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Remissione in bonis: cos’è e come funziona?

La remissione in bonis è una sanatoria utile per il contribuente che ha dimenticato di effettuare alcuni adempimenti. Versando una sanzione fissa di 250 euro può provvedere a regolarizzare tutto. Vediamo come funziona.

A volte può succedere che, a causa della distrazione o di poca informazione il cittadino non effettui alcuni adempimenti necessari per ottenere dei benefici fiscali, come nel caso della mancata comunicazione Enea per quanto riguarda l’ottenimento di un bonus per le ristrutturazioni, per la mancata comunicazione del rinnovo della cedolare secca nei contratti di locazione, o per iscriversi nelle liste per ottenere il 5 per mille.

Ad ogni modo, non si deve confondere tale possibilità con il ravvedimento operoso, che prevede una riduzione delle sanzioni, come vedremo.

Cos’è la remissione in bonis?

La remissione in bonis è una modalità prevista dalla legge per potere sanare eventuali irregolarità od omissioni di natura formale, in merito ad alcuni adempimenti.

Si tratta di un’opzione introdotta nel diritto tributario con l’art. 2 della Decreto Legge 16/2012. Secondo la norma il contribuente che ha dimenticato di esercitare una determinata azione o di inviare una comunicazione per potere ottenere dei benefici di tipo fiscale, o per accedere a regimi fiscali opzionali, può rimediare alla sua disattenzione.

Per fare ciò è necessario versare una sanzione di 250 euro, fissi, nel 730 o modello unico, quindi l’anno successo. Il pagamento deve essere effettuato attraverso il modulo F24 elide, inserendo il codice tributo 8114 o 8115 se si tratta del 5 per mille.

La regolarizzazione con la remissione in bonis, tuttavia, è consentita soltanto se le violazioni non sono ancora state contestate dall’Amministrazione Finanziaria, ed effettuando il versamento entro il termine previsto, ovvero con la dichiarazione dei redditi dell’anno successivo.

Si tratta di uno strumento utilizzato soprattutto per inviare, in ritardo, comunicazioni in merito a:

  • l’ottenimento dell’ecobonus per le ristrutturazioni
  • la cedolare secca sugli affitti
  • il 5 per mille

Nei prossimi paragrafi analizzeremo nel dettaglio queste tre principali aree di applicazione.

Prima, però, ci soffermeremo a sottolineare quali sono le differenze con il cosiddetto ravvedimento operoso.

Differenze con il ravvedimento operoso

Il cittadino può commettere degli errori quando si tratta di compilare la dichiarazione dei redditi. In particolare può succedere che vengano omesse alcune voci di reddito, oppure che la stessa dichiarazione non venga proprio presentate per dimenticanza.

Ma non solo. E’ possibile che le scadenze per pagare acconti o imposte sfuggano di mano.

In tutti i casi sopra citati, a seguito dei controlli fiscali, sono inevitabili accertamenti e sanzioni da pagare.

Per rimediare agli errori, il contribuente però può utilizzare un utile strumento per ridurre le sanzioni pecuniarie, ovvero il ravvedimento operoso.

A differenza della remissioni in bonis, che serve per potere presentare delle domande in ritardo, pagando 250 euro, in tal caso è possibile invece ottenere una riduzione, provvedendo a regolarizzare i conti.

Il ravvedimento è concesso per ogni tipo di violazione, ad esclusione di quelle effettuate con l’intento specifico di frodare il fisco, ovvero con dolo specifico.

Per agire in tal senso è necessario pagare in modo spontaneo:

  • l’imposta
  • gli interessi
  • la sanzione in misura ridotta

Le riduzioni sono pari a:

  • 1/10: entro 30 giorni dalla scadenza
  • 1/9: entro 90 giorni 
  • 1/8: entro un anno
  • 1/7: entro il termine per presentare la dichiarazione relativa all’anno successivo
  • 1/6 oltre il termine per presentare la dichiarazione relativa all’anno successivo
  • 1/5: dopo la constatazione della violazione

Risulta essere, quindi, abbastanza evidente la differenze che sussiste con la remissione in bonis, che ha lo scopo di permettere al cittadino di accedere a dei benefici, pur presentando in ritardo la domanda.

