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Diritti di famiglia: come sono cambiati negli anni?

I diritti di famiglia sono un insieme di norme che hanno lo scopo di regolare i rapporti tra le persone che costituiscono una famiglia. E’ formato da due istituti: separazione e divorzio, e affidamento dei figli. Esistono due tipologie di gruppi: la famiglia legittima e la famiglia di fatto.

La famiglia è il gruppo sociale più importante, possiamo dire che rappresenta le fondamenta di tutto il tessuto della nostra società, anche se con il tempo il suo ruolo è cambiato. E’ il primo luogo nel quale un individuo inizia a formare la propria personalità e, spesso, un rifugio e un riparo dove sentirsi al sicuro.

Dal punto di vista giuridico i diritti di famiglia servono per stabilire i compiti e gli interessi di tutti i componenti del gruppo, considerando il bene di tutto il nucleo familiare e non dei singoli.

Il diritto di famiglia è regolato da numerose norme di ordine pubblico, inderogabili, che limitano il principio dell’autonomia dei soggetti. 

I diritti che nascono dai rapporti familiari sono:

  • diritti di libertà (ad esempio il matrimonio)
  • diritto di solidarietà (ad esempio l’assistenza, la fedeltà e la collaborazione)
  • potestà familiare (cioè il potere e il dovere di mantenere, educare e istruire i figli)

Le normative di riferimento prevedono istituti di carattere personale come il matrimonio e la filiazione, ma anche di carattere patrimoniale, come ad esempio il diritto agli alimenti.

Vediamo allora in seguito, come tali diritti e doveri sono definiti nelle leggi italiane, e come esse sono cambiate nel corso degli anni.

Diritti di famiglia: le normative

Quando si parla di diritti di famiglia, il testo di riferimento è quello del 1942, concepito per tutelare una famiglia molto diversa da quella dei giorni nostri. In quegli anni, infatti, la moglie era totalmente subordinata al marito, sia economicamente che nei rapporti interpersonali. 

Inoltre, i figli nati al di fuori di un matrimonio venivano discriminati dal punto di vista giuridico, rispetto a quelli “legittimi”.

Proprio considerando queste premesse, la legge n 151, del 19 marzo 1975 viene definita “Riforma del diritto di famiglia” perché pone le basi per uno sviluppo più moderno e paritario dell’istituzione sociale, in particolare decretando:

  • la parità giuridica di moglie e marito
  • viene riconosciuta la stessa tutela ai figli naturali e legittimi
  • viene istituita la comunione dei beni come regime patrimoniale della famiglia, se non diversamente scelto dai coniugi
  • la patria potestà viene sostituita dalla potestà di entrambi i genitori
  • il coniuge ha il diritto di diventare un erede, mentre in passato era totalmente escluso

Quando si parla di normativa in ambito di diritti di famiglia, si fa riferimento al codice civile italiano, che dedica all’argomento il primo libro, intitolato “Delle persone e della famiglia”.

Oltre ai cambiamenti che abbiamo elencato, negli anni ce ne sono stati molti altri, tra i quali i più importanti sono:

  • nuove norme in tema di adozione e affido, introdotte con la legge n. 431/1967 e poi riformate nel 1983 e nel 2001
  • con la legge n. 898/1970 viene introdotto il divorzio
  • la legge n. 40/2004 ha regolamentato la procreazione medicalmente assistita
  • la legge n. 54/2006 rivoluziona il rapporto genitori-figli

Il significato di famiglia

Abbiamo visto che il codice civile è il punto di riferimento per quanto riguarda i diritti di famiglia, ma non ne spiega il significato.

L’unica definizione presente nel sistema giuridico italiano è presente nell’art. 29 della Costituzione, che afferma:

la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio

Quindi, la famiglia è intesa come un gruppo sociale che si forma grazie al matrimonio, con caratteri di esclusività e responsabilità. 

Oggi, però, è impossibile dare una definizione così netta, e molto spesso vengono analizzati i rapporti personali tra le persone per stabilire se si tratta di un nucleo sociale particolare che può essere indicato con il termine “famiglia”.

Succede in effetti che alla classica famiglia fondata sul matrimonio, detta anche legittima, venga affiancata un’altra realtà, molto simile, quella definita naturale o di fatto.

Con il decreto Cirinnà, le coppie di fatto e quelle sposate sono state equiparate, in quanto si tratta in entrambi i casi di persone che decidono di convivere in modo non occasionale.

La famiglia di fatto

Una coppia di fatto è formata da due soggetti legati da un sentimento, che vivono assieme ma non hanno formalizzato il loro rapporto attraverso un matrimonio. 

Grazie alla legge Cirinnà, possono godere di alcuni diritti giuridicamente riconosciuti, quasi gli stessi dei coniugi.

Ad esempio di diritti di famiglia riconosciuti anche alle coppie di fatto sono:

  • diritto di visita e di assistenza in caso di malattia o ricovero
  • diritti e doveri relativi alla casa di comune convivenza
  • graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare
  • possibilità di essere nominati tutore o amministratore di sostegno
  • diritto a un risarcimento danni nel caso di decesso del convivente a causa di un illecito di terzi

Alla convivenza di fatto non è riconosciuto, però, il diritto all’eredità. L’unico modo per nominare il proprio partner è scrivere un testamento, avendo cura di non escludere la quota legittima dei parenti più stretti.

La tutela dei figli

Che si tratti di una famiglia legittimata da un matrimonio o di una famiglia di fatto, lo stato italiano tutela sempre i figli.

Se una coppia convivente non è sposata, le tematiche inerenti i figli vengono discusse presso il Tribunale per i Minorenni, in grado di regolarizzare il loro affidamento. Se, invece la famiglia è stata formata con un atto di matrimonio le questioni inerenti alla separazione e all’affido sono trattate dal Tribunale Ordinario.

 In ogni caso, il giudice incaricato analizza le situazioni ponendo particolare attenzione ai rapporti tra genitori e figli, con lo scopo di tutelare una crescita psico fisica ottimale del minore, che ha la necessità di avere al proprio fianco entrambi i genitori, anche se il loro sentimento è svanito nel tempo. 

Viene, infatti, difeso il principio di bigenitorialità anche nei casi di separazione e divorzio dove viene stabilito un affidamento esclusivo. Le decisioni importanti per la vita del figlio, devono essere prese da entrambi i genitori, e sia la madre che il padre devono essere presenti per il minore.

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