Il reato di favoreggiamento è una fattispecie che si differenzia nettamente dal concorso nella commissione di un crimine e consiste nel "favorire" il reo ostacolando in vario modo il corso della giustizia.
Il reato si riferisce ad una condotta messa in atto al fine di aiutare un altro soggetto reo a sottrarsi alle investigazioni poste in essere dalla Polizia Giudiziaria o comunque a sfuggire alle ricerche messe in campo per individuarlo, processarlo e condannarlo.
Tale fattispecie si configura però per reati che prevedono come condanna la reclusione o addirittura l'ergastolo: si tratta dunque di tipologie delittuose di una certa portata, ove le azioni di aiuto all'autore del reato possono determinare un serio ostacolo alle indagini e talvolta all'impedimento della commissione di ulteriori crimini.
Risulta anzitutto importante differenziare l'individuo che, con le proprie azioni od omissioni, ha come fine quello di proteggere un altro soggetto dalle conseguenze di un reato che questi commette, rispetto invece all'individuo che compartecipa al reato precedentemente commesso. Il favoreggiamento non prevede che chi lo pone in essere sia stato un compartecipe del delitto realizzato.
Esistono tuttavia diversi "gradi" e diverse modalità di coinvolgimento che possono portare ad una denuncia in tal senso. Vediamo dunque più da vicino quali sono le distinzioni che la Legge ha formulato.
In che modo un soggetto può "favorire" l'autore di un crimine? La risposta a questa domanda è rintracciabile negli artt. 378 e 379 del Codice Penale, che differenzia due macrotipologie di condotta: il favoreggiamento personale ed il favoreggiamento reale.
Questa fattispecie è probabilmente la prima che sovviene alla mente quando si parla di aiuto prestato all'esecutore di un crimine e viene descritta all'interno dell'art. 378 C.P. La persona accusata di questo comportamento sta ponendo in essere una serie di azioni volte ad aiutare colui che ha commesso il crimine a sfuggire alle indagini da parte degli organi competenti (inclusa la Corte penale internazionale) e/o alla cattura.
In tal caso il bene giuridico che si deve tutelare è l'amministrazione della giustizia, in quanto la condotta del soggetto determina un danno allo Stato.
Si parla di dolo generico, poiché per essere accusati di tale fattispecie, le condotte messe in campo devono essere consapevolmente adottate al fine di aiutare l'autore reale o presunto di un delitto. Poniamo invece il caso in cui l'individuo ometta informazioni in "buona fede", perché totalmente ignaro che il soggetto che così facendo finisce col proteggere possa aver commesso un reato: in tal caso non può essergli imputato il favoreggiamento perché manca completamente l'intento.
Si tratta in sostanza di tentativi di ostacolare o di vanificare l'attività investigativa delle Autorità che possono essere realizzati attraverso diverse iniziative, più o meno "eclatanti". Commette indubbiamente reato chi aiuti il reo a mettersi in salvo durante un inseguimento della polizia, o ancora chi offra ospitalità al reo al fine di nasconderlo. Sono comportamenti plateali che espongono molto il favoreggiatore, ma non rappresentano certamente le uniche modalità per "coprire" il delinquente. Infatti, è possibile incorrere in una denuncia per favoreggiamento qualora, interpellato dalle Autorità come persona informata sui fatti, il soggetto decida di omettere informazioni rilevanti o di mentire per sviare le indagini.
La portata delle menzogne o delle omissioni deve essere tale da deviare concretamente lo svolgersi delle indagini, configurandosi dunque come condotta pericolosa. L'omissione di dettagli ininfluenti, la menzogna su elementi marginali che non impattano sul corso delle indagini, non determina di per sé la commissione di questo reato.
Va evidenziato che, affinché l'autore dei comportamenti sin qui descritti possa incorrere nella denuncia per favoreggiamento, egli non deve risultare compartecipe del crimine. Diversamente il tipo di reato che gli verrebbe computato diverrebbe quello di "concorso", disciplinato in maniera differente.
Bisogna altresì evidenziare come sempre all'interno del summenzionato art. 378 si precisi che vi è reato di favoreggiamento anche quando la persona alla quale si presta aiuto risulti non imputabile (vizio totale di mente, minore sotto i 14 anni, minore sotto i 18 anni) o se emerga che non ha commesso il crimine.
