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Mediazione penale: cos’è e come funziona?

La mediazione penale è ancora in fase di definizione legislativa in Italia, ma si presume possa essere utilizzata come uno strumento utile per facilitare il reinserimento sociale dei colpevoli di reati. Vediamo di cosa si tratta.

In genere, anche i non addetti ai lavori, ormai conoscono la mediazione obbligatoria per determinate materie civili, ma non tutti sanno che si sta lavorando per mettere a punto anche una fattispecie penale di tale strumento.

Le norme attualmente in vigore prevedono l’obbligo di tentare una conciliazione bonaria tra le parti in riferimenti a controversie civili, commerciali, tributarie e legate al diritto di famiglia.
L’obiettivo è quello di risolvere le problematiche in modo più rapido e meno costoso, quindi con evidenti vantaggi per le parti coinvolte.

Ma non solo. Lo scopo è anche quello di “fare respirare” la macchina della giustizia, troppo spesso intasata da numerose cause pendenti.

Nelle prossime righe cercheremo, comunque, di sottolineare quali potrebbero essere le novità legislative in merito all’introduzione della mediazione penale.

Cos’è la mediazione penale?

In giurisprudenza quando si parla di mediazione si fa riferimento al tentativo di risolvere delle controversie, di fronte ad un individuo terzo del tutto imparziale, ovvero il mediatore.

Si tratta di uno strumento particolarmente utile, e in molti casi obbligatorio, nel diritto civile e tributario. A volte non è possibile procedere con la causa vera e propria se prima non viene fatto un tentativo di conciliazione.

Negli ultimi, tuttavia, si sta pensando alla possibilità di introdurre uno strumento simile anche nel diritto penale.

La mediazione penale potrebbe portare dei benefici soprattutto in un’ottica di recupero e riabilitazione dei colpevoli. La “pacificazione” quindi potrebbe giovare all’intera società.

Il vero problema, tuttavia, è capire a cosa servirebbe concretamente tale strumento. Vediamo di delineare alcuni concetti basi sui quali c’è un dibattito in corso.

Innanzitutto va detto che la conciliazione non è alternativa alla condanna, quindi il colpevole deve in ogni caso scontare la pena prevista, e non obbliga il soggetto ad effettuare un risarcimento danno alla vittima.

I benefici sono collegabili ad eventuali sconti di pena, derivanti da una valutazione positiva della condotta del soggetto, che intende porre rimedio anche solo scusandosi con la vittima, ed adottando un atteggiamento responsabile. Il magistrato, infatti, di fronte a tale situazione potrebbe ritenere utile predisporre degli sconti sul trattamento sanzionatorio.

Mediazione penale: come funziona?

Secondo quanto previsto attualmente, la mediazione penale, potrebbe svolgersi in un modo particolare. Come primo step sarebbe necessario avere il consenso scritto di entrambe le parti coinvolte, quindi sia l’autore del crimine che la vittima.
Le parti devono, quindi, essere bene informate sul meccanismo e sulle conseguenze della procedura. Il consenso, ad ogni modo è revocabile.

Si tratta di un consenso del tutto libero e consapevole, diversamente da quanto previsto in caso di mediazione civile obbligatoria.

L’obiettivo è sempre quello di una riconciliazione tra le parti, ma in questo caso viene effettuata una proposta di un programma riparativo al reo. In pratica il colpevole deve dimostrare di essere pentito del suo comportamento, ad esempio cercando di riparare al pregiudizio causato alla vittima, effettuando un risarcimento danni o altre attività utili.

Va comunque sottolineato che, il programma riparativo non può essere imposto al reo, nemmeno promettendo alcuni benefici.

In sostanza:

  • se viene accettato il piano proposto dal mediatore, la condotta del reo può essere valutata in modo positivo e ci potrebbero essere sconti di pena, o l’accesso a misure alternative alla detenzione
  • se l’autore del crimine non accetta il programma, però, la condotta non viene valutata in termini negativi, quindi non possono esserci aumenti di pena

Ad ogni modo il contenuto stesso del programma di riparazione è oggetto di diversi dibattiti. Si sostiene che, esso possa contenere una sorta di pentimento simbolico, quindi non necessariamente un risarcimento alla vittima.

Con la mediazione penale, lo scopo non è quello di obbligare il reo a versare del denaro, ma di cercare il dialogo con la controparte, magari porgendo le scuse, e cercando di capire la gravità di quanto commesso.

Ovviamente, in un contesto di questo tipo, la figura del mediatore risulta essere centrale. Egli, infatti, è il vero protagonista ed ha il compito di districarsi tra l’astio esistente tra i due soggetti, illustrando ad entrambi il significato stesso della mediazione.
Secondo quanto previsto, il mediatore penale dovrebbe svolgere il lavoro in modo gratuito, la spesa infatti graverà sugli enti pubblici incaricati.

Quali sono le criticità?

Nel paragrafo precedente abbiamo illustrato a grandi linee quello che dovrebbe essere il funzionamento della mediazione penale. Si tratta, comunque, di una procedura ancora allo stato embrionale, quindi non è ancora certo il suo funzionamento.

Tuttavia, alla luce delle informazioni attuali, sono evidenti alcune criticità nel sistema.

Innanzitutto procedendo in tal senso non si evita il processo, come accade invece nel diritto civile, nel quale il tentativo di conciliazione rappresenta per molte materie un requisito di procedibilità, ovvero una fase necessaria per potere eventualmente poi proseguire con la causa, in caso di esito negativo delle trattative.

Nel penale, anche in caso di esito positivo nella conciliazione, il processo si deve svolgere ugualmente. Come accennato, il giudice potrebbe valutare positivamente la condotta del reo, ipotizzando delle diminuzioni di pena.

Ma ci sono anche altre obiezioni, vediamole di seguito:

In concreto la vittima potrebbe non ottenere alcun vantaggio, dato che il reo non è obbligato a pagare i danni, d’altra parte quest’ultimo non è nemmeno incentivato ad intraprendere un percorso per scusarsi con la vittima dato che al massimo può ottenere uno sconto di pena.

Va considerato anche che, in caso di mancata conciliazione non ci sono ripercussioni negative.

In effetti cosa potrebbe spingere la vittima a portare a termine la conciliazione dato che al massimo potrebbe ottenere una stretta di mano o un servizio utile alla società? Dato che la mediazione penale non è prevista essere una condizione di procedibilità, è abbastanza difficile ipotizzare un esito positivo della stessa, ma anche la volontà di attivare la procedura.

La questione più critica, ad ogni modo, riguarda l’indagato, che di fatto ammette la propria responsabilità nel momento in cui decide di sedersi al tavolo delle trattative. In pratica è una ammissione di colpa, che avviene ancora prima di prendere parte al processo.

Risulta evidente che, tutto ciò, potrebbe succedere soltanto nei casi di evidente colpevolezza, ovvero quando l’esito della causa penale è già segnato, quindi si cerca di ottenere uno sconto di pena per buona condotta.

Fonti normative

  • Schema di d. lgs. approvato il 22.02.2018 
  • Art. 162-ter cod. pen.
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