 1975, e in particolare dagli articoli 47 - 52 inerenti all’ordinamento penitenziario, che si applicano solamente a detenuti definitivi, ovvero quando la sentenza di condanna non è più impugnabile.

Le misure alternative sono:

  • l’affidamento in prova al servizio sociale
  • la detenzione domiciliare
  • la semilibertà
  • affidamento in prova per casi particolari, in caso di programmi terapeutici per abuso di sostanze stupefacenti o alcool

In realtà l’art. 176 del codice penale prevede anche la liberazione condizionale, come possiamo leggere:

Il condannato a pena detentiva che, durante il tempo di esecuzione della pena, abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, può essere ammesso alla liberazione condizionale, se ha scontato almeno trenta mesi e comunque almeno metà della pena inflittagli, qualora il rimanente della pena non superi i cinque anni

Inoltre, se si tratta di un soggetto non appartenente all’Ue e presente in modo irregolare in Italia, detenuto o condannato, è prevista l’espulsione dai nostri confini come sanzione sostitutiva al carcere.

Le varie misure che abbiamo elencato prevedono un grado di libertà diverso, e i criteri per l’ammissibilità sono molto vari. In genere si tiene presente la gravità del fatto compiuto dal soggetto, e l’entità della condanna, ma vengono considerati anche altri aspetti quali l’età, la salute, la presenza di figli ecc..

La detenzione domiciliare

Nel paragrafo precedente abbiamo visto che, in alcuni casi, un soggetto pur essendo condannato a trascorrere un determinato periodo di tempo in carcere, può fare la richiesta di alcune misure alternative.

In questo articolo analizzeremo in particolare come funziona la detenzione domiciliare, cercando di capire in quali casi può essere concessa e quali sono le regole da rispettare.

In modo particolare la legge 165/1998 sottolinea che essa può essere applicata ai seguenti soggetti:

  • donna incinta o madre di bambini di età inferiore agli anni 10, che convivono con lei
  • padre, con la potestà, di prole di età inferiore ad anni 10 con lui convivente quando la madre sia deceduta, o impossibilitata assolutamente a dare assistenza alla prole
  • persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali
  • persona di età superiore a 60 anni, se inabile anche parzialmente
  • persona minore di anni 21 per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.

Inoltre, dal 2005 i condannati ultrasettantenni possono espiare la pena presso il loro domicilio, per qualsiasi reato, ad esclusione di quelli ad altro allarme sociale, di stampo mafioso o contro la libertà sessuale.

Il beneficio della detenzione domiciliare, tuttavia, non è concesso a chi non è stato ammesso all’affidamento in prova al servizio sociale, in quanto condannati per evasioni o per recidiva.

Ad ogni modo la pena non deve essere superiore a 4 anni di reclusione, anche se si tratta di un residuo ancora da scontare.

Il legislatore ha previsto anche la cosiddetta detenzione domiciliare biennale, per potere espiare una pena non superiore a 2 anni, presso il proprio domicilio, o in un altro luogo.
L’art. 74 ter, 1 bis, dell’ordinamento penale afferma che:

La detenzione domiciliare può essere applicata per l'espiazione della pena detentiva inflitta in misura non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni di cui al comma 1 quando non ricorrono i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati. La presente disposizione non si applica ai condannati per i reati di cui all'articolo 4 bis.

Nel 2001 è stata introdotta, invece, la detenzione domiciliare speciale, per consentire alle madri di ripristinare un rapporto con i loro figli, a patto che la pena sia stata espiata almeno per un terzo, o 15 anni se si tratta di ergastolo. Se la madre è deceduta o impossibilitata, tale concessione può essere fatta al padre. Lo scopo è solamente quello di tutelare la crescita del minore.

Detenzione domiciliare o arresti domiciliari?

Come accennato, è importante non confondere la detenzione domiciliare con gli arresti domiciliari.

In questa ultima ipotesi, infatti, non è ancora stata pronunciata una sentenza ed il procedimento è in corso. L’obbligo di rimanere all’interno della proprio dimora, viene imposto per evitare che venga compromesso il processo o in quanto il soggetto è considerato potenzialmente pericoloso.

Si tratta, perciò, di una misura cautelare e non di un regime di espiazione della pena.

Revoca della detenzione domiciliare

Dopo la concessione del beneficio della detenzione domiciliare, l’interessato deve rispettare le regole, dato che un allontanamento non autorizzato dal luogo fa sorgere il delitto di evasione, che comporta anche la revoca del beneficio stesso.

La revoca viene fatta tramite un provvedimento del Tribunale di Sorveglianza, se non vengono rispettate le regole previste, cioè se vengono riscontrate "incompatibilità con la prosecuzione della misura"

In ogni caso il periodo di pena trascorso in detenzione domiciliare va considerato come pena espiata, detraibile quindi in sede di computo della pena detentiva residua da scontare.

Fonti normative

  • Art. 74 ter ordinamento penale
  • Legge 165/1998
DETENZIONE DOMICILIARE
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