Esiste una tipologia differente per questo reato rispetto a quella configurata pocanzi. Si tratta del cosiddetto "favoreggiamento reale". Tale fattispecie è descritta nell'art. 379 C.P. e si delinea qualora l'aiuto prestato non sia rivolto in maniera diretta alla persona che ha posto in essere il delitto, ma si configuri bensì come un aiuto a garantirsi il prodotto, il profitto, il prezzo del delitto stesso. In dettaglio:
Cerchiamo di chiarire meglio questo concetto attraverso un esempio: il reo ha con sé il "bottino" di una rapina posta in essere in precedenza ed, essendo ricercato, necessita di un posto sicuro in cui depositare i beni rubati. L'amico o il conoscente accorre in suo soccorso mettendo a disposizione la propria abitazione o altro spazio al quale ha accesso, per nascondere il frutto dell'operazione criminosa.
Affinché si delinei questa tipologia di favoreggiamento dunque, deve essere stato commesso il reato e colui che presta aiuto non deve essere attivamente coinvolto nella commissione dello stesso (diversamente, anche in tal caso, si parlerebbe di "concorso"). Inoltre il mero favoreggiamento è escluso qualora l'"aiutante" in realtà si dedichi a ricettazione, riciclaggio e impiego dei beni di illecita provenienza.
Nel caso di ricettazione non vi è una mera condotta di aiuto, ma l'attivarsi da parte del soggetto in termini di acquisto di beni illeciti o comunque derivanti dal reato, di accettazione od occultamento dei medesimi. La differenza consiste nello scopo dell'azione: non si vuole semplicemente "aiutare", bensì trarre una qualche forma di illecito vantaggio o profitto per sé e/o per altri.
Un po' più complessa, per quanto sussistente, risulta la differenziazione fra riciclaggio e favoreggiamento. Nel primo caso abbiamo una condotta attiva di sostituzione o trasferimento di beni o denaro finalizzato ad occultarne la provenienza illecita. La differenza è rinvenibile nell'oggetto sul quale cade l'azione: nel riciclaggio concerne solo il prodotto o il profitto del delitto. Nel favoreggiamento ad essere occultati possono anche essere i mezzi con i quali è stato commesso un crimine (ad esempio un'arma, un'automobile, ecc...) al solo scopo di proteggere il criminale. Le due fattispecie non coesistono, pertanto se si definisce la prima tipologia di reato, allora viene esclusa la seconda.
Il bene da tutelare anche in questo caso risulta essere l'amministrazione della giustizia, ostacolata di fatto dall'azione di occultamento delle prove. E, anche in questa circostanza, occorre la presenza di un dolo generico.
Esistono delle circostanze che, sebbene all'apparenza si caratterizzino per la messa in atto delle condotte sopra citate, escludono comunque l'ipotesi del reato sin qui descritto. In particolare:
Giunti a conoscenza dell'esistenza di questa fattispecie, viene da chiedersi quale siano i "limiti" dell'azione del difensore nei confronti del proprio assistito per evitare di incorrere nell'accusa di favoreggiamento.
In linea generale, tutte le azioni che il difensore può mettere in campo per garantire la miglior tutela possibile dei diritti del Cliente, sono azioni che devono rientrare nel novero della difesa tecnica. Il difensore non può indurre esplicitamente il Cliente a mentire dinnanzi all'Autorità per garantirsi un'immunità. Men che meno può egli stesso fornire o informazioni false al Giudice al fine di ottenere la scarcerazione di un Cliente sottoposto a custodia cautelare.
Diverso il caso in cui l'avvocato, presa visione di atti che includono la presenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del Cliente, informi quest'ultimo circa la possibilità di essere sottoposto a misure cautelari e, in risposta a ciò, il Cliente si dia alla fuga.
Per quanto concerne le pene previste per la messa in atto di tale reato, varie circostanze concorrono a definirne la portata.
Per quanto concerne il favoreggiamento personale, la pena prevista dal Codice Penale è la reclusione sino a quattro anni (in base a circostanze e tipologie delittuose). Se il delitto commesso dalla persona "aiutata" rientra nell'art. 416 bis ("Associazione di tipo mafioso"), viene applicata la reclusione per non meno di due anni.
Il codice prevede anche la possibilità di pene più "lievi" per reati che prevedono come conseguenza una contravvenzione: in tal caso il favoreggiatore può andare incontro ad una multa sino a 516 euro.
Per il favoreggiamento reale la pena si differenzia in base al tipo di delitto in reclusione fino a cinque anni, oppure - nel caso di reati puniti con contravvenzione - in una multa il cui importo varia fra i 51 ed i 1032 euro.
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