Remissione in bonis per mancata comunicazione Enea

Per lavori di ristrutturazione che implicano un risparmio energetico, il legislatore ha previsto una detrazione Irpef del 50%. Per potere ottenere tale beneficio, però, è necessario inviare una comunicazione all’Enea, cioè all’ente pubblico che opera nei settori dell’energia, dell’ambiente, delle nuove tecnologie, vigilato dal Ministero dello sviluppo economico.

Le informazioni devono essere trasmesse all’ENEA entro 90 giorni dalla fine dei lavori.

Tale procedura è prevista, ad esempio, per i seguenti lavori:

  • riduzione della trasmittanza delle pareti, coperture, serramenti e pavimenti che delimitano spazi interni riscaldati con i vani freddi
  • installazione di collettori solari per produrre acqua calda e per riscaldare gli ambienti
  • sostituzione di generatori di calore con caldaie a condensazione 
  • adeguamenti degli impianti di riscaldamento
  • pompe di calore per climatizzazione degli ambienti
  • installazione di impianti fotovoltaici

Ovviamente, se si tratta di lavori che non comportano un risparmio energetico, non si deve inviare alcuna comunicazione.

Ma se, a causa di una distrazione o dimenticanza il cittadino non ha provveduto a inviare tutte le informazioni necessarie, non deve rinunciare al detrazione sull’Irpef, ma può regolarizzare il tutto attraverso la remissione in bonis, ovvero procedendo in ritardo e pagando una sanzione fissa di 250 euro.

Remissione in bonis per la cedolare secca

La cedolare secca è un regime opzionale che può essere scelto per sottoscrivere un contratto di locazione, per pagare un’unica imposta sostitutiva in alternativa alla tassazione ordinaria.

Essa, quindi, sostituisce:

  • le addizionali comunali e regionali Irpef
  • l’imposta di registro
  • bollo

Inoltre, il reddito derivante dai canoni d’affitto è escluso dal reddito complessivo, anche se vengono calcolati ai fini della determinazione Isee o per essere considerati a carico.

Ad ogni modo, risulta evidente che, non comunicare l’adesione al regime di cedolare secca in sede di rinnovo contrattuale, può comportare diversi svantaggi.

Per questo motivo il legislatore ha previsto, anche in questo caso, la possibilità di inviare in ritardo la comunicazione, sanando la situazione pagando 250 euro, con la remissione in bonis.

Remissione in bonis per il 5 per mille

Per concludere è utile focalizzare la nostra attenzione su un’ulteriore casistica, ovvero quella del 5 per mille. In poche parole si tratta di una misura fiscale che consente agli enti che si occupano di attività di interesse sociale di ricevere parte della quota dell’Irpef dai contribuenti.

Possono usufruire di tale beneficio:

  • associazioni di volontariato
  • associazioni sportive
  • onlus
  • enti di ricerca scientifica e sanitaria

Si tratta di un mezzo di sostentamento indispensabile per molti enti no profit, che grazie alle preferenze dei cittadini, nel versare il 5 per mille, possono portare avanti le loro attività in modo armonico.
In pratica è un modo per sostenere attività socialmente utili.

Non deve, però, essere confuso con l’8 per mille, cioè un’altra misura prevista dallo Stato per sostenere una confessione religiosa. Si tratta di due misure diverse e non alternative una dall’altra.

Per potere usufruire della ripartizione della quota Irpef, comunque, gli enti devono effettuare la domanda entro una scadenza specifica. Come nei casi che abbiamo analizzato nei paragrafi precedenti, è possibile sanare la dimenticanza.

Fonti normative

  • ​Art. 2 della Decreto Legge 16/2012
DIRITTO TRIBUTARIO REMISSIONE IN BONIS RAVVEDIMENTO OPEROSO
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